Francia e Italia di fronte alla CED di Ferdinando Vegas

Francia e Italia di fronte alla CED PER L^IXITA EUROPEA Francia e Italia di fronte alla CED Nello stesso preciso momento, giovedì pomeriggio, in cui la conferenza di Berlino si chiudeva con un « nulla di fatto » sulle questioni della Germania e della sicurezza europea, il Presidente Scclba annunziava a Roma, alle Camere, che « una prima importante tappa » della politica estera del nuovo governo sarà costituita dalla ratifica della C.E.D. (Comunità europea difensiva). Pochi giorni innanzi era stato reso noto a Parigi il voluminoso rapporto di Moch, relatore alla Commissione degli Esteri dell'Assemblea nazionale; un rapporto, preliminare, che pur rappresenta una minuziosa disamina del trattato istitutivo della C.E.D., contenendo tante obiezioni quanti sono gli articoli, più di cento, del trattato stesso. Questa settimana, infine, ha luogo a Bruxelles una riunione speciale dell'Internazionale socialista, dedicata appunto allo studio del problema della C.E.D. Non è un semplice caso che questo problema torni proprio adesso in primo piano. La sorte della C.E.D. appariva, infatti, chiaramente legata alla ripresa del dialogo fra Occidente e Oriente: se un pur modestissimo principio di intesa sulla Germania si fosse abbozzato, essa ne avrebbe ricevuto il colpo di grazia; mentre, in caso di rottura, avrebbe potuto riprendere vita e finalmente avviarsi in porto. Perciò i suoi fautori ed avversari guardavano con pari ed opposto interesse a Berlino, temendo gli uni e sperando gli altri un esito appena positivo della conferenza. Si è avuto invece, com'è noto, un risultato interlocutorio, essendo abilmente i russi riusciti ad offrire quel tanto di speranza nelle future conversazioni che basta per mantenere la situazione ancora sospesa; sicché sembra di essere tornati al punto di partenza. In realtà, però, questo stesso fatto gioca in favore dei sostenitori della CED; i quali se ne sentono confortati ad affermare che, vista ormai l'impossibilità di concordare qualsiasi soluzione con i russi, non resta all'Occidente se non di procedere unilateralmente. Al quale ragionamento, in sè impeccabile, obiettano gli avversari che esso perde di validità, solo che si consideri come la situazione internazionale non sia più la stessa di quando fu concepito il meccanismo della CED e neppure di quando fu stipulato il trattato relativo. Il « piano Pieven », da cui è derivata la CED, fu infatti elaborato alla fine del '50, in pieno clima di aggressione coreana, allorché si aveva ogni ragione di temere soprattutto la minaccia espansionistica del mondo comunista. Il riarmo tedesco poteva ben apparire allora come un'estrema necessità, alla quale doveva rassegnarsi anche il Paese, la Francia, che più di tutti aveva motivo di temerlo. Per conciliare le opposte esigenze, far fronte al pericolo comunista ed impedire nel contempo il risorgere del militarismo tedesco, fu appunto escogita ta la CED : la Germania sarebbe stata riarmata, sì, ma solo nell'ambito di un'entità sovranazionale che avrebbe posseduto i mez zi per imbrigliarne le esube ranti energie. Per la Francia la CED doveva essenzialmente avere quest'ultimo scopo, che si riteneva garantito dalle molteplici clausole cautelative inserite nel trattato. Ma già al momento della firma, il 27 maggio del 1952 a Parigi, molti francesi si erano ricreduti, giungendo alla convinzione che altra era la sicurezza sulla carta, altra invece la possibilità dei fatti. Data da allora quello che la relazione Moch chiama « il dramma della coscienza dei francesi » ; dramma reso più penoso dal concorso di diversi fattori. Innanzi tutto l'amaro confronto tra la rinascita tedesca e la decadenza francese, suffragato dalla constatazione che, di fronte a tale disparità, gli Stati Uniti avevano scelto di puntare sull'antico nemico e non sull'alleato. E poi: la preoccupazione di trovarsi scoperti in Europa mentre la guerra d'Indocina succhia il meglio della Francia ncUnnsslaacstcgstfvelncrlslscpifnFadczppcpcccnbuin uomini e materiali; la gejIosa tutela della sovranità nazionale; il timore per la coesione e la difesa della Unione francese; l'avversione ideologica, di una parte non piccola dei francesi, verso i supposti moventi conservatori dell' europeismo ; la delusione per il mancato appoggio inglese. Tutto ciò spiega più che a sufficienza come la Francia sia oggi divisa in se stessa, all'interno dei partiti, dei sindacati, dell'esercito, della diplomazia, del governo stesso. Democristiani, radicali, indipendenti di destra sono in genere favorevoli alla C.E.D.; divisi i socialisti; contrari gli estremisti di destra, i gollisti, e, di sinistra, i comunisti. Può quindi il governo, costituito da democristiani, radicali, indipendenti e gollisti sostenere la ratifica senza sfasciarsi? E possono le destre moderate associarsi i socialisti senza provocare una crisi per ragioni di politica interna? Questo è il dramma della Francia, di fronte al quale non sono neanche valse la minacce di Foster Dulles di procedere ad un «angoscioso riesame» della politica estera americana. Diversa è la nostra situazione, dato che il blocco dei partiti democratici è coni pattamente favorevole, di contro all'altrettanta compatta opposizione dei social comunisti. Una nostra de cisione, perciò stessa più fa cile, potrebbe quindi aiutare non poco la vicina Repubblica a trovare una via di uscita dal suo dilemma. Ferdinando Vegas

Persone citate: Foster Dulles