Gli eroi dell'esperienza di Francesco Argenta

Gli eroi dell'esperienza MENTRE SI ELABORA IL "CODICE SANITARIO,, Gli eroi dell'esperienza Sono gli uomini-cavia: medici, studenti, talvolta umili pazienti, che hanno offerto la vita per aiutare la medicina-Da questa superba epopea, sgorgano moniti e insegnamenti di cui i codificatori dovranno fare tesoro (Nostro servizio particolare) Roma, luglio. Avremo, presto, un altro codice: quello sanitario. Per iniziativa deH'Organizzazione mondiale della sanità, lo va elaborando una commissione di medici e di giuristi: spetterà, poi, all'O.N.U. promulgarlo; darvi, per così dire, forza di legge; promuoverne e stimolarne l'applicazione e il rispetto, come avviene per tutti gli altri codici che regolano la vita collettiva e sociale, che governano i rapporti reciproci, gli atti singoli individuali. Ma, si obbietterà, non esiste già, per i medici, il cosiddetto codice deontologico, una raccolta estesa e compiuta delle norme cui il sanitario — clinico o chirurgo che sia — è tenuto ad attenersi nei confronti dei pazienti, ma anche dei colleghi, Camici o rivali), onde l'onore proprio e quello della professione che esercita non abbiano a subire offuscamenti; la fiducia del pubblico non sia sottoposta a ondeggiamenti e prove tormentose; le finalità della missione che, convenzionalmente, si è portati ad attribuire alla professione del medico, siano onestamente e limpidamente avvertite, perseguite e raggiunte T II codice deontologico i cui principi risalgono ad Ippocrate e di cui l'Ordine dei medici di Torino è riuscito a mettere insieme un'edizione che può far testo per gli Ordini professionali nostrani e stranieri, è ricco, zeppo di ipotesi, previsioni, raccomandazioni, comandi e sanzioni. Ma il codice sanitario, c?ie è in via di elaborazione, va ben oltre, nelle sue statuizioni, alle norme contenute nel codice deontologico. La realtà di ogni giorno; il piglio frenetico che caratterizza e sospinge il corso della sperimentazione; l'assillo da cui son dominati i ricercatori; l'imperativo che suggestiona avvince soggioga ed esalta quanti partecipano, nel campo medico, al processo evolutivo della scienza, al perfezionamento dei trattamenti terapici e della tecnica operativa, in un travaglio diuturno assillante, che non conosce requie o soste, pongono dei problemi che il codice deontologico non prevede o contempla. Tragica esperienza In tema di sperimentazione, l'umanità ha fatto una tragica esperienza nel corso della guerra. La barbarie nazista, per servire fanaticamente la scienza, ha finito per oltraggiare violare maculare e screditare la scienza. E non vi è bisogno di ricordare quanto gli scienziati o gli sperimentatori nazisti han fatto sul materiale umano raccolto nei campi di concentramento e di eliminazione: nequizie senza pari, crudeltà senza fine: è un capitolo, nella storia dell'umani^ tà, obbrobrioso e notissimo. Ora, il codice sanitario che è in elaborazione per iniziativa dell'O.M.S., tende a porre — nazionalmente ed internazionalmente, in tempo di pace ed in tempo di guerra — un freno agli eccessi ed alle de viazioni cui può addurre la sperimentazione nel campo medico. Ebbene, agli elaboratori del codice sanitario, ai coordinatori delle norme che han da presidiare, nell'interesse privato e sociale, l'esercizio dell'arte o della professione sanitaria, non potranno non essere presenti i Dieci principi etici in materia di esperimenti sugli organismi umani che sono stati dettati dalla *Walter Reed Society* e che costituiscono, da qualche anno, in America, il codice che trova rigorosa applicazione in tutti gli istituti medici di ricerca. La « Walter Reed Society» è sorta da pochi anni: ha tenuto la sua prima ossine, a Los Angeles, tre anni or sono, in coincidenza con l'assemblea dell'Associazione medica americana. Fra i suoi soci onorari conta i più bei nomi della scienza e della medicina di oltre Atlantico, ma gli aderenti, ì soci, diciamo così, effettivi, sono poche centinaia; sono costituiti dalla sparuta élite dei medici, dei ricercatori, degli studenti di medicina, talora, anche dei pazienti (gli eroi cavia, per dirla in sintesi e con l'espressione che usa laggiù), i quali rischiano volontariamente la vita per sperimentare sul proprio corpo l'efficacia terapeutica di un nuovo trattamento o di un nuovo farmaco, la precisione di uno strumento uscito appena dalle officine o di un metodo di cura escogitato, su presupposti teorici, nel segreto dei laboratori e privo, ancora, di un collaudo pratico e concludente. Anche da noi esistono associazioni che adunano schiere di benemeriti nel campo delle applicazioni sanitarie: quella, ad esempio, dei volontari del sangue. Ma la « Walter Reed Society » ha fondamenti e mire certo, più alti. Essa si intitola al noto chirurgo militare che, nel 1900, insieme con altri volontari, i medici Carrol, Agramonte e Lazear, si inoculò, a Cuba, il virus della febbre gialla, contribuendo così a gettare le basi per la vittoriosa lotta contro il terribile morbo. I volontari, gli eroi cavia, accolti nell'associazione sommano intorno ai cinquecento. Ad essi si devono i primi esperimenti sul corpo umano per lo studio dei gas anestetici, degli effetti della caduta vertiginosa di un pilota dalle alte quote, delle reazioni dell'organismo umano all'azione del curaro. Il primo a lanciarsi a corpo morto da una quota di oltre 1S mila metri, per studiare il comportamento dell'organismo umano sottoposto a forti ed improvvise accelerazioni e decelerazioni, fu uno sperimentatore volontario della clinica Mayo, u dott. Lovelare; gli effetti dei gas anestetici furono sperimentati, a più riprese, da un gruppo di cavie umane guidate dal dott. Stein, dell'Istituto medico sperimentale della marina; l'azione paralizzante del curaro fu accertata, per la prima volta, con un esperimento diretto, effettuato dal dott. Smith, dell'Università di Utah. «Come essere sepolti vivi» Ora, non ci ai può sottrarre ad un'intensa emozione udendo il racconto — sempre sobrio, tuttavia, privo di drammaticità e di enfasi, di esaltazione e di leno^cini — che questi sperimentatori van facendo delle loro coraggiose esperienze e delle loro avventure. «Fu un'esperien' za terribile, ha detto il dott. Smith, prcssapoco come essere sepolti vivi ». E si è appreso, attraverso il suo racconto, che il curaro colpisce anzitutto i muscoli laringo-faringei, impedendo l'ingerimento della saliva: l'uomo rischia di € annegarvi dentro ». Poscia, la paralisi si estende gradualmente al resto del corpo c immobilizza i polmoni, sinché restano in funzione solo il cuore e il cervello. L'uomo riesce a sopravvivere soìo se il suo sistema circolatorio viene costantemente rifornito di ossigeno, pompatovi dall'esterno. Per quattro volte il dott. Smith ha. ripetuto l'esperimento. Ed alla fine di questo eroico calvario egli ha potuto determinare con assoluta esattezza, sulla base delle reazioni registrate su se stesso, le dosi massime di curaro iniettabili a scopo terapeutico in soggetti colpiti da poliomielite od epilessia. L'esperimento è stato ripreso, recentissimamente, da un altro eroe cavia, lo studente di medicina Thomas Kositz di Rochelle. Si trattava di sperimentare direttamente, sull'organismo umano, l'efficacia di un nuovo sistema di respirazione artificiale, il metodo Holger-Nielsen, la cui adozione, da consigliarsi nei casi di asfissia da annegamento o da shock era, appunto, subordinata ai risultati dell'esperimento su un « volontario», al quale avrebbero dovuto essere paralizzati, col curaro, i polmoni, onde riprodurre con la maggiore verosimiglianza lo stato che determina l'asfissia. Meglio che cento trattati Thomas Kositz fu prescelto per questo esperimento fra altri settantacinque volontari. Il suo corpo fu completamente anestetizzato e collegato ad un elettrocardiogramma e ad alcuni altri strumenti per la misurazione della pressione sanguigna. Quindi gli fu calato nei polmoni, attraverso la trachea, un tubo a tenuta d'aria, e successivamente gli fu praticata l'iniezione di curaro. Il corpo inerte dello studente fu adagiato sul pavimento del laboratorio e le pompe cominciarono a somministrare ai polmoni dosi diverse di aria, corrispondenti, in quantità o volume, a quelle che affluiscono ai polmoni con i diversi sistemi di respi¬ razione artificiale... Ma a che prò continuare nella descrizione delle fasi dell'esperimento, una descrizione che può riuscire abbrividente e raccapricciante f Quelle che conta e che stupisce è il risultato. E per convalidare questo risultato, Thomas Kositz si è sottoposto altre cinque volte alla terribile e torturantissima esperienza. Oggi egli è laureato, fa pratica presso l'ospedale della contea di Cook, alla periferia di Chicago. Riandando alle prove cui si è sottoposto da studente, al suo passato di eroe cavia, egli soggiunge: «Ho imparato a conoscere, meglio che attraverso la lettura di cento testi universitari, lo stato d'animo di un paziente che sta per entrare in una sala operatoria per un intervento disperato. Sono convinto — e l'ho sempre sostenuto — che un medico, prima di prescrivere una qualsiasi medicina, dovrebbe sperimentarne gli effetti sul proprio fisico ». E', evidentemente, l'affermazione cui è portato un giovane dal suo temperamento generoso. A nessuno viene in mente di chiedere ai medici una siffatta prova, un siffatto sacrificio, ad onta che si abbiano esempi, anche da noi, di clinici che hanno sperimentato su se stessi il trattamento terapico da essi escogitato prima di applicarlo, su vasta o minima scala, sul prossimo, sui pazienti. Il prof. Ugo Cerletti, lo scopritore dell' elettroshock, si è sottoposto personalmente alla prova avanti di imporla agli infelici che affluivano alla clinica neuropsichiatrica di Roma. Ora, è pienamente fondato che gli insegnamenti ed i moniti che vengono dalla « Walter Reed Society», e da tutti gli altri sperimentatori e ricercatori che si attengono ai principi etici banditi dal sodalizio americano abbiano il loro peso e la loro eco nella elaborazione del codice sanitario. Francesco Argenta

Luoghi citati: America, Chicago, Cuba, Ippocrate, Los Angeles, Roma, Torino