L'ingiustizia più sentita

L'ingiustizia più sentita L'ingiustizia più sentita Dopo le rivelazioni della signorina Caglio, del pubblicista Muto e del colonnello Pompei; in attesa di quelle che ci verranno dalle inchieste del sen. Sturzo e del ministro De Caro, aggiungiamo al conto le rivelazioni del prof. Boaga, assessore ai tributi del comune di Roma. Abbiamo saputo che, ufficialmente, il Montagna guadagna meno di 65.000 lire al mese e l'avv. Bernardini, patrocinante in Cassazione e membro della commissione per i sacri palazzi apostolici, meno di 10.000. Il dott. Galeazzi-Lisi, interessato a molteplici attività finanziarie, non arriva a 200 mila. Alfonso Spataro e Piero Piccioni non guadagnano nulla, figurando come conviventi a carico dei rispettivi genitori. Si tratta delle cifre denunciate per l'imposta di famiglia; non ci attendiamo di meglio da quelle denunciate per la complementare. Tra i tanti scandali, veri o presunti, che hanno preso il via dall'< affare Montesi > questo ci sembra l'unico che non lasci adito a dubbi, il solo che si presenta per quello che è, senza che vi si mescoli la speculazione politica. Montagna, Piccioni, Galeazzi-Lisi, beninteso, ne sono soltanto gli occasionali protagonisti. A loro è toccata l'ingrata sorte di essere assunti come < campioni » di un peccato per il quale si potrebbero trovare ben più importanti colpevoli. Ma non per questo il turbamento della gente è minore. Le « rivelazioni > del professore Boaga hanno riportato l'attenzione sulla piaga forse più dolente di tutta la vita pubblica italiana. Ci hanno ricordato ancora una volta che purtroppo, nel nostro paese, non la legge, ma le tasse sono «eguali per tutti ». Nel senso che le uniche imposte che i cittadini siano costretti a pagare sono quelle indirette, sui consumi. Le altre, che il contribuente dovrebbe pagare in misura direttamente (e progressivamente) proporzionale ai suoi redditi, sono quelle che i ceti più ricchi o non pagano o pagano in misura irrisoria. Essi sanno trova¬ re sempre, infatti, la maniera < di intendersi ». E' per questo che nel nostro paese le imposte dirette rappresentano poco più del 20% sul totale delle entrate: un rapporto senza riscontro in tutti gli altri paesi civili. In Francia l'incidenza delle imposte dirette è del 30%, in Inghilterra del 50, in Belgio del 41, negli Stati Uniti dell'80. Su questa strada si è camminato all'indietro poiché nel 1875, al tempo di Quintino Sella, le imposte dirette rappresentavano il 49% delle entrate. Qualche anno fa, chiesero al ministro Vanoni perchè non aveva contemplato nella sua riforma tributaria il giuramento dei contribuenti e pene detentive per gli evasori. Il Ministro rispose che era troppo presto; male abituati com'erano, gli italiani sarebbero andati quasi tutti in carcere e quasi tutti sarebbero stati spergiuri. Se ne sarebbe potuto riparlare tra quattro o cinque anni. Ora questi anni sono passati. Il potere è statò assunto da un governo che ha po¬ sto tra i principali obiettivi quello della moralizzazione tributaria. Al Ministero delle Finanze è andato un socialista che certamente conosce la lezione del più aggiornato socialismo occidentale: nel mondo moderno la « rivoluzione » più efficace — l'unica possibile se si vuole tener fermo ai principii di democrazia e libertà — è quella che si realizza attraverso gli strumenti fiscali. Lo scandalo di questi giorni può costituire un ottimo punto di partenza. E poiché il 31 del mese scade il termine per la nuova rienuncia dei redditi, occorre ricordare anche che soltanto un'azione decisa potrà neutralizzare l'indubbio danno che la lodevole propaga nda per una < onesta denuncia » ha ricevuto dalle ripercussioni dell'» affare ». Del resto questa è anche la migliore maniera per moralizzarne i costumi. Il danaro pagato al fisco sarà tutto danaro in meno per la organizzazione delle partite di caccia a Capocotta. e. f.

Luoghi citati: Belgio, Francia, Inghilterra, Pompei, Roma, Stati Uniti