Veglia al lume delle torce sui luoghi ove caddero i partigiani

Veglia al lume delle torce sui luoghi ove caddero i partigiani Omegna celebra il decennale della Resistenza Veglia al lume delle torce sui luoghi ove caddero i partigiani Nelle strade della città sono siali esposli i bandi d'allora conlro i patrioti - Le leggendarie (igure di capitan Bellrami e dei suoi compagni uccisi in combattimento a Megolo (Dal nostro inviato speciale) Omegnu, 13 febbraio. Dieci anni sembrano cancellati di colpo nella storia di Omegna; sembra di essere tornati indietro all'atmosfera cupa, disperata del febbraio 1944, In tutte le strade campeggiano i grandi manifesti dei Comandi militari nazisti e fascisti che minacciano morte e strage e vendetta ai partigiani; in tutti i negozi, sono fotografie di Caduti. Omegna, pavesata di tricolore, ha voluto celebrare il decennale della sua Resistenza non con l'inaugurazione di musei o con soli discorsi ufficiali ma ricollocando gli autentici documenti di allora ai loro posti, davanti agli occhi di tutti. L'effetto è impressionante: la gente si affolla nelle vie, si sofferma silenziosa davanti agli elenchi dei nomi, alle fotografie. Una vetrina di negozio, forse la più semplice, espone solo tre fazzoletti partigiani: il rosso, il verde, il blu. I colori delle tre formazioni che operarono nella zona e che dettero ognuna diversi Caduti nella stessa battaglia di dieci anni fa nella quale si vuole oggi sintetizzare e simboleggiare tutta la Resistenza di queste valli: lo scontro di Megolo. Caddero allora sul campo contro tedeschi e fascisti dodici ragazzi: alla memoria di tre di loro — il « verde > Beltrame il « rosso > Citterio, l'c azzurro > Antonio Di Dio — è stata concessa la medaglia di oro al valor militare, e lo stesso riconoscimento sta per essere conferito ad un quarto, il diciottenne Gaspare Paletta, il più giovane fratello dei due parlamentari comunisti. Il Comandante era Filippo Maria Beltrami, una delle fl- gure più belle della Guerra di Liberazione, attorno alla quale s'era formata fin d'allora una aura di leggenda. Nipote del noto architetto milanese Luca Beltrami ed architetto lui stesso, capitano d'artiglieria di complemento, dà inizio alla rivolta nel Cusio nel settembre del '43 con un moschetto e due pistole e qualche decina di uomini. Dal suo quartier generale dell'Alpe di Comasca, i colpi di mano 'si succedono sempre più frequenti, sempre più audaci fino all'irruzione in Omegna, attuata il 30 novembre in collaborazione con Moscatelli, per Impadronirsi di materiale bellico. Da allora, la cronaca delle sue imprese è troppo densa per poter essere riassunta qui. Favorevole alla libera discussione politica tra i suoi uomini, si oppone energicamente a qualsiasi « colorazione » dei suoi reparti che rimarranno sempre autonomi e che si rinforzeranno coll'immissione degli « azzurri > fratelli Di Dio e dei c rosBi > Citterio e Gaspare Paietta. La sua prepotente personalità s'impone a tutti, superando polemiche e faziosità. E' l'uomo che sa studiare ed eseguire freddamente un preciso piano tattico, e che al tempo stesso è capace d'improvvisare il colpo di mano più impensato (a stare insieme qualche ora, come noi oggi, coi suoi compagni di arme c'è da mettere insieme una saga, una chanson de gesteì. Una cosa sola non sapeva fare, una cosa orrenda ma che la guerra spesso impone: uccidere non in combattimento. Se qualche critica gli vien mossa, è quella di non aver saputo eliminare i traditori: ciò — si dice — contribuì forse alla sua fine. Ed è giusto che la gente sia convinta, come in ogni leggenda, che l'eroe abbia potuto esser vinto solo per l'intervento delle spie. Nello scontro di Megolo il Beltrami tiene il campo con una sessantina di uomini davanti a seicento tedeschi e fascisti, davanti a reparti specializzati giunti appositamente da Verona per eliminare una volta per sempre il «capitano» di cui troppo si parla in tutt'Italia. 11 comandante germanico lo fa venire ad Omegna. lo invita alla resa offrendogli ogni possibile condizione e assicurazione Beltrami rispondr dando la sua parola d'onore che aspetterà il nemi co a pie fermo senza sottrarsi con la manovra E cosi fa. dopo aver lascia to in libertà quelli dei suoi che lo desiderano Quattro ore di combattimento eroico, dodici morti: il «capitano» ferito si addossa ad un ippocastano, fronte al nemico finché il sangue non l'abbandona tutto. Un fascista gli si precipita sopra a sfregiarlo col pugnale ma — è triste dirlo — è il comandante tedesco cap. Simon a fermarlo, a schierare un reparto di soldati, a far rendere gli onori delle armi a Beltrami. ad Antonio Di Dio, a Citterio. a Gaspare Paietta. a tutti gli altri caduti. * Fu forse la prima volta — rileva il Battaglia nella sua Storia della Resistenza — che il tedesco fu costretto a riconoscere il valore, la superiorità morale dei partigiani tanto da restituire le salme alla venerazione della popolazione civile». Per tre giorni, Omegna ricorderà il loro sacrificio e quello di tutti i caduti con una serie di manifestazioni: messe solenni, cortei, discorsi degli avvocati Macchioni. Chiodi. FsgdgasSpdmlsas•t iiiiiriint miiiii iiriiiiini tiiiiiiiiii iiiiiiii Fusi e dol prof. Fornara, consegna di medaglia d'oro al gonfalone della città, pellegrinaggio a Cireggio alla tomba di Bellrami. Adesioni sono giunte da ogni parte d'Italia e anche dall'estero; dall'ambasciatore a Berna, Reale; dai Sindaci di Milano e Torino, prof. Ferrari e avv. Peyron; dalla vedova Battisti e da numerosi parlamentari. Ma forse la scena più commovente resterà quella di stasera quando squadre di ex-partigiani hanno acceso in riva al lago le torce e son messe a portarle in alto tra i monti, accanto ai cippi che ricordano dove i loro compagni caddero, a vagliare ancora una volta come nelle notti di dieci anni fa, vicini come allora al « capitano » prudente e temerario « che non sapeva uccidere » e che insegnò a morire. Giovanni Gìovannini Il capitano Filippa Beltrami