Emilio Olmo hapromesso per domani una "verità,, diversa dalle precedenti

Emilio Olmo hapromesso per domani una "verità,, diversa dalle precedenti Difficile per i giudici scoprire le cause della tragedia di Alessandria Emilio Olmo hapromesso per domani una "verità,, diversa dalle precedenti L'imputato continua a parlare di «onore»: ossia di tentativi per salvare la propria reputazione dopo il delitto - I testi* moni raccontano la squallida relazione clandestina dei due amanti - Vivamente attesa la deposizione di Matilde Dametto (Dal vostro inx-iato spedale) Alessandria, 3 luglio. Parole testuali di Emilio Olmo rivolte al presdente e come trascritte a verbale: — Prego Vostra Signoria di avere pazienza ancora per oggi, non trovandomi in condizione di subire un interrogatorio, anche per non aver potuto dormire stanotte, perchè di-!° sturbato dai secondini che an il fr< doleisconobladavano su e giù per la mia sbstanza; anche perchè prometto : veformalmente che lunedi pros- » Simo dirò tutta la verità che è pdiversa da quanto in precedcn-l,PDinteqcojtanrnnsoclza ho riferito, Presidente — Promesso? Olmo — Promesso! Questa la conclusione di po che battute anteriori che fu rono: Presidente — Lei ha udito 11 giocatori di calcio riferire sul i come lo hanno trovato, e cioè nelle vicinanze della porta di ingresso. Lei ci disse di essersi inferto il colpo al capo presso ariedscNon lo so nemme- stante). Come mai è andato a finire presso la porta? e_130Olmo — iìuu ,v. ..~ - , ; lano io. Presidente - A che ora ce- nava? Olmo — Ore 8-Slein», ! Presidente — A che ora 1 gar-.dzoni andavano via? Olmo — Verso le 7. Presidente — Quel giorno, qpoDametto perchè s'è trattenuto? | siOlmo — Per accomodare la;tesveglia. ipPresidentc — Lei perchè ha macconsentito? | Olmo — Non potevo dir di no. ,BQuesta «benedetta» sveglia, rcome dice 1 Olmo, mentre, for- se, non ce ne furono mai altre di più maledette, era «inacco-! modabile » nel meccanismo, ma m„„ uBl poteva restituirle un minimo di bella presenza r.vern.c.an-, dola e con un vetro nuovo. La ,,, ' ... T,o™o»t« lesveglia era della Dametto. sveglio. <= il ENiente di straordinario che il nsuo amante volesse mostrarsi premuroso verso di lei. Difatti Fche' na fornire la vernice, ed an~.. a pagare l'eventuale costo del avetro nuovo, era lui. Disgra-:Pziatamente, durante quest'epe-jEj i —■..^nrito "razione di restauro^, suggerita i da un Pensiero gen^ venne fuori la disputa e .1 DamettoJ „Dametto disse: «Tu stai sempre con rmia moglie!»; ribattè sciocca- Smente l'Olmo: «Tu vai con la ., _i__„j„. ifmia» e il Dametto di rimando , <£ono andato con tua moglieLssma non per mia colpa». Poi il' « i a : i _ | «d„ i«Dametto usci bestemmiando,1 tornò dentro con il tubo tragico, aggredendo. Del seguito, l'Olmo imputa il « destino » ma ; cesso sembra modellato con artificio per servire come scudo di legittima difesa. La rapina simulata e«st(«li P. M. dott. Aragnetti do- cmanda: — Perchè ha tentatoldi simulare la rapina, se si trat- tava di legittima difesa? pOlmo — Ero convinto che, landando all'ospedale tutti e tre sferiti, nessuno avrebbe potuto dpensare male di me, inoltre mia;mmoglie e il Dametto non avreb- tbero riferito la verità per sai- bvare /'onore di tutti (egli li con- lsiderava soltanto feriti). jaSembra indubbio che per|s« onore», sulla bocca dell'Olmo,jtdebba intendersi reputazione,, rssima generale, da sostenere cflnchè si può con meriti intrin- rseci e da tutelare nelle appa- arenze quando frana. In altre, rparole: il « destino » aveva com- binato l'orrendo pasticcio: dan-; idone la colpa ad ignoti come mano materiale, cioè simulando la rapina, la faccia era salva. Trovata infantile, se vera. Più infantile ancora, se inventata come pilastro di difesa. C'è chi dipinge l'Olmo — die pzltddtro impressioni del dibattimen-1 to — come un astuto giocatore i di scacchi, il quale, mentre per-,segue un suo disegno che' re- ì puta geniale, sia sempre pron- to a parare con mosse fulminee | togni minaccia della parte av-i cversa che glielo metta in pe- j cricolo. Forse siamo lontanissi- j ami dal vero, così giudicandolo. L'Olmo è piuttosto un povero disgraziato, preso nei vortici di •un'avventura più grande di lui. Contro di essa, egli si è dibat- ssCtuto alla meno peggio mentre si climitava a quella sciagura che per i filosofi, per gli uomini di mondo ed i ricchi in genere si chiama < il demone del astagiono*,-ossia lamore che dsi presenta con rabbia arretra-j SmvSnsta fra i 40 e i 50 anni: dopo, precipitata la rabbia sulla catastrofe, egli non sa più a quale cespuglio aggrapparsi, perchè dispone soltanto di un cervello elementare e di una cultura dello stesso livello. La parola « elementare > ci riporta all'interrogativo «Seno- le elementari o ginnasio ti sollevato ieri a proposito della'< lettera - testamento >, scritta dall'Olmo a suo fratello Atti-, lio, dal carcere. Era farina del suo sacco, un sacco rozzo di scuole elementari, o non piuttosto attinta a mulini di scuole superiori? L'esame scritto, sostenuto dall'Olmo sullo stes-lso tema, garantisce le scuole elementari con qualche scalino al disotto della quinta classe, che egli ha pur frequentato. Il nuovo testamento, buttato giù sotto la vigilanza di un maresciallo dei carabinieri, ripete gli stessi concetti del vecchio, e press'a poco con le stesse parole. Esso comincia addirittura jcon il medesimo errore di | grammatica: «Mi trema le voglio passare quel disonore di essere un vile assassino che non sono>, cioè press a poco la stes- sa cosa. Ora che conosciamo smani... >. Non dice più: «Sono innocente», ma ribadisce: «Non ° l linguaggio dell'Olmo, questa frase andrebbe tradotta così: < (Io mi uccido) perchè avendo imbrogliato la faccenda con e mie stolte dichiarazioni in struttoria, sarò condannato come un vile assassino, mentre non lo sono». Assassino, indubbiamente. Vile, secondo lui, no. Dove comincerebbe la viltà fatto? Nell'avere nascosto a mano che ha brandito la cbmscrptrrcVft—sbarra dietro il fragile paravento di una rapina inventata » Per li per salvare la propria persona e, peggio che peggio. P^ P°ter poi convolare con la|Dametto a nozze perfidamente ngiuste. Niente nozze, niente'tentativo di salvataggio dietro Squesta simulazione, sempre se-1 condo la tesi dell'Olmo. Si trat-,tava soltanto di « salvare /'o-l nore di tutti». In parole mini-;rne, l'Olmo vorrebbe dire: «Ioinon sono un miserabile, sonoisoltanto un cretino. E mi pro-jclamo innocente dall'accusa di ! avere voluto uccidere...». Va- riante tra il vecchio testamento ed il nuovo: nel secondo l'Olmo] scrive: < La verità la conosco 301o io», nell'altro anche Iddioli|a conosceva. FJnzjone ,„ ospedale ~ In attesa di udirla lunedì eldl metterla a raffronto con|quanto dirà la sua amante (dopo di che giudici e pubblica opinione potranno con maggior sicurezza tirare le fila di una tela così intricata) giriamo rapidamente il film delle testi- monianze odierne. Lorenzo Novelli e Giulietta'Bocciardi videro r0|mo mettere u gcuH a„a sua bottega| ni minuti prima del dram. ma. Era l'uomo di Lorando Primo, sempre, marito di una sorella dell'uccisa, dipinge perfetta e il suo altrettanto: i due si vo- ,r . levano bene «anche troppo», .. . . , . Egli era già proprietario del = & _,_%._„ „; e negozio in piazza Marconi 6. Fu lui che lo munì del campa-1 ne,1°' " cui suono era collegato alla Porta d ingresso, fu lui a Protefgelsl dal ? eventuali E^^SES&^Tn^ "ialite un interruttore. Dopo, egli si recò all'ospe- s VÌ8tò l'Olmo che stava!„„„.'„„„„ , commedia della Lrecitando la^ commedia aeniStPiSt- ^,^?2*f^. ^1 " ^L^T/H J^«nd«*e";»<J "«^fantasma) domando notizie e ed anche Da- L^tto, pregandolo di dir loroli P. M. gli domandase, dal carcere, l'Olmo gli scris-se lettere e quale era il loro Hi « Ul domani ». «ui non aprire il negozio l'in contenuto in caso positivo. si egli ne scrisse. Diceva che « c'erano dei misteri ». Conosceva il Dametto come un ottimo lavoratore, ma facile a «intemperanze verbali». Pio chiava spesso sua moglie e non le faceva mistero, I] dottor Gennaro Forcella parla del come vide l'Olmo al- l'ospedale di Alessandria: gli sembrava che «stesse per an dare all'altro mondo da un momento all'altro ». Notò unghia ture? No. Il presidente vorreb be particolari sull'ecchimosi ai la mano sinistra dell'Olmo: aveva essa una rottura, ossiasi notavano «soluzioni di continuità» sulla pelle? Il dottore risponde di no. Un altro medi co ha invece risposto di sì. Pa reri di medici. E il presidente alza gli occhi al cielo con aria rassegnata, Domenico Sofia fu colui che il 2 febbraio alle 18 andò aprendere la sveglia nel negozio dell'Olmo per portarla dall'orologiaio e la riportò indietro poco dopo, con la diagnosi di « incurabile ». Non ricorda di aver udito il campanello suonare alla porta d'ingresso. Ri 1 corda di aver visto quella tori ma di scarpe in ferro, dove poi ,fu trovato sangue raggrumato, ì insieme con capelli del Damet to, ma non sa precisare dove si | trovasse. Egli frequentava i coniugi Dametto e dipinge lui j come piuttosto « musone ». Non andava molto d'accordo consua moglie e la investiva spesso con < male parole >. Presidente — Per esempio? Ce ne dica una. E _ diffìcile levargliela di boc- ca x, teste s, guarda intorno come in cerca di aiuto e ripete; c Ma)e parole| male paroie>. Innne un esempi0| viene pure all'aperto. E'il concetto «sgual- drina» quando comincia per n. Sette Q otto iorni ima de)massacro, il Dametto sembrava più « musone : J;! solito. Il Sofia' gliene domandò la ragione ed egli rispose: «Non posso dirtelo >. Botte senza ragione Remo Lorando, nipote dei coniugi Olmo, ricorda gli zii '«come diversi dal solito > ne gli ultimi giorni, specialmente , lo zio. perchè «una volta pro- poneva sempre gite > e alloraniente (ma si era in inverno) inoltre, mentre prima prendeva sempre « a braccio > la zia, poi no. Anche la zia sembravalcupa e aveva gli occhi cerchiati jun giorno | Costantina di nero Attilio Olmo, fratello dell'im-fftaVrlmf' ^U«rCrl0' SC°P,PÌa? Ì \ , • P t 1BC,e avvaleJr-si della legge che gli concededi non deporre. Passando ac-canto al fratello, lo saluta conuno sguardo accorato. Flora Masuello racconta chea Belveglio d'Asti la chiamò a casa sua con una scusa e le disse:spar" fa portare le corna con la DÌ- metto. Era presente anche la Dametto e l'invitata cercò di scolparsi alla meglio. La chiac- «Tu sei andata in giro a gere la voce che mio marito mi chiera era venuta fuori da una bambina che aveva viBto la Dametto e l'Olmo uscire da una stessa stanza, ma non era il caso d'insisterci sù. Chiacchiere, niont'altro. Ma chiacchiere pesanti, e un giorno la Dametto disse alla teste: «Mio marito mi picchia per le chiacchiere che c'è in giro, ma guai se ci credesse... Mi ucciderebbe >. Versione questa, che trova conferma in una dichiarazione fatta dal Dametto stesso alla teste: «Delle volte mi arrabbio — egli disse — e la picchio senperchè guai se ci Z» ragione fosse una ragione». Infine an 'che il poeta Arrigo Heine piechiava senza ragione la sua buona moglie Matilde, sia pure limitatamente ad ogni lunedi: eppure, egli non soltanto sapeva che le donne non si picchiano mai nemmeno con un fiore, ma conosceva anche il proverbio che dice: «A picchiare le ! donne è come battere sopra un sacro di farina. Va via il buono e rei;ta 11 cattivo ». ] Norma Palladini, nipote del Dametto da parte di madre, ldipinge la famiglia degli zii coime quella di gente che «si voleva bene». Soltanto che la zia si lamentava perchè lui la pic|chiava e lo zio si lamentava! lperchè la moglie t non tenevai|r„„,n „„„,„ ,„ ,„M, <,T,»nrt»J atmodtnrzfsttanto pulita la casa», spende , va troppo ed era un po' pette-1gola. Udremo press'a poco le (stesse cose dalla sorella della Dametto, Bernarda Calomino.|L'uomo era «tirato» nei soldi.! la donna era ambiziosa e le pia-1 così barbaramente. Al botteghino del Lotto num. ceva vestir bene. In più l'uomo aveva troppo spesso i suoi «cinque minuti di nervi» e allora eran botte. Termina cosi l'udienza, protrattasi dalle 8 e mezzo alle 14. L'Olmo, tra i cui capelli comincia a serpeggiare qualche ombra di bianco come spuntata d'improvviso, l'ha seguita disattentamente, curvo con la schiena e a capo basso. Ha giocherellato per un po' con un pezzettino di carta, fino a che, a forza di rotolarlo e srotolarlo si è consumato tutto, poi ha continuato lo stesso moto nervoso con le punte delle dita. Durante un intervallo, ha potuto fumare una sigaretta, che succhiava però avidamente con l'aria di uno scolaretto che lo faccia di contrabbando sotto il banco. Al suo avvocato Bolgeo che, finita l'udienza, gli ha detto: «Stia tranquillo», ha risposto: «Stia tranquillo anche lei, mi sorvegliano bene ». Il pubblico sempre più accalcato nel poco spazio, segue il dibattimento con curiosità crescente. Non odia l'assassino. Gli ripugna pensare che si possa diventare « turpissimi » da un momento all'altro ed è ansioso di conoscere perchè mai un uomo buono ha ucciso, e 121, vicinissimo alla casa del delitto, ai soliti numeri 2 (il giorno), 72 (il fatto di sangue), 90 (paura), si è aggiunto il 17 (mistero), Antonio Antonucci * //•> Matilde Dametto, nella abitazione Alessandria

Luoghi citati: Alessandria, Belveglio D'asti