Il P. M. chiede per l'impresario Carosso la condanna a 12 anni e mezzo di carcere

Il P. M. chiede per l'impresario Carosso la condanna a 12 anni e mezzo di carcere La truffa della "Città Giardino „ verso l'epilogo giudiziario Il P. M. chiede per l'impresario Carosso la condanna a 12 anni e mezzo di carcere ?ene da 7 anni e 4 mesi a 10 mesi di reclusione per altri imputati 11 processo contro Vittorio Carosso e 1 suoi complici sta ormai avviandosi alla conclusione. Ieri mattina il Tribunale — dopo una pausa di alcuni giorni — si e nuovamente riunito ed il Presidente, dott. Bruno, ha dato la parola al Pubblico Ministero, dott. Giustiniani, il quale ha parlalo per circa tre ore. Il magistrato, dopo aver presentato un quadro sintetico della complessa vicenda della i Città Giardino », si e soffermato a delincar»* minuziosamente le singole responsabilità degli imputati. La figura che ha richiesto maggior tempo per essere illustrata al Collegio dei giudici è stata, naturalmente, quella di Vittorio Carosso. Il principale imputato. Il rappresentante della pubblica accusa al fine di dimostrare che l'impresario latitante agi secondo un piano doloso preordinato si 6 rifatto alle origini dell'iniziativa della « Cit- iiliiliiMiin llllllllllllllllllllllllllllllllllllia tà Giardino », origini che risalgono al 1948. In quell'epoca il Cnrosso era reduce da un dissosto che a malapena aveva potuto arginare vendendo tutte le sue proprietà. Era tuttavia ancora debitore verso alcune persone. Ciononostante, con un capitalo irrisorio di 50 mila lire, ebbe l'audacia di lanciare l'idea di una «Città Giardino ». « Io non so — ha detto il P. M. — se con questa cifra, come ha asserito l'imputato Vitale, sia possibile costruire una città; non voglio affrontare e discutere questo problema: posso però affermare che un'impresa può riuscire purché non si rubi e non si trulli. Ed invece — ha proseguito il P. M. — Carosso rubò e truffò. Dei 200 milioni incassati dai sottoscrittori, allcttati da una clamorosa pubblicità (cifra in seguito salita a 300 milioni), l'impresario ne consumò 45 per " spese generali ". Questa somma 6 assolutamente sproporzionata; dove è finita? Non lo sappiamo — ha detto l'oratore — e non ne troviamo giustificazione alcuna nel libri contabili. Altri 45 milioni vennero profusi in seguito e neppure di questi si potò conoscere la destinazione ». Quanto alla accusa di truffa è sufficiente ricordare le decine e decine di testimonianze — non poche drammatiche e commoventi — rese dalle vittime dell'Ingordigia dell'imputato, per dimostrarne la fondatezza. Il Carosso — ha proseguito il magi Istrato — magnificò egli stesso o per mezzo del suoi luogotenenti la sua posizione finanziaria quella della S.T.E.C.G., quando già egli e la Società erano in pieno dissesto. Anzi, proprio in quel periodo egli stipulò ancora nuovi contratti. Tali reati non possono essere invece imputati a lui e ai quattro suoi diretti collaboratori della C.E.N.S.A. di Roma poiché, sebbene le basi della truffa fossero state gettate, tuttavia l'inganno non venne consumato. Al Carosso il rappresentante della pubblica accusa ha poi contestato due aggravanti: quel- IIIIIIIIIIIIIMIIItllllllllllllllItllllllllllllllllllllllll la del danno rilevante e quella di tempo e luogo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa. A proposito della prima il dott. Giustiniani ha ricordato le testimonianze di chi vendette 1 pochi beni che possedeva e di chi si indebitò, di chi ebbe 1 mobili sequestrati, di chi fu spogliato di tutto, ingannato dal miraggio di una villetta vista soltanto in un modellino di creta 0 disegnata sulla carta. Dopo aver affermato che il Carosso. il Bo e il Vitale non devono beneficiare del condono del 1949 poiché i loro reati continuarono fino alla fine di quell'anno, 11 P. M. ha invitato il Tribunale a non concedere all'impresario fallito alcuna attenuante jioichè nessun atto nel suo passato ne giustifica la concessione: «Il Carosso è un violento — ha affermato — assolutamente privo di scrupoli; venne denunciato tre volte per lesioni, percosse e ingiurie e per tre volte fu prosciolto per remissione di querela. E' un egoista che arrivò al punto di non assumere le proprie responsabilità neppure quando la moglie e I figli correvano dei rischi gravissimi ». Ma Carosso — ha proseguito Il P. M. — non avrebbe potuto effettuare una cosi gigantesca truffa se non nvesse avuto l'appoggio di complici: 11 Bo, il Vitale, il Mainardl, Il Bianchi furono i suol strumenti attivi o passivi che dal procedere criminoso dell'impresario trassero utili. Concludendo, il P. M. ha formulato lo seguenti richieste di pena: 12 anni e 6 mesi di reclusione per Vittorio Carosso; 7 anni e 4 mesi per Alessandro Vitale, 6 anni e 6 mesi per EmiIlo Bo. Per tutti costoro ha richiesto la innhllitnzlone al commercio per 10 anni, l'interdizione perpetua dal pubblici uffici e multe variabili da 100 a 300 mila lire; 3 anni di reclusione per 11 Bianchi, 1 anno per il Mainardl, 1 anno per la moglie del Carosso, 1 anno e 6 mesi per 11 figlio Giuseppe e 10 mesi per la figlia. Prima che il P. M. pronunciasse la sua requisitoria ha parlato brevemente l'avv. Guarinl, rappresentante dell'operaio Nicola, l'unico delle vittime del Carosso costituitasi parte civile. Il processo proseguirà lunedi pomeriggio. La prima arringa sarà pronunciata dall'avv. Romagnoli, difensore del Mainardl, Su « Il problema di Trieste » l'on. Ferruccio Parrì terrà domani sera, alle ore 21,16. in via Bricherasio 8, una conversazione per iniziativa dell'associazione di cultura politica «La Consulta», in unione con l'associazione G. L. Conferenza del P. Agostino Gandolfo S. J. sul tema: « Il dia volo di Giovanni Papini » domani sera alle ore 18 nella chiesa dei SS. Martiri in via Garibaldi. Amici della musica — Domani sera, alle 21,15 al Conservatorio, Concerto del celebre pianista Wilhelm Backhaus. In programma musiche di - Bach, Beethoven e Chopin. La vendita dei posti continua presso le biglietterie teatrali.

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