L'autopsia non dissipa il dubbio sulla morte del compagno di Pisciotta

L'autopsia non dissipa il dubbio sulla morte del compagno di Pisciotta I MISTERI DELLE PBIGIOUI SICILIANE L'autopsia non dissipa il dubbio sulla morte del compagno di Pisciotta I medici legali hanno cercato invano i segni dell'«angina pedona» e le tracce del veleno - Necessario un supplemento di indagine ■ I parenti del bandito credono all'omicidio - Forse uno scambio di persona (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 5 marzo. «Mio figlio è stato avvelenato » dice la madre di Angelo Russo. €Mio marito e stato avvelenato» dice la moglie. Lo stesso grido che tre settimane fa altre donne lanciarono, quando Gaspare Pisciotta, la mattina del 9 febbraio, cadde contorcendosi negli spasimi mortali. La morte è tornata in questo medesimo carcere dell'Ucciardonc, si è presentata con caratteristiche quasi analoghe. Un detenuto che non aveva mai dato segno di malessere, dopo aver preso mia medicina e bevuto un caffè, come nel caso di Pisciotta, o dopo aver consumato un pasto, come nel caso di Angelo Russo, subisce un violentissimo attacco, in dieci minuti passa dalla vita alla marte. Il veleno è stato ufficialmente accertato quale causa della fine di Pisciotta. Per quella di Russo la prima diagnosi ufficiale è stata di angina di petto. Si vedrà se la versione dei due medici del carcere, fondata sui sintomi del colpito e sull'esame esterno del cadavere, corrisponderti con le risultanze dell'autopsia. « Non so nulla» « E' stato avvelenato Angcgelino mio » diceva questa sera la moglie Giacomina Vitale. E' una donna di k% anni, ma ne dimostra 50; U viso indurito e nascosto sotto lo scialle nero. Di tanto in tanto manda un gemito. Le si stringe accanto una figlia; ne ha sci, tre maschi e tre femmine; la maggiore ha 24 anni, il minore (che non conosce e non conoscerà mai più il padre) ne ha sette. « E' stato avvelenato > ripcte la vedova. < Non ini si chieda come, non mi si chieda da chi, non so nulla, non posso dire nulla. So soltanto che lo hanno avvelenato». A pochi metri da lei, quattro persone frugavano fra le viscere del marito per confermare appun¬ IIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII e e n e. a e, a l r l e n a o e a. a a l i ti a. ee. a ue e i, a e a ca o o hi e el ¬ to, o per negare, con valore scientifico, questa sua affermazione. L'autopsia di Angelo Russo è stata ultimata oggi, dalle n alle SO, dal prof. Del Carpio, titolare della cattedra di medicina legale presso l'Università di Palermo, lo stesso che tre settimane fa eseguì quella di Gaspare Pisciotta. Come allora, è assistito dall'anni omopatologo prof. Guccione, e dai professoH in chimica farmacologica e tossicologia Santi e Agnello. Era presente ii Procuratore della Repubblica dottor Garofalo. Nulla è trapelato, naturalmente, sulle risultanze dell'autopsia. « Ora che l'abbiamo terminata — ha detto questa sera il prof. Del Carpio — ne sappiamo esattamente quanto ne sapevamo prima di iniziarla ». Da questo primo esame infatti non sono emersi nè un avvelenamento conclamato nè una conclamata angina di petto. Questo non vuol dire che entrambe le ipotesi siano da escludere; potenzialmente anzi è possibile tanto un avvelenamento quanto un'angina di petto. Vuol dire che l'autopsia non ha rivelato elementi sufficienti a provare, da questo primo esame, nè l'uno nè l'altra. La diagnosi dei due medici del carcere, i dottori Cappello e Giuffré, che mercoledì 3era, chiamati dal direttore Restivo, ritennero trattarsi di angina di petto, è stata dunque erratat Forse è esatta; comunque è prematura. Non sempre questo male lascia un esplicativo biglietto da visita sul petto di chi uccide. Nel caso di Angelo Russo è chiaro che non lo ha lasciato, se il male non è stato possibile accertarlo, con valore di prova, da quel più approfondito esame che si chiama autopsia. E' un male insidioso; talvolta non avverte prima di presentarsi; talvolta dà avvertimenti blandi, equivoci, che non vengono notati. Lo stesso esame del muscolo cardiaco, e in particolare IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIII e o e i i e o 1 delle arterie coronarie, non sempre rivela la lesione mortale. Questo può essere avvenuto verso la parte interna, e allora all'osservazione visiva nulla viene riscontrato; occorre l'esame microscopico dei tessuti. Altrettanto si dica per i danni provocati da una sostanza tossica. Alcune non lasciano tracce nei tessuti che ne rimangono colpiti. Si tratta di una devastazione intima, senza effetti apparenti. Per stabilire infatti se di veleno si tratta, occorre cercarne parecchi, e trovarne uno; e infine valutarne la dose. L'opinione pubblica Questo è appunto quanto è avvenuto oggi. Nessun elemento decisivo per poter dire, con esattezza scientifica, angina o veleno. Esiste un dubbio. Ma questo dubbio è anzitutto di natura psicologica e prudenziale (vedi il preredente Pisciotta); soprattutto è di natura scientifica. Dubbio non vuol dire sospetto; i:uol dire {mancanza di elementi sicuri. Sulla morte di Angelo Russo esistono appunto dei dubbi. Gli scienziati hanno dunque ritenuto opportuno e necessario procedere a tutti gli esami allo scopo di cancellare dubbi ed eventuali sospetti, e di consegnare al magistrato un risultato certo: si tratta di questo, e di nicnt'altro che questo. Tutti i visceri della vittima sono sfati repertati, come è nella normale procedura; su di essi i vari periti compiranno le loro anaiisi, e alla fine si trarranno le conclusioni. Ci vorrà oltre un mese per conoscerne il risultato. Gli esami infatti si presentano molto più complessi di quelli di Pisciotta. Nel suo caso il cuore rivelò subito che era sano, e il veleno diede un responso esplicito fin dai primi assaggi. Altrettanto forse non accadrà nel caso di Russo; si pensa che la l'erità, qualunque possa essere, sia più sottilmente « insidiosamente occultata. L'opinione pubblica intanto continuerà a pensare ad una sola ipotesi: veleno. Può essere una psicosi, come quella che mercoledì sera s'impadronì di quei sette detenuti che consumai ono il pasto insieme con il Russo; può essere quel sesto senso che la folla possiede. E al veleno pensano, più che gli altri, i parenti della vittima. Essi non riflettono che anche il Russo, per avere 48 anni (e non una trentina, come in un primo tempo si era detto) jiossedeva un organismo in cui l'angina di petto non è un male sbalorditivo tsenza tuttaiHa, ben inteso, esser nell'ordine naturale delle cose). Non riflettono che la sua vita non era stata delle più riposanti. Affermano soltanto, e può esser vero, che egli non aveva mai accusato alcun male. Allo stesso carcere risulta che da quando il Russo vi era detenuto, cioè dall'ottobre del '47, non si era mai lamentato di nulla, non aveva mai chiesto visita. Veleno, dicono dunque i parenti. Ma per errore. Non era Angelo Russo che doveva morire. E' toccato a lui per uno sbaglio, per una fatalità. Questo dicono i parenti: non c'era nessun motivo per uccidere Angelino. Egli non aveva commesso nulla che potesse attirarsi un odio così spietato. (Era stato cassiere della banda Giuliano al tempo dell'Evia; al processo di Viterbo si era preso vent'anni di reclusione per la partecipazione all' eccidio di Portella delle Ginestre, e trenta li aveva avuti l'anno scorso dalla Corte d'Assise di Palermo per sequestri di persone). Altri, in quello stesso camerane che accoglieva Et detenuti, fctdcpdcr fra i quali gli otto che parteciparono al pasto comune, poteva essere oggetto di una vendetta. Si consideri però che mercoledì, di quel gruppo di otto amici, soltanto tre ricevettero il pranzo: Giovanni Pasqua, Pietro Picone e Francesco Romengo (quest'ultimo ne ricevette due). I pasti risultano mandati da parenti. Ammesso che uno di essi contenesse il veleno, è chiaro che l'ignoto avvelenatore abbia finto di essere un parente. Si deve dunque ammettere che la vittima designata dovesse essere o il Pasqua o il Picone o il Romcngo. (Il Procuratore della Repubblica sta facendo appunto accertamenti per stabilire se effettivamente le rispettive famiglie mandarono un pranzo quel giorno). Sorgono però due deduzioni: l'avvelenatore non poteva ignorare l'usanza dei detenuti di dividere fra gli ami ci il pranzo: per ucciderne uno non avrebbe dunque esitato a sopprimerne otto; sembra eccessivo. L'altra deduzione è questa: se uno dei pranzi era avvelenato, ed esso, unito agli altri, fu consumato da tutti, come mai mori il solo Russo t (Gli altri sette infatti non ebbero veri si?ito?nt d'avvelenamento ma di paura; al malessere di Russo cacciarono le dita in gola e rigettarono tutto, e non ebbero a subire altro che gli effetti dello spavento). Angelo Russo, si dice, si avventò sul pasto prima degli altri, ne mangiò più degli altri. Ma anche i sette ne mangiarono. Possibile che uno, per aver ingerito il veleno, rimanga fulminato, e sette se la cavino soltanto con la paura t Domani a Montelepre si svolgeranno i funerali di Angelo Russo. Giuseppe Faraci

Luoghi citati: Montelepre, Palermo, Pisciotta, Viterbo