Soprusi, rivolte e delitti nella vicenda del "Rondinella,, di Francesco Rosso

Soprusi, rivolte e delitti nella vicenda del "Rondinella,, Come in mi romanzo tli avventuro marinaresche Soprusi, rivolte e delitti nella vicenda del "Rondinella,, 1 L'equipaggio italiano, tornato a Genova, invoca invano giustizia - Non riesce neppure a ottenere il sussidio di disoccupazione - Complesse questioni internazionali (Dal nostro inviato speciale) Genova, 6 aprile. Guidati dal capo macchinista Giuseppe Martone, gli undici della motonave «Rondinella! sono andati oggi dal giudice Istruttore Scaduto e poi dal prefetto Vicari a raccontare la triste avventura che hanno vissuto nei mari dell'Africa equatoriale. E' un racconto alla Stevenson, con navi rubate 0 quasi, ammutinamenti a bor. do, capitani uccisi e gettati ai pescicani. L'unico superstite è questo povero equipaggio Italiano, partito pieno di speranze e tornato in patria con < foglio di via », senza una lira in tasca. Abbandonati da tatti L'avventura incominciò il 15 maggio 1953, quando la «Rondinella» salpò da La Spezia diretta a Libreville per recuperare tre navi, cariche di carbone e bauxite, affondate durante la guerra: la < Montenegro », la « Bougainville » e la « Pierre Loti » che la società genovese S.A.I.R.N. aveva ottenuto dalla banca Outswiller e C. di Basilea e dalla ditta Somarek di Tolone. I primi guai incominciarono lungo la rotta di avvicinamento, quando la nave non potè rifornirsi nemmeno delle bombole di ossigeno, indispensabili ai sommozzatori che avrebbero dovuto lavorare sott'acqua. Quando giunsero a Libreville, 1 tecnici della «Rondinella» trovarono una situazione imprevedibile: gli scafi delle navi da ricuperare erano squarciati e quanto c'era di meglio a bordo era già stato rubato dagli indigeni che nottetempo avevano fatto la spola tra la costa e 1 relitti. Di fronte a quella situazione, la società armatrice della « Rondinella » resse per qualche mese, poi si rassegnò al fallimento. L'equipaggio, abbandonato a se stesso, non ricevette più una lira di paga fin dall'agosto 1953; la sognata avventura; che avrebbe dovuto dare la ricchezza, si trasformava in un disastro. Lontani da casa, privi di ogni assistenza e difesa, perchè a Libreville non esiste un consolato italiano, i marittimi, temendo di perdere tutto, chiesero il sequestro con-ervatlvo della nave. Si trattava di un capitale valutato circa 60 milioni di lire sul quale avrebbero potuto vantare 1 loro crediti privilegiati. II Tribunale di Libreville accordò il sequestro, e la nave rimase ancorata nella rada della stessa città con tutto l'equipaggio italiano a bordo. Curatore e liquidatore del sequestro fu nominato il notaio Dechampe, il quale con una procedura davvero singolare diede origine alla vertenza clamorosa di diritto marittimo, su cui sarà..chiamato a pronunciarsi il Tribunale internazionale dell'Aja. Bandita un'asta frettolosa, su proposta dello stesso notaio, 11 Tribunale di Libreville concedette il noleggio della « Rondinella» alla società francese « Cabonaise » per 80 mila franchi coloniali al mese, qualcosa come 260 mila lire italiane, mentre 11 nolo di una modesta chiatta priva di congegni di sollevamento si pagava un milione e trecentomila franchi coloniali, cioè quattro milioni di lire, al mese. La società « Cabonaise », come da convenzioni pattuite, avrebbe dovuto tenere a bordo della « Rondinella» l'equipaggio italiano; lo tenne infatti iscritto a ruolo, ma non lo utilizzò. La sera del 28 febbraio scorso gli undici italiani della « Rondinella » furono invitati a scendere dalla nave per andare alla capitaneria di porto a firmare dei registri. I marinai, tutti spezzini e genovesi che sanno fiutare il vento, subodorarono il losco e si recarono dal comandante della polizia di Libreville a esprimergli i loro dubbi. Il capo li guardò male. « Che timore potete avere? •— disse a Giuseppe Martone che fungeva da interprete. — La nave è sotto sequestro, si può dire che è vostra perchè vantate crediti privilegiati, gli stipendi dall'agosto scorso ad oggi. State tranquilli, nessuno oserà frodarvi ». Gli undici marinai non si sentirono rassicurati da quel ragionamento e i loro sospetti ebbero conferma quando nel tentativo di salire a bordo della « Rondinella » furono energicamente sconsigliati di farlo. Rimasero tutta la notte a montare la guardia alla loro nave ancorata nel porto, ma da terra non potevano far nulla contro l'inganno che era stato organizzato di lunga mano. Tragedia a borio Verso le 6 di mattina infatti videro la nave muoversi lentamente e poi prendere il largo. Corsero a dare l'allarme, ma nessuno si mosse. Vi dero la « Rondinella » puntare verso il mare aperto, doppiare la punta del faro, scomparire all'orizzonte. A poppa, come sempre, sventolava la bandie ra italiana. Si assisteva quindi a un fatto inconsueto: una nave che batteva bandiera italiana, che nei registri teneva a ruolo marinai italiani, prendeva il mare con un comandante francese, il capitano Baumel, un capo macchinista francese e un equipaggio di indigeni. Ufficialmente la nave avrebbe dovuto trasportare fusti di benzina, ma anche 6e avesse fatto del contrabbando sarebbero stalr le «i.u'-nrità italiane a risponderne. Dal 1° al 9 marzo la «Rondinella » navigò senza dare no pfPisrsLntbTsdursdGtizie esatte sulla sua rotta; la sera tra il 9 e il 10 marzo, improvvisamente e senza una ben chiara ragione affondò. Che cosa sia accaduto sulla nave in quelle giornate non si sa ancora con chiarezza; quel poco che si conosce fa però impallidire i racconti dei più fantasiosi narratori di avventure marinaresche. Tra il comandante Baumel e il capo macchinista devono essere incominciati subito i dissidi e le rivalità, così almeno risulta dal racconto di alcuni marinai indigeni scampati al naufragio. La ciurma doveva essere alleata al capo macchinista, ma il comandante Baumel era il solo a bordo armato di carabina a ripetizione, una pistola e coltelli. La mattina del 9 marzo, sempre come raccontano i marinai indigeni, il domandante Baumel si sarebbe fatto portare una damigiana di vino da venti litri e l'avrebbe bevuta in un palo d'ore. Non era ancora sazio; infatti avrebbe bevuto altre tre bottiglie di Pernod e un numero imprecisato di fiaschi di vino. Fuor di sè per l'ira e l'alcool, armato di carabina, pistola e persino di coltelli, avrebbe tentato più volte di uccidere il capo macchinista. Mentre a bordo la lotta si scatenava selvaggia fra il comandante e l'equipaggio, cielo mare si allearono per rendere ancora più tragica la scena. Un fortunale violentissimo danneggiò irreparabilmente le tubature della nafta e l congegni di direzione per cui la « Rondinella », priva di carburante e del timone, fu scaraventata dai marosi contro una scogliera e si adagiò alla fine sul bassofondo della spiaggia. Al termine della bufera fu fatto l'appello: mancavano il capo macchinista e il comandante. Il primo fu trovato gravemente ferito, 11 secondo fu ripescato morto in mare con il ventre squarciato da profonde coltellate. Il racconto del marinaio indigeno conclude laconicamente: «Reso pazzo dall'alcool e indebolito dalle ferite (però non dice chi lo abbia ferito) il comandante Baumel cadde in mare e annegò miseramente ». Situazione disperata L'ultima avventura della « Rondinella » era così terminata, ma quella dell'equipaggio italiano rimasto a Libreville era ben lontana dalla conclusione. Le autorità francesi, benché sollecitate, non si mossero. Soltanto nove giorni dopo, il 19 marzo, fu Inviato un commissario per una inchiesta; si limitò a sorvolare con l'aereo il relitto della nave arenata sul bassofondo. ' I marinai italiani, privi di assistenza, telegrafarono al console di Leopoldville nel Congo Belga e lo pregarono di aiutarli.. Il console si precipitò a Libreville, li munì di foglio di via consolare e li imbarcò su un piroscafo diretto a Bordeaux. Dal porto francese i marinai hanno proseguito in treno Ano a Genova, dove hanno preso contatto con il prof. Pinto, curatore del fallimento della società armatrice della « Rondinella » con il magistrato e con il prefetto. La loro situazione è però disperata. La nave su cui vantavano 1 crediti delle loro paghe è andata distrutta e con essa 1 libri di bordo. Ufficialmente essi risultano perciò ancora segnati nel ruoli della « Rondinella » per cui non possono nemmeno percepire l'indennità di disoccupazione. La società, presso cui la « Rondinella » era assicurata, non vuole sborsare un soldo, perchè le iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiIttecmqlqorsrvcuui polizze si riferivano alla nave ferma nel porto di Libreville. Poiché il sinistro è avvenuto in un altro luogo, la somma assicurata non deve essere corrisposta. I soli responsabili del grosso guaio sono 11 magistrato di Libreville che ha concesso il noleggio della nave sequestrata e la società francese « Cabonaise » che l'ha noleggiata. Tanto il magistrato quanto la società dovrebbero essere giudicati dal Tribunale di Genova unico competente per territorio, perchè il fallimento della società armatrice della « Rondinella » è stato dichiarato a Genova. IIMIIIIMIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIMIIIIMIMMMMIIIIIMIt e . o a a a a Si sa però quale destino abbiano le questioni di competenza; durano alcuni anni e poi sarà finalmente chiamato a pronunciarsi il Tribunale internazionale dell'Aja. I marinai della « Rondinella » arriveranno alla vecchiaia, senza aver incassato un centesimo delle paghe che non ricevono più dalla fine dell'agosto dell'anno scorso. Veri fantasmi in | carne ed ossa che continueranno a figurare, come equipaggio, sempre in attività di servizio a bordo della nave che giace su un bassofondo delle coste dell'Africa equatoriale. Francesco Rosso tlllllllllMIIIItllMIIIIIMIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIII | I componenti l'equipaggio del «Rondinella» raccontano le loro peripezie. (Telefoto) IIIIIIIUMIMIII HltlllllllllllllllllllllttllllHIIIIIIIIIIIIIIIIIIItllllllllllllllll

Persone citate: Giuseppe Martone, Pernod, Pierre Loti, Stevenson, Vicari