Rimanga Cafarnao in fondo all'abisso di Enrico Emanuelli

Rimanga Cafarnao in fondo all'abisso BREVE VIAGGIO NEL PAESE DI GESÙ' Rimanga Cafarnao in fondo all'abisso Sulla piazza di Tiberiade-Ove il Cristo fece i miracoli, scelse gli apostoli, tolse ì peccati alla Maddalena, non vive neppur più un cristiano Silenzio e solitudine: il lago è d'un bel colore variegato tra l'azzurro e l'ametista ■ Quattro capanne arabe, un muro diroccato, è la città di Magdala - Il Monte delle Beatitudini • Qua vennero alla luce dello spirito i mansueti, i puri di cuore, coloro che piangono... (Dal nostro inviato speciale) | Tiberiade, luglio. I II mattino d'un sabato, ve- \ nendo da Nazaret, la prima i tappa del mio viaggio mi ' aveva portato a Tiberiade. I La strada cammina tra un foglio e l'altro dei Vangeli: passa per Seforis, dove è nata sant'Anna; passa per Re¬ ne, patria del profeta Giona; passa per Cana, dove a quelle nozze l'acqua si tramutò in vino. Dopo settanta chilometri essa precipita verso il lago, se ne va giii duecento metri sotto il livello del mare e finisce su una piazza, 111 11M1111 II 11MT11111 1111(11111111111iti II 111111II IIIf 1111 proprio di fronte alle rive del Tiberiade. Allocco dl scorso con il padrone d'un caffè e domando quanti vi vano nel paese. Mi rispon de: < Saranno diecimila*. Domando ancora se vi sono cristiani. Prima che la risposta, ho davanti un sorriso di meraviglia: € Nessuno, neanche uno — ?ni dice il caffettiere — ed anche quando c'erano gli arabi quelli stavano con Maometto, ma dopo la guerra con Israele sono scappati ». Quasi non convinto ridomando se proprio non ci siano cattolici 11 II11 11111111111■ ■ 1111111 rI11 11111111ri 111■ 111111119 come me. Per cortesia risponde: « Beh, saranno una decina e tutti gli altri ebrei ». Chi sa per quali misteriosi disegni tutto ciò accade: non un cristiano sulla, terra dove j Gesù trascorse la maggior parte della sua breve vita pubblica, dai trenta ai trentatrè anni. Qua egli scelse gli apostoli, predicò alle folle, fece i miracoli che tutti sanno, camminando sulle acque, risanando gli infermi, moltiplicando i pani, togliendo i peccati alla Maddalena e qua adesso c'è silenzio e c'è solitudine. Sulla piazza di Tiberiade ci sono quattro o cinque eucallptus ed anche, ma più numerosi, i tavolini sporchi d'un caffè. Avevo attraversato le vie della città, persino nell'ora mattutina deserte, tutte le case con porte e finestre sbarrate, perchè chi vi abita vuol difendersi dal caldo. Sulla piazza, a quei tavolini, davanti a bottigliette di birra, sedevano alcuni giovanotti dall'aria annoiata ed assorta. Sembrava d'essere capitati in uno di quei luoghi coloniali che il caldo stravolge e che il giorno di festa imputridisce. Fattasi sera Gesù disse... Davanti a me le acque del lago erano ferme e deserte. Erano d'un bel colore variegato tra l'azzurro e l'ametista, rinchiuse all'intorno da placide e modeste montagne. I loro fianchi hanno una pàtina marrone dolce ed uniforme, quasi morbida che fa pensare alla pelle d'un animalo. Là in fondo c'è la punta dell'Hcrmon, con la neve sopra, ma è nient'altro che una ciocca bianca, che non fa paura. Aprivo i Vangeli e Matteo dice: « Quel giorno, uscito di casa, Gesù se ne stava in riva al lago ». E Luca: < Trormitfosi Gesù presso il lago vide due barche ferme alla riva>. E Marco: < Fattasi sera Gesù disse di passare all'altra riva ». E Giovanni: < I discepoli scesero al lago e, montati in barca, si dirigevano verso Cafarnao ». Bastano simili parole, che ricopio alla svelta per lasciar secco il riferimento, a dare l'immagine d'una vita sincera, su e giù per queste rive del lago di Tiberiade, in mezzo ad una folla di seguaci che ascoltava, seguiva e stringeva da vicino Gesù sino a dargli fastidio. Ed oggi il deserto, la solitudine. Ed oggi, alludendo ai cristiani presenti: « Saranno una decina» come mi aveva detto il caffettiere, un ebreo I che Hitler non era riuscito per fortuna a tramutare in cenere. La cosa più sciocca è ve- j nire da queste parti con ì una guida turistica tra le \ mani. Io ne avevo una, stam- ! pota l'anno scorso a Gine- j ito e qualche volta risultava ridicola, altre quasi sempre insensata. Leggo: « Sarà piacevole, tranne che nella ' stagione calda, un soggiorno [ a Tiberiade presso l'Albergo \ Moderno » e mi doynando se i il compilatore ha mai visto per un attimo quest'albergo, ohe è l'immagine della deso- • lazione. Leggo: < La classica escursione a Cafarnao si fa ' generalmente con una barca a motore ». Mi informai e mi risposero: < Se lei ha il | motore può cavarsi questo piacere perchè da noi le barChe non mancano ». Scioc- j chezze una dopo l'altra. Ma \ ■ , riapro j Vangeli e leggo: < Guai a te, Corozatn, guai a te, Betsaida perchè se in Tiro e in Sidone io avessi fatto i miracoli che ho fatto j in mezzo a voi, da tempo I j ì \ ! j ' [ \ i • ' | j \ esse avrebbero fatto peni■ lenza. E tu, Cafarnao, sarai , abbassata sino all'abisso ». Cosi è stato: Corozatn, Betsaida, Cafarnao sono città scomparse, dì loro non c'è più traccia. Le rive del lago sono solitarie, bruciate dal sole, adagiate in una esaltante atmosfera di silenzio. Se non ci fosse nemmeno Tiberiade, questo paesane che custodisce sorgenti d'acque calde per guarire i reumatismi degli ebrei e dei musulmani, sarebbe ancor meglio. Il caffettiere mi elogia le acque del lago: < Basta mettere} le reti, e sempre si tirano su piene ». Si rigira di qua e di là, allungando il braccio in ogni direzione: < Tutto era coperto — mi dice — di vigne o di uliveti » e preso dal suo entusiasmo .di nuovo arrivato, mi indica dove un tempo sorgeva la città di Gergesa e quella di Gamala e quella di Hippos e proprio vicino a noi quella di Magdala. Ma oggi c'è il deserto, c'è la solitudine. Con un po' d'impaccio, perchè sto per pronunciare un nome che mi seduce la fantasia, lo interrompo: < Mi dica per favore dov'è la strada per Cafarnao ». La strada gira intorno all'ospedale della Missione Scozzese, tocca qualche muro romano, sfiora un rudere lasciato dai Crociati, passa davanti all'ingresso d'un moderno stabilimento di bagni; e poi corre su una terra arida, lungo la riva del lago. Sul lato sinistro ci sono brevi pianure che, poco più all'interno, salgono a formare la corona delle colline; sul lato destro la riva prima di toccare l'acqua si spappola in gialli canneti e più che il vento qualche volta li muove il volo radente d'una tortora. Cercavo il ricordo della città di Magdala, dove la peccatrice Maddalena ha baciato i piedi di Gesù mentre era nella casa del fariseo Simone. Mi avevano detto che dovevo percorrere non più di sei chilometri e ad un certo punto mi fermo per chiedere notizie ad alcuni giovanotti che sono seduti al margine della strada. Ripetevo loro il nome in arabo, che è Megdel; dicevo loro il nome in ebraico, che è Migdal. Si misero allora a ridere felici. Per andare a Migdal, che era la loro fattoria collettiva, dovevo prendere un'altra strada. Spiegai l'equivoco, loro mi dissero che erano giovani ebrei venuti da poco a lavorare nella fattoria ed altro non sapevano. Il Paradiso di Genezaret Poi saltò fuori uno che, adagio adagio, doveva aver capito. Poco più avanti mi mostrò quattro capanne arabe in abbandono, un pezzo di muro diroccato, una mucca che pascolava e mi disse: < Ecco quel che cerca >, ed aggiùnse cortesemente che potevo salire da loro per visitare la fattoria. Risposi che non potevo, d'altronde mescolare la visita alla città di Maria Maddalena con quella delle iniziative agricole degli israeliani mi sembrava ridicolo. Per giustificarmi d'issi: « Grazie, ma non posso. Devo andare subito a Cafar- llllllllllllllllItllllllItllllllllItlflIlllllllllllllllllllII nao », ed ancora provai una ombra di imbarazzo, come dicessi un nome inutile o inventato. Andai avanti per una mezz'ora di strada e tutta sulla piana di Gcnazaret, che faceva dire ai talmudisti: « Se vi è paradiso in terra, questo è a Gcnazaret ». Ma il paradiso oggi si riduce a due o tre oasi di banani e di aranci, che gli ebrei coltivano nelle loro fattorie. « Dia tempo — mi spiegò poco più tardi padre Pietro, il francescano di Cafarnao — dio tempo e- vedrà che torneranno ad avere una terra fertile come ai tempi di Gesù. Lei non ci crede? ». Cipressi e aranci Padre Pietro mi era venuto incontro con la tunica bianca, che lo faceva rassomigliare ad un infermiere, e con il casco coloniale in capo: < Mi scusi — aveva detto — ma è l'estate che mi obbliga a questo », e si incamminava tranquillo verso le poche rovine di cui è custode. C'è nell'aria un fresco improvviso che viene da numerose sorgenti d'acqua non lontane; ed anche un odore di bosco, di restila, che viene dai cipressi e dalle palme, che sono intorno alla casa conventuale. Contro il cielo, come una meraviglia, si alzano quattro colonne dell'antica sinagoga davanti alla quale Gesù fece il miracolo di guarire chi dice un servo, chi dice il figlio del centurione romano. Altre colonne, fregi, capitelli, gradini, pietre e mosaici giacciono sparsi nel recinto come se il terremoto lo avesse sconvolto il giorno prima. Trovo padre Pietro sereno davanti a quel finimondo. «Per noi — dice — valgono le memorie. Qua Gesù predicò e non fu ascoltato. Qua Gesù fece miracoli e non fu compreso ». Con lo sguardo indica le rive del lago, il crinale delle montagne, la stessa terra che abbiamo sotto ai piedi e si meraviglia come davanti a fatti che non possono avere una spiegazione. Cadeva la sera ed insieme salimmo al Monte delle Beatitudini, che sta alle spalle di Cafarnao. E' una collinetta alta poco più di cento metri, con sopra l'ospizio delle Suore Francescane e la superiora Giuseppina Mangiagalli, milanese, fatica per tenere in ordine la grande casa. Quando vi arrivai la chiamarono gridando perchè lei era nel giardino a zappare e ci raggiunse con le scarpe sporche di fango, il viso accaldato, ma sorridente. « Venga a vedere >, mi disse subito. Palme e cipressi, aranci ed ibiscus, mimose ed uleandri crescono soltanto perchè le suore vangano ed innaffiano ; ma appena al di là della loro cinta, l'arida, stoppia invade i campi e c'è il regno della sassaia. Su questo palcoscenico naturale, che ha sotto di sè tutto il panorama evangelico del lago di Tiberiade, per la prima volta fu detto che i poveri di spirito, i mansueti, coloro che piangono, gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore sarebbero stati beati. Simili parole sono andate lontano, si sono sparse nel mondo con grande eco, ma q.ca adesso è silenzio e solitudine. Durante la giornata il silenzio e la solitudine mi avevano deluso, ma ora capivo che sempre tutto dovrebbe rimanere così: senz'aura presenza di voci, senz'altro conforto di paesi e di alberi, ed insomma scnz'altra vita. Un paesaggio della fantasia, ridotto ad una poetica essenza di acque, di cielo e di monti. « Ma sa — mi dice suor Giuseppina — che a Tel Aviv gli israeliani hanno il progetto di coltivare queste rive come lo erano un tempo t < Ne faranno ancora un giardino*. Le risposi: € E' un peccato, un gran peccato ». Enrico Emanuelli

Luoghi citati: Israele, Tel Aviv