Paesaggio del fiume Hudson di Marziano Bernardi

Paesaggio del fiume Hudson li A SCULTURA AH,A Kli;\\ALK VE\EZIA\A Paesaggio del fiume Hudson Un sottile trafilato d'acciaio compone nell'aria un capriccioso disegno di rette, curve, svolazzi, arabeschi Perchè ci si deve ostinare a dar dei titoli « rappresentativi» a siffatti aggeggi? • Stanghe e tondini d'acciaio nella sezione tedesca - La battuta d'un illustre storico dell'arte: •Bello, ma lo vorrei col motore!» (Dal nostro inviato speciale) Venezia, luglio. E dedichiamo adesso qualche riga alla scultura, la quale anche qui, come di solito in tutte le grandi e piccole mostre di arte, ci fa la parte della figlia povera, se non proprio per la qualità dei vestiti con cui partecipa a questa festa che dura quattro mesi, almeno per la i quantità. Non so se una proporzione di uno a dieci basti ad indicare il rapporto fra il numero delle statue e quello del quadri. Ma è noto che modellare in creta, cera, plastilina, inchiodare e saldare lamiere, segar fusti ed asse, piegare e aggrovigliare fili o tubi di ferro, tendere tiranti e guisa di corde d'arpa, lisciar ciottoli o blocchi d'acciaio, rame, bronzo, ottone, ottenere finalmente da un nobile metallo il desiderato aspetto di rottame contorto e corroso simile a un frammento di bomba d'aeroplano dopo uno scoppio imperfetto (e vedremo perchè non vi eia da stupire d'un siffatto elenco di lavori manuali che pochi punti di contatto ha con la definizione michelangiolesca < la scultura è quella che si fa per forza di levare >) ; è noto che condurre a buon termine tutto ciò è più lento, faticoso e co stoso che non sfregacciare un po' di colore su una tela o su un cartone. Abbiamo detto che a paragone dei quadri le « statue > son poche. Sarebbe più esatto dire rarissime. Si stenta infatti a concepire che codesta parola si abbia da impiegare per qualificare oggetti (scegliamo un esempio fra cento) come il Pilastro di nubi e il Paesaggio del fiume Hudson, rispettivamente di Ibram Lassaw e di David Smith, due artisti fra 1 quaranta e i cinquanta che a giudizio del loro presentatore Andrew Carnduff Ritchie diedero, con il Lachaise, < ciascuno un contributo importante alla scultura americana». Dunque si parla di scultura, < quella che si fa per forza di levare >. Il primo oggetto si presenta all'osservatore scarsa mente provveduto con l'aspetto di una grande gabbia alta e stretta composta di segmenti fittamente incrocicchiati di bronzo saldato. E' un arnese che dovette essere di complicata ideazione e dì difficilissima esecuzione, una specie d'impalcatura leggera e graziosa, che volentieri s'immaginerebbe piacevolmente ricoperta di rampicanti, e magari con dentro dei Vispi uccellini. Il secondo, invece, è composto d'un sottile trafilato d'acciaio a sezione quadrangolare verniciato di rosso, che con la aggiunta d'altri pochi elementi di maggior superficie e di più irregolare forma compone nell'aria un capriccioso disegno, ora di linee rette o rigidamente spezzate, ora di curve, svolazzi, arabeschi. Paesaggio d'un fiume: cioè subito la mente corre a un'illusione suscitata con mezzi pittorici, più che propriamente sculturali. Anche l'illusionismo creato dal Ghibertl nella sua seconda Porta del Battistero fiorentino è di natura pittorica; e non per nulla, a proposito della storia di Giosuè, il Vasari parlò di < paese... abbassato sempre con osservanza delle prime figure ai monti, e dai monti alla città, e dalla città al lontano... >; perciò niente da rimproverare alla concezione dello Smith, di voler rappresentare un paesaggio con la scultura. Siamo, pur davanti a questa ferramenta, nella più rigida ortodossia. Se non che lo stesso Ghiberti nei suoi « Commentari > dichiarava di aver cercato di « imitare la natura quanto a me fosse possibile », ponendo maggiori e minori le figure sui diversi piani « come addimostra il vero ». E non sarebbe quindi potuto capitare ai suoi contemporanei, guardando la Porta detta poi da Michelangelo c del Paradiso », di confonder la storia di Adamo ed Eva con la storia di Salomone e la regina di Saba: come accadde a me, contemplando la gabbia di Lassaw e la graticola di Smith, di scambiare per una svista di lettura del catalogo il Pilastro di ?iubi col Paesaggio del fiume Hudson, e di trovare che sì, in fondo, la suggestione era abbastanza azzeccata.. — E chi t'ha mal detto, pezzo d'idiota, che l'arte si sia mai preoccupata di « imitare la natura » (era un equivoco del Ghiberti e di tanti altri suoi compari), e si interessi al evero» ed eventualmente alla bellezza? Vuoi proprio continuare a far la parte de] tonto fra le persone sveglie? Non capisci che quel che conta in arte è una sensazione, un'allusione, uno stimolo qualsiasi a un tuo incontrollabile fantasticare, è la dialettica fra le forme astratte e la passione, il tormento che esse provocano nell'artista? D'accordo, d'accordo; quantunque anche Delacroix osservasse che « si gode della rappresentazione reale degli oggetti » perchè « sono come un ponte solido su cui s'appoggia l'immaginazione per penetrare fino alla sensazione misteriosa e profonda, della quale le forme sono in un certo senso il geroglifico ». Soltanto, io mi domando perchè ci si ostini a dar dei titoli, volere o no, « rappresentativi » a degli aggeggi come i succitati; ed a chiamar « sculture » delle cose che potranno essere le più geniali finora create, darci l'indicazione più esatta del gusto presente e di quello avvenire, ma che sono inconfrontabili con le creazioni delle civiltà artisti che dal quarto millennio avanti Cristo fino a ieri, giunteci con tal nome: dalla statua su- mgdAtlcsas merica del re Gudea ai Borghesi di Calais. dalle Parche del Partenone alla Pisana di Arturo Martini. Forse che tutti i giorni non entrano nella lingua dei neologismi? Fabbrichiamone alcuni per qualificare certe nuove condizioni e risultanze del pensiero plastico. Neologismi per quanto espone nella sezione germanica Hans Uhlmann, stanghe e tondini d'acciaio variamente proiettati nello spazio con sistemi rigidi di linee (una di queste combinazioni metalliche è anche arricchita d'uno specchio), che secondo Eberhard Hanfstaengl, già direttore delle gallerie bavaresi e. ordinatore del padiglione, collocano lo « scultore » nella cerchia dei surrealisti « soltanto in quanto le sue opere sono libere Invenzioni con propria dinamica e con propria legge... smaterializzate nel delinaarsi d'una tridimensionalità»: fatto, come ognuno intende, importantissimo per un'affermazione poetica; benché in verità il senso della tensione meccanica sia portato da codeste composizioni a un diapason acutissimo, quale d'altra parte può eccitare la vista dei grandi trasformatori d'una centrale elettrica o del complicati strumenti d'una stazione radiotrasmittente. Neologismi per gli « oggetti », già ricordati nel precedenti articoli, di Larderà, di Consagra, di Arp (Gran Premio della Biennale), dell'austriaco Rudolf Hoflehner, di Alberto Viani; o per le vaste masse ondose di Mastroianni, e via dicendo. Il linguaggio plastico tende sempre più a identificarsi col linguaggio delle macchine? Eravamo presso un grosso e curioso trabiccolo di Nino Franchlna intitolato con chiara allusione Metallurgica; e ad un illustre storico dell'arte, membro del Comitato internazionale degli esperti della Biennale e della Commissione per gli acquisti della Galleria d'arte moderna di Roma, scappò detto: «Bello, ma lo vorrei col motore! ». Come certe bonarie battute del secentista veneziano Boschini, cosi questa uscita dell'insigne storico ci sembra la più bella implicita critica che si possa fare di buona parte della scultura esposta alla Biennale. Col motore: o se si preferisce, considerata con l'interesse, con la curiosità che destano gli stupendi film documentari dove le misteriose strutture cristallografiche o la celata vita vegetale o il processo evolutivo delle cellule o i segreti delle più ardue indagini scientifiche in meravigliosa sintesi ci vengono svelati; ma una curiosità e un interesse di natura completamente diversa dal rapimento che si prova .dinanzi all'autentica opera d'arte. E' una tendenza; e molti la ritengono la più « valida ». Però un cospicuo premio è toccato a Fazzinl che rappresenta quella opposta, fedele ancora a forme naturali per quanto liberissimamente (e spesso con fastidiosi arbitri) interpretate. E sulla sua linea, con personali svariatissime visioni, sta Mascherini, del quale rimpiangiamo la generosa sensualità d'un tempo, assai più spontanea, meno culturalistica di questo suo attuale studiato, e perciò freddo, arcaismo; stanno anziani come Griselll, Guerrlsl, Torresini, fino a un certo punto Maine; giovani come Greco o Tarantino; artisti della generazione « di mezzo » come il gentilissimo Gal lo. Girelli, Tallone, il laborioso I Alloati. Quanto a Mirko, a Ga- ' relli, a Cherchi, al recente Ba- glioni, operosi su un terreno | ere ha per limiti l'archeologia l'impressionismo plastico e il picassismo, sembrano guardare dalla riva l'incrocio delle due correnti. Quale prevarrà? Se la prima, quella di cui s'è discorso in principio, potremo considerare tutto ciò che la scultura produsse prima del 1910 come un materiale di scavo. Se la seconda, ci sarà da sperare che la scultura superi anche il punto morto cui son giunte le già magnifiche qualità d'un Marino Marini. Ma due anni fa la Biennale premiò Calder, quest'anno Arp. L'oroscopo è oscuro. Marziano Bernardi « Paesaggio del fiume Hudson », scultura - paesaggio dell'americano David Smith

Luoghi citati: Kli, Maine, Roma, Venezia