11 personaggio

11 personaggio Il personaggio Le avventure africane di Ernest Hemingway a quest'ora si sono certamente concluse con una buona bevuta di vino o di birra ghiacciata. Qualche anno fa, durante un incontro, dopo un primo bicchiere di Martini secco ne volle molti altri, proprio come fanno certi personaggi dei suoi romanzi. Però brontolava: « Ho un mucchio di sassi nel fegato e cerco di dimenticarmene. E' una confidenza, ma siamo tra amici ». Aveva poi raccontato di una favolosa e lunga caccia all'orso e aveva terminato in modo distratto con una frase che è tutta sua dicendo: «Come vedete si tratta di una brutta storia. Nè io nè l'orso restammo soddisfatti e ve lo confido perchè siamo tra amici ». Un'altra volta il discorso era caduto sulla sua famiglia. Parlò dei tre figli che vivono a Cuba e soprattutto si dilungò sul primo, che oggi ha trent'anni. Non disse che questo figlio era stato capitano paracadutista e ferito durante una battaglia in Francia, vicino a Montpellier, soltanto gli piaceva che adesso fosse un fabbricante di ami e di canne da pesca. Socchiudeva gli occhi e diceva: « E' molto difficile fabbricare buone canne che siano leggere e resistenti. Ala lui ci riesce. Ha trovato un legno speciale, non so dove. E' abbastanza sciocco essere orgogliosi di un figlio per simili cose, ma siamo tra amici e lo posso ben dire ». Queste parole da nulla, simili atteggiamenti di pazienza e di bonarietà riflettevano in modo curioso la sua stessa leggenda: una leggenda che vuole Hemingway grosso bevitore, impavido cacciatore ed abile pescatore. In quell'anno egli era venuto in Italia con la quarta moglie, erano anzi in viaggio di nozze e sempre le rivolgeva la parola chiamandola Honey, che vuol dire miele, così come il protagonista di fer chi suona la campana, con altrettanta affettuosità, sempre chiama la sua donna Little liabbit, cioè coniglietto. Bastava mettergli addosso gli occhi per ricordare molti suoi personaggi, quelli che bevono dalla prima al1 ultima pagina di // sole surge ancora e quelli che vanno a caccia dalla prima .ili ultima pagina di Le verdi colline d Ajnca. l. sì poteva avere persino la maligna sensazione che egli si inventasse sempre un poco per coincidere con quella leggenda, che già da molti anni lo accompagna. Hemingway è alto, corpulento, le spalle sono larghe, il ousto e enorme e massiccio, lo stomaco è dilatato ed ancora di più risalta perche egli si stringe la vita con una cintura di cuoio di tipo militaresco. Ha 1 capelli lunghi e grigiastri e grigiastri sono anche i uarfi, tagliati all'americana. Il viso e carnoso, gli occhi sono un poco incavati, ha gli zigomi larghi e sporgenti. Se gli si diceva che era ancor giovane e torte subito prendeva la mano dellintcrlocutorc, se la portava sulla rotula del ginocchio destro e, movendo la gamba, gli taceva sentire un leggero scricchiolio: « Bene — mormorava — sono tutto arrugginito a questo modo. Sono quasi finito. Lo posso dire, no? Siamo tra amici ». Ancora venivano in mente molti suoi personaggi: cc/rae il torero Manuel, che finisce male una corrida e mentre lo mettono sul tavolo operatorio continua a ripetere: «Non ho avuto fortuna, ecco ». Ma subito Hemingway rideva ed allora la memoria andava ad altri personaggi di certi suoi racconti, magari a quei giocatori di calcio « che sono ilari e chiacchieroni come soltanto lo si può essere negli spogliatoi dopo la partita ». Uomini e situazioni di questo secondo tipo meglio riflettono il suo piacere di vivere passando attraverso molte esperienze, da giovane dilettante pugilatore, dilettante torero, poi inviato speciale in mezzo a diverse guerre, in Spagna in Cina in Francia, lui stesso soldato sul no stro fronte durante la prima guer ra mondiale, e poi cacciatore in India ed in Africa e cocciuto pe scatore quando decide di tornare alla sua grande casa di campagna, a San Francisco de Paula che si trova a Cuba. Si può pensare che uscendo da simili sue varie avventure egli si metta sempre a sorridere come per dire: « Anche questa è fatta » D'altronde alla notizia di ieri che nella prima inesattezza lo dava per morto, sembrava proprio che fosse finito come uno dei suoi personaggi, per lo più soldati, toreri, delinquenti, pugilatori, fantini, rivoluzionari, pescatori, giornalisti, cacciatori che sempre pagano di persona le varie loro esperienze di vita I suoi eroi, come scrisse un critico americano, sono tipi « a cui ne capitano di tutti i colori » e si potrebbe dire altrettanto del loro autore. Ma affermando simili cose si può star certi che Hemingway si metterebbe a ridere. Con quella punta di timidezza con cui sem¬ pre risponde quando deve contrastare il parere di chi gli parla, direbbe: «Bene, queste cose lasciamole a chi cerca facili effetti di retorica letteraria ». Perchè anche di fronte alla letteratura Hemingway ama comportarsi con lo stesso anticonformismo con cui si comporta di fronte alla vita. Quel velo d'individualismo essenzialmente anarchico che sorregge l'azione di quasi tutti i suoi personaggi è la più vera e sincera nota del suo carattere. Durante la guerra lo decorarono ed egli si presentò in calzoncini corti e camicia a non so più che generale per prendersi la medaglia. Una volta gli domandarono un parere sull'esistenzialismo ed egli rispose: «Conosco molto bene Sartre, però mi guardo dal chiedergli che cosa rappresenti la sua filosofia In queste cose non ci capisco nulla e poi mi annoio ». Quando seppe che anch'io scrivevo, mi disse: «Le dò un consiglio, non stia con i letterati e legga soltanto la Bibbia. Io ci ho sempre trovato lo spunto per i titoli dei mici romanzi Come lei sa i Cito li devono essere poetici, ma non troppo e facili a ricordarsi ». Pa reva confidare una ricetta di cucina per un buon piatto. In tutte queste cose, dove sembra esserci buona parte di ostentazione, c'è forse soltanto inge nua insofferenza ed anche involontaria polemica. Infatti nessuno più di lui è stato così assiduo nel formarsi uno stile assimilando le czioni letterarie di Flaubert e di Stendhal e nessuno più di lui fu attento nell'individuare i motivi poetici nella disperante epoca moderna, inventando perfino un at¬ teggiamento di fronte alla morte, che potrebbe formare la sua piccola filosofia. Quella che fu chiamata « l'estetica della crudeltà » nasce con le sue prime opere ed a poco a poco pervade tutta una generazione di romanzieri. Se la catastrofica notizia di ieri fosse stata vera, la mente dei suoi lettori sarebbe subito corsa alla morte di Harry, protagonista delle Nevi del Kilhnangiaro che «disprezzava quelli che si lasciano abbattere » e che sempre, ma per lui a torto, aveva pensato di « poter reggere a qualunque colpo, perchè niente poteva fargli del male ». Fortunatamente Hemingway non ha avuto la sorte tragica del suo Harry. Si è salvato e la leggenda fa un grande passo avanti. Egli prepara al proprio personaggio nuovi capitoli per una biografia che vedremo lunga, varia, esaltante e nella quale il piacere della libertà si mescola con quello delle imprese eccezionali. Enrico Emaniteli! Lo scrittore americano fotografato tempo fa con 11 nostro redattore Enrico Emanuelli La signora Hemingway fotografata dopo una recente battuta di caccia nella regione del Lago Alberto. (Telefoto) lllllllllllllllllf lllllllMIIMIIIIf IIIIlllllltlllllllllllllIMIIIIIIIIIlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllin

Luoghi citati: Africa, Cina, Cuba, Francia, India, Italia, San Francisco De Paula, Spagna