Pia Bellentani è uscita dal manicomio per trascorrere un mese con la famiglia

Pia Bellentani è uscita dal manicomio per trascorrere un mese con la famiglia Coti «yff occhi infossati ed i capelli grigi la contessa ha lasciato Aver sa Pia Bellentani è uscita dal manicomio per trascorrere un mese con la famiglia dell'apprendere che sarebbe tornata a casa è svenuta - Una folla di fotografi assediava l'ospedale carcerario (Dal nostro inviato speciale) Aversa, 24 luglio. Questa sera, alle ore 18,37, dopo cinque anni e otto mesi, Pia Bellentani ha lasciato il manicomio giudiziario recandosi nella regione dove è nata, l'Abruzzo, per trascorrervi la liccìiza di un mese concessale dal yiudice di sorveglianza del- l'Ospedale Psichiatrico Giudiziar\°- E' terminato cosi, dopo quattro giorni, l'assedio posto «i una folla d'inviati, fetore porterà e operatori cinemato grafici e radiotelevisivi intor no alle mura dell'imponente complesso edilizio Che la contessa avrebbe lasciato Aversa s'6 saputo stamane verso mezzogiorno, quan¬ do è giunta, con la normale corrispondenza, una busta gialla col timbro del Ministero di Grazia e Giustizia: l'ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a firma del dottor Prisco Palmieri, che concedeva, dopo una sospensiva di 2'f ore, i tanto sospirati trenta giorni di libertà. Ed è stato allora che, di fronte alla calca dei giornalisti, la direzione dell'istituto, per garantire la stessa incolumità della protagonista del dramma di Villa d'Este, ha chiesto l'intervento della polizia. Al manicomio, intanto, era giunta sin dal mattino la signora Nazzarena Caroselli, mamma della Bellentani. Ed è stata lei ad informare la figliacdell'arrivo dell'ordinanza. Nel-\l'apprendere la notizia, Pia è divenuta pallidissima. Poi, con un gemito, premendosi le mani ad un fianco, improvvisamente si è accasciata. L'emozione, il pensiero che sarebbe uscita, che avrebbe rivisto la sua città, la casa, le figliole, le ha fatto perdere la conoscenza. Soccorsa dalla madre e dalle suore, è stata adagiata su un divano, mentre accorreva il medico di guardia, dottor Domenico Ragazzino. Iniettatole un tonico, riapriva gli occhi, continuando a gemere e il sanitario constatava, dai sintomi, che la donna soffriva per l'attacco di una violenta colica epatica, venutale in conseguenza dell'impressione. Nel pomeriggio il dott. Amati si trovava innanzi ad un quesito. La contessa e i suoi parenti, che già avevano evitato il crudele lampo dei flasches al processo di Milano, non volevano cadere, ora, sotto il fuoco degli obiettivi. Non era solo il comprensibile desiderio di evitare ogni pubblicità, soprattutto nella diffusione della sua esangue e scarna figura, ina il timore degli stessi medici che temevano lo choc di quel primo brusco urto della donna con il vecchio mondo di fuori. Ma l'intero, vasto perimetro dell'ospedale giudiziario, sotto la più ardente vampa del sole e durante la notte intera, fino all'alba, era stato circondato di obiettivi e teleobiettivi. Come fare? Piazza San Francesco, dove è l'ingresso principale, piazza Trento e Trieste, alle spalle e tutte le vie intorno, via del Castello, Sellitto, vico Cappuccinellc, erano vigilate. Alle ore 17, dopo una mediazione tra la direzione del manicomio e la famiglia Caroselli da un lato e la folla dei giornalisti dall'altro, si raggiungeva una specie di accordo, in base al quale si stabiliva che la direzione rinunciava a fare uscire Pia Bellentani posta in un'autoambulanza chiusa, che, essendo una « Dogde >, cioè una otto cilindri con velocità di 150 chilometri orari, avrebbe facilmente distaccato tutte le altre macchine impedendo quindi ogni foto. Essa rinunciava inoltre a far sgomberare dalla forza pubblica lo spazio di territorio sotto la giurisdizione del manicomio giudiziario, ove nessuno poteva sostare. I famigliari acconsentivano poi a che Pia partisse su una <H00->, il che avrebbe permesso il lavoro dei fotografi. I giornalisti, a loro volta, si impegnavano a non seguire l'auto della contessa, a non farle domande e ad evitare ogni calca. Poco dopo le 17, il grande cancello principale a sbarre color argento si apriva, una prima volta per far entrare il primario, dott. Giulio Frcda, c responsabile > delle sezioni femminili dell'ospedale (Frcda fu, con Saporito, uno dei due elaboratori della perizia psichiatrica sulla contessa), la seconda per lasciar uscire tre signori. Vestivano impeccabilmente, sorreggendo delle valigie. Erano tre rechisi, inviati anch'essi, come la Bellentani, in breve licenza. Uno, Vittorio Zanchi, commerciante, si reca a Verona. Egli ha tentato di uccidere tre persone. L'altro, Francesco Barzotti, pensionato, va a Sassoferrato. in provincia di Ancona. La sua colpa fu di aver dato un po' di legnate ad un usciere che avrebbe dovuto fargli un sequestro II terzo. Michele Gallicelo, che una certa sera lavorò di coltello in una rissa dopo l'osteria, parte per Cerignola. Fra poco, alla stazione, saliranno sul treno e nessuno saprà chi sono. Poi il cancello si apre ancora. Questa volta è un arrivo, un giovanotto. Domenico Bernardi, che rientra, tutto lieto per la licenza trascorsa al paese, Alberobello. E nel suo studio il dott. Amati commenta: «Vedet Queste licenze premio hanno aumentato del 70% la Bellentani, avv. Giulio. Sale alla direzione, scende dopo pochi minuti ed accosta l'auto all'ingresso secondario, un portone dipinto in celeste vivo, una tinta lieta. Prima di entrare, avvicina l'auto, apre il portabagagli, e vi pone tre pacchi che gli porge una guardia, poi allontana la macchina, ritorna a piedi. Uno sguardo alla folla di curiosi che militi della Celere tengono lontano, poi un altro ai giornalisti, cui mormora piano: < Vi prego, mi raccomando... » Vicino al portone un gruppo di uomini di particolare fiducia del manicomio: il marchese Giuseppe Maio, il brigadiere Luigi Abate, l'agente infermiere Armando Albi, personaggi oscuri ed abituati al grande dramma quotidiano, che è questo manicomio, con' le sue migliaia di internati. Ore 18,29: gli obiettivi scat-\ tano. Ma spunta solo una barba nera, lunghissima: è un : missionario, padre Giovanni' Carbone. Viene dall'Africa, equatoriale francese. S'era re-1 cato a salutare la Superiora delle Figlie di Sant'Anna, ina-' i casi di guarigione una atmosfera nuova creatote con- sentito di ridurre il personale \ di vigilanza». .Alle 18,10 giunge, con una]« V,00 » grigia, il fratello del- j . dre Edmondo, riferendole dei ; progressi nella «dottrina» dei,negretti per cui le monache ; raccolgono indumenti e libri. | Poi, alle 18,37, esce per pi imo ■. il gigantesco comandante degli Agrnti di Custodia, maresciallo j Francesco Dall'Aera, e, dopo di j lui, appare una signora ansia-! na, dal volto stanco, con i ca- \ pelli bianchi, arruffati, in di-\ sordine sotto il rotondo cappel-, lo di paglia. Veste un abito j estivo, color ruggine, tutto maltrattato, E' Nazzarena Caroselli. Quando, su nella Direzione, la, figlia ha avuto ancora un attimo di smarrimento, pensando a tutti quei fotografi, ella (Via guardata negli occhi e\ le ha detto: < Coraggio, uscirò io per prima >. Ma quell'imponente schieramento di obiettivi, il lampo dei flashes, il ronzìo delle mac- chine da presa, la sorprendono e, portandosi le mani alle tempia, mentre le ciglia le si bagnano di lacrime, singhiozza: * Gesù, Gesti >. Poi appare, alto, robusto, l'avv. Giulio, e dietro di lui, subito afferrandosi al suo brac- ! elo, Pia Bellentani. Ciò che si vede subito, di lei, sono gli oc chi: grandi, ardenti, ancor più luminosi sul viso bianchissimo, nelle occhiaie viola, infossate. indossa un semplice abitino blu, con un fregio candido, ha guanti dello stesso colore e san. dati neri. Porta il capo scoperto e nei capelli appaiono fitti i fili d'argento. Mordendosi le labbra, a capo curvo, si sforza di camminare a busto eretto, nei pochi metri dal portone alla macchina, in cui scompare rannicchiandosi sola e piccola sili grande sedile. Avanti si pongono l'avvocato e la mamma. Un rombo del motore, lo stridìo della ghiaia, e pochi minuti dopo, attraversato il breve viale, nel silenzio piti fitto, la tlbOO» imbocca l'< Appia> e, veloce, scompare. Crescenzo Guarino Pia Bellentani, sostenuta sottobraccio dal fratello, esce dalla porta del maniconi io criminale di Aversa (Tel.) La madre della Bellentani Nazzarena Caroselli (telef.)