Attesa per questa sera la sentenza al processo di Cuneo

Attesa per questa sera la sentenza al processo di Cuneo Attesa per questa sera la sentenza al processo di Cuneo Richiesta di condanne all'ergastolo, con larga riduzione della pena - La vittima, morta per sevizie durante un interrogatorio, "venne arrestata su denuncia di contadini,, (Dal nostro inviato speciale) Cuneo, 9 giugno. Siamo agli sgoccioli del processo Biglione, il contadino di Sampeyre che nel luglio del '44 trovò la morte durante un interrogatorio inteso a cavargli di bocca confessioni di spionaggio e detenzione di armi ai danni della lotta partigiana. Dopo gli ultimi interrogatori si è passati alle arringhe. Comincia l'aw. Bonelli, di Saluzzo, Parte civile in nome di Spagnolo Angela, vedova del Biglione. Egli si rammarica di dover trattare un episodio doloroso che coinvolge partigiani valorosi e benemeriti, ma la sua protetta ha diritto ad una parola di giustizia e ad un gesto di riparazione. Diranno i giudici fino a qua] punto < Ercole >, < Tito >, < Scugnizzo >, c Nuccio > e < Mecco > debbano rispondere della disgrazia di avere avuto come comandante qujll'Eduardos Zapata, detto < Zama >, straniero piovuto dal cielo in paracadute e peggiore di una sciagura meteorica. Ora lo « Zama >, che dal Perù fa sapere di non ricordare nulla dell'episodio Biglione, disse a suo tempo che egli fu ar¬ restato « su denuncia di contadini >: la Parte civile non dubita affatto che questi contadini vadano identificati nelle persone dei due Beltrando Francesco padre e figlio, anche se a rigor di termini essi siano qualche cosa di più di contadini, e cioè commercianti di legname all'ingrosso. Furono essi a denunciare il Biglione per astio antico diventato odio. Dato (ma non concesso) che il Biglione sia stato denunciato anche dalla Lucchino Peyrrachia, sua amante sessantanovenne, si tratterebbe caso mai di un concorso in denuncia, non già d'una piova d'innocenza. Secondo la Parte civile la colpabilità del Beltrando non può essere messa in dubbio, soprattutto per l'accusa specifica rivolta al Beltrando padre dal partigiano c Ercole >, anch'egli imputato, e domanda un risarcimento di danni morali e materiali a favore della vedova nella misura di due milioni di lire. Anche il sostenitore della pubblica accusa, avv. Jachino, alzatosi a parlare subito dopo, non ha nessun dubbio sulla colpabilità del Beltrando pa- dre. Gli sta contro qualche frase imprudente come questa: « Piuttosto che dargli (al Biglione) qualche cosa (ossia duemila lire per una mula da lui venduta) pago diecimila lire per farlo ammazzare >. L'ha detto? Egli lo esclude. Il testimone più autorevole in proposito è morto e un confronto con il Beltrando quando era vivo risultò negativo. Ammessa, comunque, la colpabilità del Beltrando padre, la pena relativa è l'ergastolo. Ma la pubblica accusa gli concede tutte le attenuanti con diminuzione automatica dai 20 ai 24 anni, che fissa in anni 21. C'è poi da considerare la provocazione. Se non è ancora certezza di sentenza che il Beltrando denunciò il Biglione, è indubbio che il Biglione a suo tempo denunciò il Beltrando come detentore abusivo di grano. Concessa la provocazione, la pena è diminuita dì un terzo, ed eccoci a 14 anni, sui quali infine agiranno due condoni per complessivi anni sei: totale da scontare eventualmente anni otto. Sul Beltrando figlio la pubblica accusa sorvola: in realtà, a suo carico è risultato ben poco. Per i sei partigiani la pubblica accusa comincia col non concedere attenuanti di sorta al comandante <Zama>, per il quale richiede l'ergastolo; l'ergastolo è parimenti richiesto per « Ercole > (Renaudo Bernardino), per «Tito> (Cavallero Michele) e « Scugnizzo (Rabbia Modesto), ma con tutte le attenuanti ed 1 vantaggi delle leggi sulla lotta partigiana, per cui la pena effettiva si ridurrebbe a due anni ciascuno. Lo «Zama>, il quale certo non si farà mai più vedere in Italia, godrebbe della riduzione generica ad anni dieci. Per < Nuccio > (Revello Bernardino) e per «Mecco (Gianti Alberto) la pubblica accusa domanda l'assoluzione per insufficienza di prove. A favore dei partigiani in blocco parlano con commosso calore e sapiente dottrina gli avvocati Jemina (Eugenio), Dalmasso e Viglione, pur difendendo ciascuno il proprio protetto, e cioè rispettivamente < Ercole >, « Tito > e « Scugnizzo >. I tre avvocati hanno illustrato la posizione dei loro protetti, richiedendone l'assoluzione con formula piena per innocenza, e in disperata ipotesi per amnistia, affinchè non resti traccia dell'accaduto nel loro casellario giudiziale. Debbono parlare ancora cinque avvocati; un po' di ottimismo aiutando,, si può prevedere la sentenza per domani sera. a. a.

Luoghi citati: Cuneo, Italia, Perù, Saluzzo, Sampeyre