Il campione di Vittorio Varale

Il campione Il campione Ad onta dei decenni trascorsi dall'epoca dei suoi maggiori trionfi, la leggenda del « diavolo rosso > trasvolante di vittoria in vittoria attraverso nembi di polvere era sempreviva, che nessuno dei posteri venuti ad infiammarsi al fuoco della passione sportiva ignorava che Giovanni Gerbi n'era davvero il più significativo nrecursore e suscitatore in Italia. Era l'epoca, agli albori del secolo, che Vincenzo Lancia e Felice Nazzaro al volante delle loro automobili, Giovanni Raicevich nei tornei di lotta, Giosuè Giuppone e Dionigi di Monasterolo a cavalcioni di rombanti e mortiferi motori, Dorando Pietri ed Emilio Lunghi nelle maratone e nei rapidi galoppi sulle brevi distanze, con le loro prodezze anche all'estero e vittoriosi de' più famosi campioni stranieri insegnavano agli adolescenti italiani il gusto della corsa e della competizione, suscitando e mantenendo accesa nei nostri piccoli e tenerissimi cuori una forza viva e - trascinatrice fino allora sconosciuta, o dormente. Ma il campione che sopra tutti con le sue gesta colpì ed infiammò l'immaginazione dei giovani, indubbiamente fu Gerbi. Fosse perchè il favor popolare subito s'era volto verso le corse per quel tanto d'avventura e di mistero che rappresentava il partire su biciclette cigolanti per strade malsicure verso lontani ed incerti traguardi; fosse perchè, di colpo, il ventenne astigiano prese a mietere una vittoria dopo l'ai, tra con continuità che aveva del miracoloso, in breve la sua figura grandeggiò nella nascente vita sportiva italiana. E come sin dalle prime apparizioni sulle strade della sua regione egli preferiva indossare una maglia rossa, altro non ci volle perchè quella divisa che ricordava Garibaldi diventasse un simbolo. Da parte sua, Gerbi, la cui fama cominciava a dilagare attraverso le pur scarne cronache sportive d'allora, teneva fede all'appellativo di « diavolo rosso > subito affibbiatogli dalla semplice fantasia popolare; ed ogni sua corsa, fosse frutto di fortuite circostanze o della sua fiera ed ostinata volontà, portava sempre il segno d'una personalità d'eccezione o una nota drammatica che ne moltiplicava la risonanza. Già imbattibile nelle gare per dilettanti, presto i confini apparvero angusti al giovane astigiano, che con poche lire in tasca, senza conoscere la lìngua nè l'ambiente nè gli avversari, un certo giorno del '904 caricò sul treno la bicicletta e si spinse in Francia per partecipare alla Bordeaux-Parigi. Oh, adesso sono facili, ed anche piacevoli oltreché largamente redditizi per i cosiddetti Assi del pedale, questi viaggi all'estero. Ma allora! Quest'emigrante senza quattrini, sorretto soltanto dalla fortissima volontà e dall'orgoglio in certi momenti addirittura luciferesco, non aveva massaggiatori nè meccanici a sua disposizione, nè l'allettava al lontanissimo traguardo (594 chilometri percorsi da solo, mentre gli altri erano allenati dai tandem) un mucchio di banconote e di contratti per riunioni su pista. Per lui, le corse professionistiche valevano principalmente perchè gli davano la possibilità di prepararsi convenientemente con l'allenamento quotidiano, e per andare a sfidare i campioni stranieri nel loro stesso Paese, tornandone con la testa rotta come dal Giro di Francia dello stesso anno, tornandone con una clavicola spezzata come dal campionato mondiale dietro motori andato, lui novellino della specialità, a disputare sulla pista del Crystal Palace di Londra. Oh, potevano ben Cuniolo e Gaietti, Ganna e Rossignoll e Pavesi mettersi d'accordo per frenare in qualche modo le prepotenti e orgogliose offensive del < diavolo rosso > nelle scarse ma lunghe e difficili competizioni dell'epoca; ma non vi riuscivano, che oltre alla preparazione atletica più intensa ed accurata cui Gerbi si dedicava, dovevano cozzare contro una volontà di vincere ad ogni costo, che non ammetteva ostacoli sul cammino. Come nessuno dei suoi avversari esperto equilibrista sulle orrende strade di quel tempo, egli riconosceva metro per metro 1 percorsi delle gare fino ad individuarne i punti (magari < preparandoli >■ con diavolerie e malizie che oggidì farebbero sorridere) dove avrebbe potuto scattare e iniziare quelle fughe che, sapendosi meno veloce agli arrivi del fiero rivale Cuniolo, soltanto esse potevano condurlo alla vittoria, forte passista com'era, e resistentisslmo alla corsa solitaria. Le fughe di Gerbi, le fughe alla Gerbi! Capitoli uno più Avventuroso e più colorito dell'altro della storia ormai cinquantennale del ciclismo che lo ebbe suo principale protagonista fino allo scoppio della prima guerra. Bastava ch'egli frapponesse venti metri fra sè ed I suoi avversari, perchè i Giri del Piemonte, 1 Giri di Lombardia, le Nazionali 'di 340 chilometri, le Coppe Savona, le Roma-Napoli e ritorno vedessero arrivar vincitore la Maglia rossa con enormi vantaggi sui battuti e tra i frenetici applausi delle folle. Talvolta un incidente sopraggiungeva a interrompere drammaticamente le sue solitarie cavalcate Bulle strade deserte e nel buio della notte: come la volta che giusto attraversando Asti una rovinosa caduta lo lasciò esamine a terra; medicato in una farmacia di corso Alfieri, si divincola dagl'improvvisati Infermieri, risale in bicicletta e con la testa bendata insegue gli avversari che nel frattempo l'avevano sorpassato, uno ad uno li raggiunge e 11 distacca, fino ad arrivar primo a Milano Quando con l'evoluzione delle corse toccò agli stranieri di venir sulle strade italiane, uno solo dei nostri raccolse i suffragi e impersonò le speranze delle moltitudini sportive che andavano formandosi: ed era Gerbi. Non gli riuscì di vincere, o gli riuscì a metà perchè la sua vittoria (per distacco) nel Giro di Lombardia del '907 davanti a Garrlgou, Petit Breton ed altri venne contestata, e poi cassata. Spettò qualche anno dopo a Ganna, ed a Cuniolo, di battere regolarmente gli stranieri, così iniziando quella catena di vittorie che attraverso i decenni avrebbe fatto illustre il ciclismo italiano che ebbe nel c diavolo rosso > dal profilo tagliente e dallo sguardo grifagno, il suo primo e inconfondibile campione. Vittorio Varale