Giornalismo e giornalisti proprio come i cani in chiesa

Giornalismo e giornalisti proprio come i cani in chiesa Giornalismo e giornalisti proprio come i cani in chiesa Cominciò il Rigutini a non menarci buono neppure il nome. c Giornalismo, Giornalista, Giornalaio. Sono tre neologismi, i primi due presi dal francese, il terzo coniato dal popolo. Giornalismo può voler dire la professione di scrivere pei giornali, come (ah Giuseppe!): Fu schiacciato alla licenza ginnasiale e si dette al giornalismo; oppure, tutti insieme i giornali: il giornalismo inglese, francese ecc., nel qual senso potrebbesi più schiettamente dire: i Giornali. In quanto a Giornalista è necessario accettarlo per colui che suole scrivere nei giornali... > continua con la malavoglia che sentite, il filologo toscano; per concludere che sull'autorità dell'uso, tutt'e tre quelle voci passarono a scapaccione nel nuovo Vocabolario della Crusca. Ricevuti cosi di traverso, come cani in chiesa, divenimmo poi utilissima materia alle esercitazioni dei puristi, i quali cogliendoci in fallo si può dire a ogni parola, ci venivano addosso sdegnosi, mordaci, spiritosi e divertenti, affatto fuori della loro natura e costume. La terra sia leggera a quei nostri progenitori che primi si esposero agli attacchi dei linguaioli e crudelmente passati per grammatica, per sintassi e persino per ortografia, fatti in quarti ogni mattina (per solito al caffè, tra amici e discepoli), avuti per i principali corruttori, subito dopo i traduttori, del patrio sermone, quando non ri conosciuti ironicamente in pos sesso d'una loro lingua parti colare, detta appunto <giorna ]jstica ^ nella cui spumante nljBtura di francese, di inglese, di neozelandese e fin di papua sico, soltanto l'italiano non j com'panVa mai, nulla rispon dendo, tutto sopportando, pi- |gliano onorevole posto nel mar- tirologio di coloro che patiro| nQ personalmente per la lingua, propiziandone quello studio spicciolato e divagante che è anche di tutti il più utile e dilettevole. Ed ecco il ricordato Rigutini .. i-i e : r. l'Aflia ociv ecco il Fanfani e l'Arlia. ecco IZanobi Bicchierai e infiniti alI tri che menarono duramente^ il 1 flagello su quotidiani e perio- dici: personaggi che i giornali si davan l'aria di guardarli appena di schifo, ma che in effetto li succiavano, fors'anche prima della mattinale abluzione dantesca, con la stessa avidità delle donnicciole, salvo che il loro interesse era meramente formale. La loro pignoleria cacciava punte così acute, che qualcuna di esse, può ancora scalfire il giornalismo moderno, pur di tanto linguisticamente migliorato rispetto al vecchio che non solo ci vanno militando tutti o quasi i migliori scrittori, ma molti linguisti stessi ci tengono ambulatorio e dispensario. Per modo che il lDgiomale è oggi in condizioni j di leccarsi le ferite da sé, e so-lmiglia alla mitica lancia che I faceva il male e lo sanava. Quei vecchi linguai ci po-;trebberò ancora rimproverare l'abuso della voce paese, tanto fortunata che si sostiene nel-l l'uso anche senza la doverosa iniziale maiuscola, e tanto temeraria da dare nei più strani cozzi (le città del paese). Per essa abbiamo dimenticato che parole quali Nazione, Stato, Popolo, Patria e simili, sono pure nella nostra lingua con gli stessi e spesso maggiori diritti di paese. Dove si parla politico-amministrativo. Nazione e Stato cadono più proprie; trattandosi di accoglienze, Popolo e Popolazione fanno meglio sentire l'entusiasmo. In quanto a Patria, il cattivo uso che ne ha fatto certa politica, l'ha resa sospetta. Ad ogni modo amor di Patria, sarà meglio detto di amor del paese, che è un altro e più circoscritto amore. E ancora ci potrebbero rimproverare intervista, barbarismo inutile per Abboccamento, Colloquio. Incontro; dove la voce Vista perde il suo signifi- cato proprio e prende quello di'Parlare, Discorrere; e l'asini-ismo, come dice l'Arlia, iufer-i ristare, verbo dedotto, < in mo- ! do ridicolo e contrario all'ana- ' logia di nostra lingua >, dal no-ime Vista Viene poi lo scambio, nel quale perfidiamo, di dedalo con laberinto; per cui flguratamen-1 te chiamiamo dèdalo (che è il nome del leggendario architet- to) quel che invece è da direi laberinto (l'edifizio costruito da Dèdalo), intendendo un imbroglio, un intrigo, una cosa avviluppata che nulla ci si raccapezza; il quale scambio (un dèdalo di romanzesche avventure) sarebbe lo stesso che chiamare c il Sommeiller > il traforo del Cenisio. Altri farfalloni che di quando in quando ancora si colgono su pei colonnati giornalistici, e ai quali di sotterra brontola la voce dei pedanti: il famigerato aver luogo per Accadere, Succedere, t'arsi; fare i nomi per dirli; e l'aggiunto pànico (timor pànico) usato da sé solo in forza di sostantivo, e per di j Piu anche quando la causa deil'o sgomento non ha nulla di I veramente pànico, procedente s«» modo misterioso dall'intimo ;nostro; ma,tè esterna e reale, f.°™e i*^"™"*, del. d*ntJs„a' 1 ora dell esame, la vista della l EUOcera. e cosiffatt, comunissi- mi accidenti. Leo Pestelli COME STIAMO A LINGUA^

Persone citate: Cenisio, Fanfani, Leo Pestelli