Enrico Fermi si riposa sul lago discutendo di formule misteriose di Francesco Rosso

Enrico Fermi si riposa sul lago discutendo di formule misteriose Enrico Fermi si riposa sul lago discutendo di formule misteriose (Dal nostro inviato speciale) Varenna, 23 luglio. Un grosso motoscafo è giunto ieri da Como per prelevare Enrico Fermi e trasportarlo al Grand Hotel Villa d'Este, dove il Rotary comasco ha offerto un pranzo in suo onore. Il celebre fisico vi ha partecipato, ma come a un dovere. Egli non ama le manifestazioni mondane e anche di fronte agli attentatori della sua quiete — fotografi, cineasti, giornalisti — ha come sola arma, infallibile però, l'indifferenza. E' un uomo di statura media, più vecchio, in apparenza, dei cinquantatrè anni che ha, taciturno con tutti, anche se di una gentilezza estrema. Non ha bisogno di parlare per far comprendere all'interlocutore che certe domande sono inutili. «Co. me si studia nelle Università americane? >. « E' chiaro, come in tutte le Università del mondo >. « Come ha trovato l'Italia? >. «Datemi il tempo di vederla >. Enrico Fermi mancava dall'Italia fin dal 1949, quando venne qui a Varenna per un convegno internazionale di studi fisici. E' ritornato tre giorni or sono arrivando dalla Francia. Il tragitto Piccolo San Bernardo-Varenna, non gli è sufficiente per esprimere un giudizio. Tentare una indagine sulla vita intima di Fermi è una impresa impossibile. L'ha fatto sua moglie con un libro di memorie che uscirà fra breve in Italia: impressioni della moglie d'un fisico. La signora Laura, una gentile signora dal viso dolce, incorniciato da capelli argentei, fa da segretaria e da tutrice al celebre marito, gli tiene compagnia durante le passeggiate nel parco di Villa Monastero, quando verso sera, sazio di formule che contengono tanta energia da schiantare il mondo, il più celebre fisico atomico dei nostri tempi ama indugiare sotto le ombre lunghe dei cipressi. Ma anche in questi momenti, e la signora Laura lo sa, la mente di Enrico Fermi spazia per l'infinità dell'universo, alla ricerca di nuove formule, di nuove scoperte. E non disturba i suoi silenzi. « L'energia nucleare è ormai una realtà e come tale non può interessare ancora i fisici > dice. « Oggi altre forze richiamano l'attenzione dello studioso, i mesoni, ad esempio >. Di mesoni a Varenna si parla durante tutte le ventiquattro ore della giornata. L'altrierl allievi e insegnanti di questa scuola internazionale di fisica unica al mondo, erano riuniti a cena in un albergo. Fra una portata e l'altra parlavano per formule, tracciando nell'aria con le dita invisibili geroglifici che loro solo capivano. Dopo cena rimasero a tavola e continuarono a parlare di mesoni fino a mezzanotte, quando fu l'ora di andare a letto. Soltanto i più giovani, sciol¬ ta l'assemblea, attaccarono sottovoce alcuni cori alpini. Fermi, Rossi, Bernardini e gli altri, invece, andarono a continuare i loro sogni algebrici nel chiuso delle camere. Si direbbe che nulla, se non le formule, che egli solo comprende, interessi Enrico Fermi. Eppure qualche segno d'una vita non interamente votata al calcolo sublime egli lo dimostra. Il suo abbigliamento, pure essendo tipicamente americano, rivela un non dimenticato gusto per certe raffinatezze europee. Sulla camicia di nylon con i bottoncini al colletto per tenere ferme le punte al petto, una cravatta italiana d'un grigio smorzato,- ha sostituito quella a rabeschi dal colori violenti, portata da oltre Atlantico. Enrico Fermi si tratterrà in Italia con la moglie fino ai primi di settembre; rientrerà in America per la sessione autunnale di esami all'Università di Chicago. La domanda che avrei voluto rivolgergli era forse impertinente: «Quale emozione prova quando pensa di avere così potentemente contribuito alla scoperta, dell'energia atomica? >. La domanda benché ingenua in apparenza investe tremende responsabilità. Il prof. Polvani, presidente della Società Italiana di Fisica, che ha organizzato questa scuola internazionale, mi aveva dissuaso di rivolgergliela fin da quando, con molta cortesia, mi aveva ricevuto. Eppure mi sarebbe piaciuto sentire da Enrico Fermi se esultò, se tremò di emozione, se ebbe paura quando dalla pila atomica da lui costruita in America nel 1942, nacque la possibilità di produrre a catena l'energia nucleare. Però si finisce per comprendere che certe domande non si possono rivolgere nemmeno a una mente superiore come quella di Fermi. Il quale si comporta, qui a Varenna, come se fosse nei « college > della sua università americana. Una vita esemplarmente sobria, attivissima. Ogni giorno tiene una lezione di un'ora e nel saloncino trasformato in aula dall'aspetto di antica cappella sconsacrata, su tre lavagne illuminate da tubi fluorescenti, egli spiega le complesse teorie che potrebbero far esplodere l'universo. Forse arriverà il giorno in cui altri completeranno gli studi che Fermi ha avviato sui mesoni, detti anche la colla dell'universo, perchè sembra siano particelle che, al contrario dell'esplosiva energia nucleare, hanno il potere dì tenere ancora insieme questo decrepito mondo. Enrico Fermi dice che tali studi sono appena agli inizi, esperimenti di laboratorio. Chissà se un giorno l'uomo arriverà a dominarli come fa ora con l'atomica. Terminata la sua lezione, invece di andarsene a passeggio, egli rimane in aula e ascolta le dissertazioni di altri suoi cele¬ bri colleghi. E interviene nelle discussioni per orientare meglio gli allievi, non tutti giovanissimi, alcuni anzi con un patrimonio di opere e di scoperte che potrebbe da solo dare la fama. Se si pensa che fra i discepoli c'è il russo Kowarski, che con Joliot Curie costruì la pila atomica francese, si può avere una idea che cosa sia la scuola internazionale di fisica di Varenna. Al termine delle lezioni di ieri mattina alcuni allievi, con il prof. Rossi, celebre nel mondo per la sua recente scoperta dell'antiprotone, sono scesi In giardino in costume da bagno e si sono tuffati nelle limpide acque del lago. Enrico Fermi invece è rimasto a guardare, assorto sotto il sole, chiuso nella pesante giacca di lana grigia. Poi arrivò il motoscafo per trasportarlo a Villa d'Este. Poiché altri prendevano parte al pranzo, e tra essi i professori Rossi e Bernardini, fu necessario attendere che questi ultimi si cambiassero. Un barcaiolo per nulla intimorito dalla celebrità di Fermi, incominciò a parlargli, a paragonare la propria calvizie con quella atomica del celebre fisico. Fu però un soliloquio; Enrico Fermi si limitò infatti a sorridere. Ne rispose quando il barcaiolo, ridendo grosso, domandò se l'atomica può ringiovanire gli uomini e far ricrescere i capelli. In quel momento arrivò il prof. Rossi il quale, come se ancora non fosse sazio di formule, disse: « Non ho ben capito la tua teoria sulla relazione fra la velocità della particella infinitesimale e le nuvole ». Con il caratteristico accento dell'italiano che ha lungamente parlato inglese, Fermi accettò immediatamente la conversazione, e rispose: «La velocità della particella è proporzionale a quella della nuvola e si esprime in beta uguale seu alfa ». Francesco Rosso