Quattro vittime della mobntagna nelle prime scalate di primavera

Quattro vittime della mobntagna nelle prime scalate di primavera Quattro vittime della mobntagna nelle prime scalate di primavera Sul Gran Sasso una ragazza trascina nell' abisso lo studente che tenta di salvarla e muoiono abbracciati - Un alpinista sepolto dalla neve - Come è morto lo scalatore solitario del Resegone Roma, 29 marzo. Sono yiunte a Roma nel tardo pomeriggio di oggi le salme di due giovam rimasti ieri vittime di una spaventosa sciagura alpinistica, mentre stavano tentando di scalare il Gran Sasso d'Italia. Le vittime sono una studentessa ed uno studente: Eva Camponcschi, di H anni, abitante in vìa Rasclla, e Giancarlo Guerra, di 25 anni, abitante in via Monte Grappa. La giovane era assai conosciuta a Roma perchè era titolare, insieme alla sorella, di una centralissima edicola di giornali. Bellissima, si era guadagnata alcuni anni fa, il titolo di « miss» nel concorso per la più bella giornalaia. Era iscritta alla facoltà di Magistero e partecipava assiduamente alle numerose gite escursionistiche organizzate dal Club Alpino di Rotna. Giancarlo Guerra, era iscritto invece al terzo anno di le90e. Aveva frequentato an che * corsi di f<}°s°fia- Da «"»" er" T\re JV, afPassl° na[° Jcdele della mo"tapna / due giovani sono stati colti dalla morte mentre tentavano la scalata del Corno Grande, nel gruppo del Gran Sasso. Avevano pernottato, con la comitiva, all'albergo di Campo Imperatore ed avevano iniziato la scalata nelle primissime ore del mattino. Verso le ore 9J0 la comitiva raggiunse il costone nevoso, a quota S000, che si trova ai piedi della vetta. Fu qui che un'ora dopo avvenne la sciagura. La comitiva si era sparpagliata sul nevaio. Ma Eva Camponcschi e Giancarlo Guerra, più abili degli altri, avevano affrontato la parete rocciosa nel punto più affascinante e più irto di pericoli. Improvvi samente la giovane, che prece deva di qualche metro il compagno, mise un piede in fallo e cominciò a scivolare. Il giovane si buttò in suo soccorso: lo si vide fare disperati tentativi per afferrarla e impedirne la caduta, puntando sugli scarponi chiodati. Tutto inutile. I chiodi scivolarono sulla neve gelata e il giovane, vittima del suo altruismo, rotolò anche lui lungo il costone. Allora si vide uno spettacolo orribile: » due, scivolando, si avvicinavano sempre più all'orlo del precipizio: avvinghiati \tra loro compirono un ultimo 11^^17 iZ^T ghiottiti da un burrone profon do quasi mille metri. j Immediatamente si iniziaro |»o i soccorsi. Mentre una partiiiMMnniiiiiiiiiiiniiiiiiiMiiiiiMMiiiiiiiiiiiiiii te della comitiva affrontava la discesa per raggiungere il fondo del precipizio, altri tornavano iti albergo gridando aiuto. Ma nessun aiuto poteva orinai giovare ai due infelici. Con due barelle le salme sono state trasportate ad Asscrgi. Si è aperta una inchiesta che dovrà esattamente stabilire le cause dilla sciagura. La escursione era stata organizzata dal Club Alpino d> Roma e appare quanto mai strano che il capo della comitiva non abbia ordinato agli studenti di formare una cordata e di mettere agli scarponi i ramponi da ghiaccio. Trento, 29 marzo. L'alpinista rag. Adolfo Ranzi, di SO anni, da Trento, travolto ieri sera da una gigantesca valanga mentre con quattro compagni traversava la forcella della cima Paschè, nel gruppo della Marmolada, è stato ritrovato stamane cadavere sotto un enorme cumulo di neve. Quhidici guide alpine han dovuto unire i loro sforzi per estrarre la salma dalla sua tomba. L'hanno subito portata a Trento e deposta nella sede del C.A.I., trasformata i?i camera ardente. Un particolare pietoso: il Ranzi, valoroso e appassionato alpinista, aveva ripreso in filiti sette giorni fa, sulle nevi del vicino Monte Bandone, un'esercitazione dimostrativa delle Squadre di soccorso alpino di Trento. Durante la ripresa, da regista si era . trasformato in interprete, sostenendo la parte di un alpinista rimasto prigioniero di una valanga e salvato poi dai soccorritori. Per un'ironia della sorte la finzione cinematografica si è mutata per lui, sette giorni dopo, in crudele realtà. Lecco, 29 marzo. Dopo una notte e una mattinata dt ricerche, è stata ritrovata poco dopo mezzogiorno la salma di un giovane alpinista, caduto ieri mattina mentre scalava solitario il Rcsegonc. Si tratta del meccanico diciottenne Fortunato Pai- ma, residente a Lecco in via Ghislanzoni. Domenica sera la sua famiglia, irrequieta per noli averlo visto rientrare, avvisò la Squadra di soccorso del C.A.I. di Lecco. Gli alpinisti partirono immediatamen- te, ma le loro ricerche rima-scro infruttuose. Questa mat-tina alla Squadra di soccorso si univano altri volenterosi; ma soltanto dopo una lunga, attenta perlustrazione delle pendici del Resegonc si scorse fra le rocce il cadavere deliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii povero giovane. Doveva esse- re scivolato su un lastrone di ghiaccio prodotto da una slavina. Poiché l'alpinista era figlio del comandante della « Croce Rossa » di Lecco, la salma è stata composta in una camera ardente presso la sede della benefica istituzione.

Persone citate: Adolfo Ranzi, Eva Camponcschi, Giancarlo Guerra, Paschè, Ranzi