La pentola del diavolo di Filippo Sacchi

La pentola del diavolo La pentola del diavolo La pentola del diavolo, quando si scoperchia, fa paura. E comprendiamo che anime timorate e dabbene, davanti ai nuovi nomi ed alle nuove responsabilità che ogni giorno vengono a galla, appunto come fa nel colmo del bollore la pentola, che ora porta su i legumi ora il manzo, si domandino con sgomento se non è troppo, se non sarebbe il caso di metter un freno a questa follia scandalistica. Quanti (obiettano) di codesti Catoni sono sinceri? Quanti di essi tuonano, non per amore di verità e di giustizia, ma per fini di personale rivincita o di calcolata demagogia? Ebbene, se ci sono falsi Catoni, Catoni in malafede, avremo tempo di vederlo dopo. Ma per carità, non confondiamo: lasciamo che la pentola del diavolo continui a bollire. Non occorrevano, purtroppo, grandi doni profetici per capire che, prima o dopo, avrebbe buttato via il coperchio. Sono anni che da ogni parte voci sempre più fitte ed allarmate richiamavano la nostra classe politica alla necessità di una azione decisa contro le complicità, i nepotismi, le camarille, quasi sempre grazioso lascito della dittatura, e per •una moralizzazione del costume pubblico. Ci sia amaro discarico ricordare ai lettori che il nostro giornale mai cessò di ribadire questo tema. Perciò pazienza, il male è fatto, adesso non c'è che affrontarne animosamente le conseguenze, utilizzando almeno lo scandalo per procedere con energia all'invocato risanamento. State attenti, ormai l'abbiamo promesso. L'abbiamo promesso e — ciò che è più importante ■—■ ci credono ancora. No, non tutto in questi giorni è rattristante e mortificante in Italia. Se miserando è lo spettacolo di vizio, di lucro e di viltà che offre la Gomorra romana, è bello e per me decisivo lo slancio con cui tutta la parte sana dell'opinione pubblica, rifiutando di riconoscersi in quel mondo decomposto e corrotto, ha reagito per chiedere che sia fatta luce piena e giustizia. Perchè quello che muove il popolo, ancora una volta, è un profondo biso gno, una disperata sete di giustizia: quel bisogno di giustizia che è esploso nei fiorai passati a Roma, in orma così ingenua e così commovente, nelle dimostrazioni popolari ai carabinieri. Perche applaudivano i carabinieri? Perchè, in quell'ina provviso vacillare e sfaldarsi di ogni autorità, erano qualcosa di sicuro a cui attaccarsi, erano una garanzia di coraggio, una speranza di giustizia. Guai se lasciassimo perdere questo momento, se non utilizzassimo l'immensa forza di questo anelito popolare verso un ordine più giusto e più sano. Questo anelito non si sopprime. Se non lo troverà adesso, saprà cercarsi un altro sbocco. E sarà tanto peggio per tutti. Anche perchè, ricordiamocelo, già un'altra volta abbiamo perduto questo momento, e fu dopo la Liberazione. Anche allora l'Italia era uscita dall'occupazione e dalla guerra civile con una luminosa speranza di rinnovamento. E' il grande motivo di tutti i testamenti partigiani : « Il mondo migliorerà, siatene certi, e per questo è stata necessaria la mia vita », « Toccherà a voi rifare questa povera Italia che è così bella », « Muoio per l'idea d'una futura giustizia e libertà del Paese ». Chi non sentì in quell'ora il dovere di farsi migliore, la volontà d'una più fraterna convivenza, la fede in una Italia nuova e diversa? Opportunismo, fatalismo, machiavellismo, qualunquismo morale, tutti i maledetti « ismi » della nostra storia hanno a poco a poco ripreso il sopravvento. Adesso bisogna far rinascere la speranza nella giustizia e nella democrazia. Filippo Sacchi

Luoghi citati: Italia, Roma