Ribadito il «no» per il Tour nei colloqui di ieri a Roma di Vittorio Varale

Ribadito il «no» per il Tour nei colloqui di ieri a Roma Ribadito il «no» per il Tour nei colloqui di ieri a Roma Preceduto dagli stessi pugni;sul tavolo, espresso negli stes-iai termini burbanzosi, giusti-'Acato dagli stessi motivi di vo-!ler tutelare (?) il minacciato prestigio sportivo dell'Italia, ì'episodio che ieri si è conciti- so a Roma con la conferma dei divieto a una squadra ita-iliana di partecipare aH'immi-jnenie Giro di Francia è nul-il'altro che la copia — neppu-1re riveduta e corretta — d'unifatto avvenuto nelle quasi identiche circostanze quindici anni fa. Anche allora, la stessa U.V.I., in pieno accordo col C.O.NI., decretava l'astensione italiana dal Tour del '39 per « punire » la Francia — attraverso la sua manifestazione più grandiosa e più popolare — di non ricordiamo più quale orrendo e delittuoso attentato commesso o minacciato ai danni del prestigio del nostro Paese. La precisazione dell'epoca cui risale il lontano precedente del « veto > odierno, ci dispensa dai facili e naturali accostamenti che vengono alla mente di chiunque. Troppo mortificante per tutti sarebbe sottolineare il fatto come, almeno nella concezione della funzione dello sport sul piano internazionale, il tempo, e lo storia, siano passati invano — ed oggi i nostri poteri sportivi agiscono come agivano allora. Dopo la decisione ribadita ieri a Roma dal presidente dell'U.V.I. con l'espressa solidarietà del presidente del C.O.N.I.; dopo le informazioni date nei giorni scorsi sulle « vere » ragioni che hanno indotto il signor Rodoni all'improvviso voltafaccia nei confronti degli organizzatori francesi e, soprattutto, dopo il suo inalberamento verso il presidente dell'Union Cycliste Internationale che s'è visto sgarbatamente chiusa in faccia la porta per un estremo tentativo di conciliazione; dopo questi, ed ' altri fatti non meno gravi che per brevità si omettono, non è più il caso, crediamo, di aggravare la situazione con nuove parole di sdegno e di rampogna. Accecato dal suo furore antifrancese, Rodoni così ha deciso, valendosi, come abbiamo già esaurientemente spiegato, della carta favorevole venutagli In mano sotto forma dell'inchiesta pei misfatti accaduti nel corso del recente Giro d'Italia. Rodoni, che dimostra di essere potentissimo anche contro la maggioranza degli sportivi e della stampa non soltanto specializzata, così ha voluto: e così sia Ma chi, a nostro sommesso avviso, assieme al presidente dei ciclisti in tutta questa brutta faccenda ci fa una mediocre figura è nientemeno che il presidente del C.O-N.L, del quale ormai si conosce ufficialmente la completa solidarità con le ragioni (?) che Rodoni ha messo alla base del suo « veto » all'andata degli italiani alle corse all'estero. Con la sua autorità, l'avv. ,Onesti ha dunque ratificato iliprincipio che gli atleti Italia-\ni debbano affrontare le com petizioni oltre frontiera soltanto quando hanno la certezza di vincere. Ogni suo tentativo di giustificarsi o di spiegarsi, è inutile. Carta canta; e la conclusione ch'egli ha vo- luto dare a questo episodio che per lui avrebbe potuto rappresentare una ragionata e logica conseguenza della let tera indirizzata qualche giorno fa a un quotidiano della Ca pitale, vale soltanto per l'ar bitrio che avalla, e che sottoscrive. Carta canta: e gli atleti, ciclisti o non, se lo tengano per detto: ormai non si va a gareggiare oltre i confini, se non si è sicuri di vincere. L'impossibilità ormai di riparare al colpo di testa voluto da Rodoni per completare l'annosa sua collana di « gaffes> e di prepotenze onde piena la « storia » del suo governo ciclistico, non può tuttavia esimere gli spiriti liberi e indipendenti dall'esprimere ancora una volta il proprio dissenso da simili atti coercitivi, d'evidente sapore anacronistico come s'è accennato al principio. Passi, che Rodoni, per le sue origini se ne compiaccia, ed appena gliene si offre il destro li faccia propri e li agiti come uno scettro imperiale, ma che il presidente del C.O.N.I. lo segua su questa via, proprio è sorprendente, tanto più, ripetiamo, a sì breve distanza dalla sua pubblica epistola in cui sosteneva che, nelle competizioni sportive, non tanto vincere è imperativo quanto gareggiare cavallerescamente e dignitosamente. Chi glielo ha detto, a lui, che i dieci del Tour non avrebbero agito in questa maniera, così come s'erano comportati in tempi lontani Guerra e Camusso, Martano e Ronconi, anch'essi senza l'investitura ufficiale dell'U.V.I. e senza la presenza di Binda all'impiedi sulla costosa e vistosa « vettura ammiraglia » pagata coi soldi delle società affiliate? Vittorio Varale

Persone citate: Binda, Camusso, Martano, Ronconi

Luoghi citati: Francia, Italia, Roma