Gli italiani al battesimo dell'automobilismo spagnolo di Arrigo Benedetti

Gli italiani al battesimo dell'automobilismo spagnolo CE' UN PARADISO ANCHE PER LE VECCHIE "BALILLA,, Gli italiani al battesimo dell'automobilismo spagnolo «Cuantos coches! cuontos coches! », esclamarono le ragazze di Caceres vedendo tre automobili ferme nel centro della città; eppure l'industria automobilistico spagnola sta nascendo con l'aiuto di industrie straniere tra le quali predomina, per apporto di brevetti e di tecnici, quella italiana (Dal nostro innato speciale) Madrid, luglio. «Cuantos coche"! cuantos coches! >. Quante automobili! quante automobili! m'accadde d'udire questa esclamazione, due anni fa, al tempo d'un altro mio viaggio in Spagna, arrivando a Caceres da Siviglia, dopo sei ore di viaggio. Quando mi fermai, quella sera d'estate, nel centro della città, trovai gente che tentava di rimuovere una vecchia automobile in panne. « Di qui », dicevano all'uomo al volante alcuni cittadini pieni di buona volontà, ma privi di qualsiasi iiiiiiiniiMitiniMiiitnitiiiuMMiiiiiiiiiitiiittif 11 1 nozione automobilistica. < Di qua », facevano eco altri ugualmente animati di buone intenzioni. Fatto sta che l'automobile, il coche, finì di traverso, tra muro e muro. La strada in salita accresceva le difficoltà, intanto una folla serale era accorsa a rendere addirittura impossibile la manovra; mentre altre persone dalle finestre davano consigli, facevano commenti, dicendo: «Cuantos coches; cuantos coches!», con accento pieno di stupore e di divertimento. Aspettai; ero stanco, dovevo trovare un albergo ed un garage, mi sentivo dominato dal nervosismo che tutti gli automobilisti conoscono dopo un lungo viaggio. Stavo quasi per protestare, asfissiato dall'odore dei cento e cento soffritti che in quel momento venivano cucinati per la cena in tutta la città, quando udii un motore alle mie. spalle. Mi voltai, era un'automobile inglese. L'uomo al volante mi sorrise come d'intesa ed accese una sigaretta, quasi per darmi un buon esempio e per invitarmi ad una lunga pazienza. Le « carreteras » vuote «Cuantos coches! », ripeteva la gente guardando la vecchia automobile in panne, la mia e quella inglese. Sarebbe possibile udire ancora una simile esclamazione t Forse a Caceres, in altre città di provincia, è possibile che tre macchine ferme al centro della città costituiscano uno spettacolo inconsueto; eppure quella sorpresa ora è menu probabile. Il governo ha parlato troppo di automobili; l'autarchia automobilistica spagnola è diventata tema così frequente della propaganda che in tutta la Penisola ormai si è diffusa la convinzione che, in fatto di automobilismo la Spagna sta raggiungendo il livello degli altri Paesi europei. E le statistiche accrescono questa possibilità d'illusione. Per esempio, quando leggiamo che nel 195B sono entrate in circolazione 13.880 nuove macchine, bisogna stare attenti. Quando poi si legge che nel 1953 i ■nuovi veicoli . immatricolati sono addirittura ti mila, occorre avvertire il lettore (cosa che le pubbltààzioni spa- l)IIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIlllllllltllIIIIIIIIIIIIIlll1Il ino/e non fanno troppo esplicitamente) che nella cifra sono inclusi gli autocarri, te motociclette, i motoscooters, le biciclette a motore... Non per nulla, oggi dovunque, nei teatri di varietà e nelle famiglie, si parla di « Vespe », di « Lambrette », di < Galletti » ecc. ecc., come d'articoli entrati or ora nel costume e ragione di compiacimento. No, le automobili non stanno aumentando in Spagna con la rapidità che potrebbero fare supporre, per esempio, le polemiche giornalistiche sulla sicurezza stradale. Ahimè, le grandi carreteras sono ancora vuote, e chi si rechi da Madrid a Cordova può contare sulle mani le automobili spagnole che incrocia. Quel lieve aumento di traffico che s'avverte coincide infatti con l'aumento del turismo, con l'afflusso cioè d'uomini d'affari europei ed americani. Nel 1952, per la verità, entrarono in circolazione solo 619S automobili da turismo. Nello stesso anno, nella provincia di Torino ne furono immatricolate 8878. Nel 1953 il numero delle immatricolazioni spagnole è cresciuto a 7-450 unità, cioè non ha ancora raggiunto il 10 % delle immatricolazioni italiane. Eppure l'età dell'automobilismo è cominciata. La Pegaso ha smesso d'essere l'unica automobile di fabbricazione nazionale. Questa grossa macchina che costa 700 mila pesetas (10 milioni e mezzo di lire circa) ha una curiosa storia. Verso il 1930, Vilfredo Ricart, un ingegnere catalano figlio d'un industriale tessile, dopo aver tentato senza successo di fabbricare in patria un'utilitaria, la David, venne a Milano e s'impiegò all'Alfa Romeo. Fu per lui una grande esperienza: la guerra civile spagnola stava per finire quando gli veniva offerto un posto in Argentina... Oggi molti dicono che Ricart non ha mai avuto intenzione di andare in America, e che avuta la proposta capì subito qual era la strada che l'avrebbe condotto diritto alla fortuna finanziaria e alla potenza sociale. Con la scusa di congedarsi dall'uomo che « aveva salvato la Spagna>, si fece ricevere da Franco, che, dopo averlo ascoltato coi modi bruschi che allora pigliava in prestito da Mussolini, e che oggi ha abbandonato, gli comandò di restare. Franco ha la passione dell'automobilismo, anzi l'automobile è il suo secondo sport, dopo la pesca. Eppoi, allora, il suo modello era l'Italia. Se gli italiani, latini e meridionali come noi,-sono stati capaci con la dittatura di diventare un Paese industriale, dicevano gli spagnoli, non vediamo perchè non dovremmo riuscirci anche noi che siamo tanto più seri. L'Italia dei De Angeli, dei Pirelli, degli Agnelli non esisteva per Franco; gli interessava al- lora dare ad intendere che Mussolini aveva fatto, d'un Paese di pastori e di conta dinh una Potenza industria le! e> aiutato anche da una buona dose d'ignonanza, il primo a convincersi che l'i 'alia aveva dovuto la sua in dustriallzzazione al fascismo, era stato lui. > s* P°rt* sol° in casa/>' In~ tatti corre solo in Spagna, iscritta a categorie speciali , , ,. „ . dove figurano vecchie Bugat- ti> vecchie Lancia, antiche Talbot. In modo che gli uffl- iiiiiiritiiiTiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiB Auto come un pigiama « La Pegaso è come un pigiama — dicono a Madrid — ci pubblicitari dell'I.N.I. (una specie di l.R.I. che dà l'avvio ad industrie che altrimenti non sorgerebbero mai) possono fare inserire nei quotidiani avvisi pubWicitari clamorosi: «. La Pegaso vince sempre... Ancora la Pegaso prima sul circuito di Barajas », che è poi una pista improvvisata sul cemento dell'aeroporto di Madrid. L'industria automobilistica spagnola sta nascendo con l'aiuto d'industrie straniere, tra cui predomina, per apporto di brevetti e per assistenza tecnica, quella italiana. Nel giugno scorso a Barcellona è stato montato il primo motore Seat, intieramente costruito in Spagna. Si tratta d'un 1400 Fiat ed è uscito dal nuovo stabilimento sorto nella zona franca, in riva al mare. Con l'aiuto degli stranieri, gli spagnoli stanno facendo un'esperienza che va dal montaggio alla fabbricazione delle parti che compongono un veicolo. Si tratta di un processo che comporta alcune complicazioni doganali e fiscali che diminuiscono in misura dell'aumento delle parti costruite in Spagna. Ne conseguirà una riduzione dei prezzi. Oggi, per esempio, una H00 Seat, uguale in tutto alla 11,00 Fiat, costa 110.000 pesetas, pari a circa un milione e seicentomila lire italiane. Una legge sul capitale In questo momento, le dieci automobili quotidiane che escono dagli stabilimenti Seat di Barcellona sono per il 70 per cento di fabbricazione locale; proporzione che aumenterà fino all'eliminazione delle parti importate. Così, si concluderà la politica d'assistenza che l'industria italiana cominciò anni fa, e che ebbe aspetti finanziari e tecnici, incontrando la seria ed accanita concorrenza di altre industrie straniere, le quali, considerando fatale la industrializzazione spagnola, cercano nel paese un'influenza economica e tecnica attraverso la diffusione di brevetti industriali e di assistenti tecnici. E questa assistenza si presta a considerazioni sociali. Via via che le maestranze locali entrano nelle organizzazioni straniere, si constatache non è giusto parlare di fatale incapacità tecnica spagnola. Certo, anche se la manodopera è molto a buon mercato, il suo rendimento è inferiore a quello medio europeo; ma nutriti meglio, assistiti quando sono malati, gli spagnoli possono diventare operai attivi che svelano anzi una particolare in¬ telligenza meccanica. La Hispania Olivetti, la Pirelli, la Snia, hanno fatto interessanti scoperte in questo senso. Questa industrializzazione è sostenuta in grande parte dal capitale spagnolo. Una legge del 1939 infatti impedisce che nelle società industriali gli stranieri controllino più d'un quarto del capitale; provvedimento che risente delle gravi accuse che il governo della repubblica faceva al governo militare di Bur.gos: di essere cioè pronto, dopo aver favorito l'intervento militare, a vendere a pezzi la Spagna ai capitalisti stranieri. Comunque, la collaborazione industriale tra la Spagna e le più progredite nazioni europee ha. resistito anche a quella legge. Invece del classico sfruttamento del paese più progredito a danno di quello più arretrato ne è venuta fuori una specie d'assistenza che se dà numerosi vantaggi agli stranieri, li rende consapevoli dei limiti della loro ingerenza nell'economia del paese. Così, mentre i torinesi a Barcellona insegnano ai catalani come si fa una « 1400 », i tedeschi a Victoria costruiscono la DKW spagnola ed un carro agricolo utilissimo ad una agricoltura incredibilmente arretrata. C'è poi la novità de» francesi della Renault che, a Valladolid. hanno cominciato a fabbricare la 4-4 (quattro cavalli - quattro posti). Anche se i nuovi stabilimenti automobilistici spagnoli sono tra i più moderni d'Europa, giacchè le case madri non importano nel paese vecchi impianti, sperimentando anzi nuovi mezzi di produzione, l'età dell'oro automobilistica continua. Un italiano che aveva percorso con una sua « Topolino » 100.000 chilometri, su strade difficilissime, quando ha voluto cambiar macchina ha trovato chi gli ha dato, per la sua vetturetta sottoposta alla più dura esperienza stradale che possa capitare ad un'utilitaria, ben 100.000 pesetas, cioè un milione e mezzo di lire. « Guai se da noi lo verranno a sapere — mi ha detto quell'italiano; — sarebbero capaci di organizzare il contrabbando delle vecchie automobili... ». Ma ecco un altro aneddoto che fa capire come scorre lento il tempo per gli automobilisti spagnoli. Un giorno a Cordova, un automobilista s'avvicinò alla mia < 1400 >, la osservò: « Anch'io ho una macchina italiana — mi disse: — una Balilla a tre marce e ne sono soddisfattissimo ». Arrigo Benedetti

Persone citate: Caceres, Cordova, De Angeli, Mussolini, Ricart, Vilfredo Ricart