La guida valdostana Mario Puchoz morta ai piedi dell'inviolato K 2

La guida valdostana Mario Puchoz morta ai piedi dell'inviolato K 2 M.JL SESTA VITTIMA DI UNA. MONTAGNA. CRUDELE La guida valdostana Mario Puchoz morta ai piedi dell'inviolato K 2 Nell'aria rarefatta dei 6000 metri non ha potuto resistere alla polmonite - I monsoni flagellano senza interruzione le vette: s'ignora se il prof. Desio rinuncerà all'impresa (Nostro servizio particolare) Bawalpindl, 6 luglio. L'ultima vittima dell'Himalaya, la guida valdostana Mario Puchoz della spedizione Desio, uccisa da una polmonite che l'ha colto a 6000 metri d'altezza, riposerà ai piedi della montagna che sperava di conquistare. La tragica notizia della fine del trentaseienne alpinista italiano è giunta stamattina a Skardu, la base da cui il gruppo diretto dal professor Ardito Desio era partito alla volta del Godwin Austen. E' stato un Indigeno a portarla, a poche ore di distanza da quello arrivato al tramonto di ieri con una lettera del 20 giugno; nella lettera il capo della spedizione annunciava che la polmonite aveva colpito uno ùei suol compagni, di cui non faceva il nome. Mario Puchoz aveva sofferto molto freddo durante uno dei tanti furiosi monsoni che hanno perseguitato il gruppo italiano nella marcia verso la cima da conquistare, ed era stato costretto a fermarsi al campo 2, mentre i compagni proseguivano la scalata fino al quarto campo, a 7170 metri di altezza. Il dottor Guido Pagani, medico dell'equipe di Desio, appena saputo che Puchoz si era ammalato, affrontò il faticoso viaggio dal campo base al punto dove l'alpinista era attendato, portando con sè ossìgeno e medicinali. Ma, purtroppo Pagani è giunto tardi: la polmonite si era ormai sviluppata e la rarefazione dell'aria impediva qualsiasi miglioramento: d'altra parte le pessime condizioni atmosferiche non consentivano l'immediato trasporto dell'ammalato al campo base, dove si sarebbe potuto assisterlo meglio. Cosi, poco dopo che il primo portatore era partito alla volta di Skardu con la notizia della malat tia che lo aveva colpito, Mario Puchoz, uno del più forti uomini del gruppo italiano, moriva. Puchoz è spirato nel sonno, poco dopo la mezzanotte del 21 giugno: immediatamente avvertiti, 1 compagni che si trovavano al campi 3 e 4, sono ridiscesi fino al campo base, dove la salma era stata nel frattempo trasportata, per rendere l'estremo saluto all'amico scomparso, sepolto ai piedi del <K2>, sotto un cumulo dì pietre facilmente individuabile. Soltanto pochi giorni prima, Desio e 1 suoi uomini avevano sostato in raccoglimento davanti al tumulo pietroso eretto in memoria dell'alpinista Arthur Gilkey, scomparso 10 scorso anno, quando gli americani del dottor Charles Houston compirono uno sfortunato tentativo di attacco alla vetta del cK 2>. Gilkey era stato colto da una paralisi che gli aveva immobilizzato gli arti inferiori. Mentre veniva trasportato a valle dagli sherpas, una valanga precipitò sulla piccola squadra e il paralitico fu travolto in pieno. Con Mario Puchoz, il numero del caduti nel vano tentativo di conquistare la cima del <K 2> sale a sei: nel 1938, Dudley Wolf, membro di una altra spedizione americana, rimase isolato al campo 7, e tre portatori sherpas lo raggiunsero per curare il suo trasporto al campo base. E' accertato che lo trovarono ancora vivo sotto la tenda che lo proteggeva, ma nessuno dei quattro ritornò mai all'accampamento stabilito ai piedi della inviolabile montagna. Desio e i suoi compagni si ripromettevano di collocare una lapide ai piedi del monumento a Gilkey, che ricordasse I nomi degli altri quattro caduti del 1938: lasceranno invece il corpo d'un caro compagno, sotto una coltre di pietre strappate alla montagna che voleva conquistare. Per il momento non si sa se i componenti della sfortunata spedizione decideranno di proseguire l'ascesa, malgrado Ja disgrazia che li ha colpiti. Le condizioni del tempo si mantengono catastrofiche in tutta la zona del Monte Goldwin Austen: nella lettera giunta ieri, e scritta il giorno 20, Desio informava d'essere stato costretto a rinunciare al piano già predisposto, che prevedeva 11 primo attacco alla cima del <K2> entro la prima settimana di luglio, rimandando a un momento più favorevole 11 tentativo. Dal 5 giugno i monsoni battono incessantemente la montagna, rendendo impossibile la marcia di avvicinamento del gruppo che era accampato a quota 7170, al quarto campo. Desio riferisce che già la posa di queBto campo era stata un'impresa ardua, realizzata durante una schiarita del tempo, durata poche ore. Gli alpinisti approfittarono della rara occasione e partirono dal campo 3, istituito a 6890 metri, raggiungendo una vasta piattaforma 280 metri più in alto Ma fecero appena in tempo a sistemare le tende, prima che ricominciasse a imperversare la bufera di neve e di vento. Nella lettera di ieri Desio diceva che sperava di poter compiere l'attacco decisivo alla vetta entro la terza settimana di luglio: ma poche ore dopo avere mandato queste notizie Mario Puchoz moriva, ed ora non si sa quali siano i progetti immediati del capo della spe dizione. Peter Jackson (Reuter) te a oltre 6 mila metri sul K 2. Questa mattina tutte le guide di Courmayeur si erano riunite ancora una volta in chiesa per assistere ad una Messa, di suffragio che la mamma di Bignami aveva fatto celebrare nella piccola chiesa di montagna per il figlio caduto sui terribili monti d'Asia. La notizia che anche Mario Puchoz era morto su quelle montagne noti sue, arrivò proprio quando la signora Bignami e le guide uscivano dalla chiesa, al termine del rito funebre. E' stata quella caduta nell'acqua ad essergli fatale — avrebbe detto la signora Bignami riferendosi, probabilmente, alla morte del proprio figliolo. Quella frase è stata riportata chissà in che modo ai fratelli di Mario Puchoz. Silvio, con quella lacrima cristallizzata nell'occhio, continuava a dire: — Se non si fosse bagnato, non sarebbe morto; nessuno avrebbe potuto piegarlo, ne le Alpi nè il K 2. — Egli si riferiva, forse, alla visita di controllo che suo fratello Mario subì a Torino prima di essere aggregato alla spedizione. Messo nell'apparecchio di decompressione che rarefaceva l'aria come se l'alpinista già si trovasse oltre gli 8 mila metri del K 2, Mario Puchoz ne uscì senza aver subito alcuna alterazione. Era duro, solido, fortissimo ed aveva soltanto 36 anni. Silvio e Costanza Puchoz, pur nella loro ostinazione a non voler parlare, di tanto in tanto si scambiavano uno sguardo, come volessero domandarsi l'un l'altra: « Afa è proprio verot Tu ci credi?* —■ Glie l'ho detto mille volte di non andare) di stare a casa sua, ma lui no, ostinato, è andato a cercarsi la morte laggiù — s'è lasciato sfuggire Silvio Puchoz ed è stato il suo solo sfogo. Fino a ieri erano tranquilli, avevano letto il telegramma che Desio aveva spedito a Guido Rcy in data 26 giugno,nel quale il capo della spedizione diceva che tutto andava per il meglio e tutti stavano bene, < Come può essere morto il 21 giugno se Desio ha telegrafato il 26 che tutti stavano benet > domandava Silvio Puchoz, Il telegramma, però, reca la data di Skardu; dev'essere Jpartito dal campo base, a mano di uno sherpa, almeno dieci giorni prima. I fratelli Puchoz, però, si ag grappano ancora a questa te nue speranza. Non si conui?i cono che Mario sia morto; era troppo forte. L'ultima lettera che essi hanno ricevuto dall'India reca la data del SO maggio scorso. In essa Mario Puchoz racconta ai fratelli di aver compiuto una ricognizio- ne sulla cresta rlrl K 2 scalata nel 1912 dalla spedizione ghBullocTc-Worlctnam, della quale Itfacevano parte alcune guide'^di Courmayeur, tra cui Cesare'™Chenoz. caduto in un crepac- i dcio del ghiacciaio Baltoro, sul-|dle stesse montagne. < Esprimi alle vecchie guide di allora tutte le mie congratulazioni — diceva Mario Puchoz alla sorella; — abbiamo incontrato tante e tali difficoltà oggi a compiere questa scalata, che non. so capire come fossero usciti vivi da quest'inferno nelle loro condizioni >. .Riusci a scalare la cresta toccato, dalla vecchia spedizione, ma non arrivò alla cima del K 2. Ha morte lo ha atterrato Vuoilo la via. A Courmayeur, anelile se non lo vogliono dimostrare, sono tutti costernati, special,nente per quella malacttia che ha ucciso la giovane e audace guida. Una polmiomite non ha senso per questa gente che sfida ogni 1lznsrbrhzdznigcizsAnpncvgiorno le vertigini di pareti inaccessi bfH. Forse anche per 'pquesto nessuno vuol parlare 'Vdi Mario Puchoz. ! c_ _ [pFrancesco Rosso |lailMIttMIIIllBlUlltiltllIIMIIIIIIIMIMIIllllllIllllllM Il «K 2» (8611 m.). I numeri sopra la linea nera, che è l'itinerario seguito sulla cresta « Duca degli Abruzzi », segnano la posizione del campi della spedizione. Il 6 e 11 7 indicano 11 punto più alto raggiunto rispettivamente dagli americani Houston e Wiessner (8370 m.) 'I Mario Puchoz, pochi giorni prima della partenza per l'Asia l

Luoghi citati: Asia, Courmayeur, Desio, India, Torino