Sancho Morras di Ugo Buzzolan

Sancho Morras Sancho Morras Questa è la vera storia di Sancho Morras, l'eroe. Io la so con esattezza. Non andate a non riuscirete a sapere nulla. A ••• non vi risponderebbero nemmeno: vedreste soltanto facce imbarazzate, facce ambigue o minacciose. Non è consigliabile chiedere agli abitanti di *** spiegazioni sulla storia di Sancho Morras. Vi mostreranno la piazza principale, il corso, il parco lungo il fiume, il teatro, l'arena, la caserma dei gendarmi, tutto intitolato a Sancho Morras: e vi mostreranno nella piazza principale un grandioso monumento che raffigura Sancho Morras nudo, con un serto d'alloro in testa e il fucile in mano, nell'atto di scagliarsi contro il nemico. Anche un bambino, a ***, sa chi è Sancho Morras. E' l'eroe della città. Aveva poco più dt vent'anni quando scoppiò la guerra. Fu arruolato in fanteria, partecipò alla battaglia di Loyona. Chiedete i particolari della sua morte. Vi diranno: — Mentre più accanita infuriava la mischia e l'esito sembrava a noi sfavorevole, Sancho Morras, fulgido esempio di devozione alla patria, si lanciò, con impeto irresistibile e magnifico sprezzo della vita, verso le trincee avversarie, ingaggiando impari lotta con un intero plotone di mitraglieri. Colpito più volte, seguitò a combattere sino all'esaurimento delle munizioni: infine scomparve, ravvolto dal fumo e dal fuoco, come un dio delle antiche leggende. Sono le parole incise a caratteri d'oro sulla base del monumento, tutti le conoscono a memoria. Quando scendete alla stazione di *** c'è un uomo, vestito di panno verde, con un berretto a visiera su cui sta scritto « Guida », che abborda i turisti: l'uomo li porta a vedere la piccola casa dove ebbe i natali Sancho Morras, poi la scuola dove studiò Sancho Morras, e il tavolo di lavoro di Sancho Morras, quando era impiegato in municipio. La guida vi dirà, levandosi il berretto: — Era pallido e di natura ascetica. Sin d'allora non aveva che un pensiero: sacrificarsi per il bene della patria. I colleghi e gli amici di Sancho Morras assentiranno con viso di circostanza. A ••• tutti sono stati colleghi ed amici di Sancho Morras. Ala nessuno vi racconterà la sua vera storia. Erano passati quattro anni dalla fine della guerra. Il monumento era stato innalzato da un mese. All'inaugurazione era intervenuto il generalissimo Ferrante Ferrcr, capo del governo, con un largo seguito di ministri. Nel suo vibrante discorso il generalissimo Ferrante Ferrer aveva precisato che c'era urgente bisogno di giovani eroi come Sancho Morras, poiché il paese, tra poco, sarebbe nuovamente entrato in guerra. Il sindaco di ***, don Pcdro Alvarez, pensava al discorso, agli elogi del generalissimo, alla cerimonia splendidamente riuscita e si fregava le mani. Ad un tratto la porta dell'ufficio si aprì ed entrò Sancho Morras. Don Pcdro Alvarez si aggrappò ai braccioli della poltrona e sbarrò gli occhi. Spalancò la bocca, ma non emise alcun suono — Buon dì, signor sindaco — disse Sancho Morras — comprendo il vostro stupore, ma sono proprio io. E' stato tutto un equivoco, io non sono mai morto, mi hanno preso prigioniero e solo adesso si sono decisi a lasciarmi in libertà. II sindaco lo guardava e non aveva la forza di parlare. Nell'ufficio erano scivolati pian piano alcuni consiglieri municipali e as sistevano alla scena, annichiliti. Sancho Morras era basso e ton do, con la faccia rosea, un Sancho Morras molto diverso da quello del monumento. — Prima di venir qui — riprc se Sancho Morras — ho fatto un giro per la città. Caro sindaco non vi nascondo la mia terribile confusione. Vi ringrazio per il monumento e tutto il resto, ma ho il dovere di comunicarvi che siete in errore. Io non sono affatto un eroe, non lo sono mai stato. Detestavo la guerra e ave vo una fifa maledetta appena scn tivo, anche di lontano, tuonare l'artiglieria. Sono capitato nell'inferno della battaglia di Loyona Altro che pensare alla patria e a sacrificarmi per il bene della patria: pensavo a salvare la pelle e a tornar vivo, tutto d'un pezzo, pensavo ai giardini in fiore e alle ragazze dalle braccia nude che mi avrebbero aspettato, di sera, in qualche angolo del mio quartie re. Cosi sono scappato, a testa bassa, con i pugni stretti ai fianchi: credevo di correre verso le nostre retrovie, invece, in quel caos, avevo perso l'orientamento e stavo correndo al galoppo in contro al nemico. Sono caduto a capofitto in una loro trincea, mi hanno afferrato in dicci e trascinato via. Questa è la verità, caro sindaco, e aggiungo che non ho sparato un colpo per la scmpli ce ragione che non avevo più nè giberne nè fucile, smarriti senza dubbio durante la fuga. Ora, don Pedro, abbiate la bontà di perdo narmi del disturbo che ho arrecato a voi e a tutti i concittadi¬ mm ni: e mi permetto di avanzare una domanda, quella cioè di essere riassunto al mio posto di impiegato municipale. Don Pedro si rizzò dalla poltrona. I baffi gli tremavano. I consiglieri erano terrei. Don Pedro disse:. — Sancho Morras, ho una proposta da farvi. Sparite. Che nessuno, all'infuori di noi, sappia del vostro ritorno. Sparite. Vi daremo del denaro. — Come? — esclamò Sancho Morras — da anni sognavo questo ritorno. Non siete contenti di rivedermi? Capisco, avete perduto un eroe. Ma l'eroe era un morto. Io sono vivo. Don Pedro disse ancora: — Sancho Morras, obbeditemi. Sparite. La nostra città non aveva mai avuto un eroe. Il suo eroe siete diventato voi. Non possiamo, non dobbiamo distruggere il mito di Sancho Morras. Che direbbe la nazione? Che direbbe il generalissimo Ferrante Ferrer? Sparite, non fatevi più vedere. — No — rispose l'altro — io resto. - Allora — esclamò freddamente il sindaco — vi accuso di avere insultato la venerata memori- di Sancho Morras. Guardie, arrestatelo! - Aiuto! — gridò Sancho Morras. — Sancho Morras sono io! — Arrestatelo! — gridarono i consiglieri — è un mistificatore! In regime dittatoriale e militarista i processi sono sveltiti e semplificati al massimo: non ci sono testimoni a favore, l'avvocato di difesa è superfluo, all'imputato non è concesso di parlare. Il pubblico ministero osservò che il caso era banale: un furfante, avvalendosi di una vaga rassomiglianza, aveva tentato di spacciarsi per Morras l'eroe. Il pubblico ministero richiese la fucilazione nella schiena. I giudici, tutti generali e colonnelli, approvarono. Sancho Morras, aggrappato alle sbarre della gabbia, urlava: — Perchè fingete di non riconoscermi? Sono io! Sono io! Venne segregato nel carcere di ***. I giornali dedicarono al fatto poche righe. Ma il giorno prima di quello fissato per l'esecuzione, la città di ***, all'alba, fu colpita dal terremoto. Il carcere, antico castello medioevale, crollò in gran parte. Sancho Morras, benché ferito, fuggì. In una settimana raggiunse la frontiera ed espatriò. Ora, sotto falso nome, vive in un paese del nord. S'è sposato e vive tranquillamente con la moglie e due figlioletti. Gli piace mangiar bene, gli piacciono le pantofole e in pantofole starsene al balcone, a guardare le stelle. Questa è la vera storia di Sancho Morras, l'eroe. Non andate a ***, nessuno ve la racconterà. Ugo Buzzolan