Lasciò alle figlie un diario innocente

Lasciò alle figlie un diario innocente niiiiiiiii iiiiMiiiiMiiiiiiitiitiiiiiiiiiiMiiiiMMriiiiiiiiiiiiiiiMitiiiiiit iiiiiiiiiiiMiiiiiiiiMiitiMtiM(tiiiiiiiiiitfiii4iiii(M iii[iiiMiiiiiiiiMMMiiiiiriiiiiiiiriiiiiiiiir mi iiiiriiiiiriiiriiiiiri ìiMiiiiiiiiiiMiitiiiitiirifiiiiiirriiiiMiriiiiiii RICORDI DI BENEDETTO CROCE A PALAZZO FILOMARINO Lasciò alle figlie un diario innocente Nella vecchia casa tutto sembra come prima ma nessuno può sottrarsi al rimpianto ■ Le visite dei vecchi amici • "I grandi spiriti comunicano direttamente con Dio,, - Una lunga vita da patriarca meridionale - Quello che gli dobbiamo (Dal nostro inviato speciale) Napoli, 19 novembre. Il Municipio di Napoli non onora Benedetto Croce un anno dopo la morte. S'era parlato di ribattezzare col nome del filosofo la strada dove sorge la sua casa, si era proposto di erigergli un monumento; adesso l'assemblea tace, biasimevole dimenticanza. Pure vien fatto di chiedersi se paradossalmente, l'amministrazione napoletana non interpreti senza volerlo, nel modo più esatto, la volontà vera di Croce, lui che definì « detestabile ogni mutamento nei nomi delle vie»: la sua strada si chiama da quarant'anni Mariano Semmola, il filosofo la chiamava sempre, alla vecchia maniera, Trinità Maggiore. E come abbozzerebbero una statua di Croce t Vedremmo sul lungomare una stele avveniristica o un deplorevole busto umbertinot Croce credeva nello Spirito, con una ferma e pungente vocazione polemica contro i fasti ufficiali. Le sue opere, come d'un maestro antico, formano il suo monumento; era così disadorno di vanità che non lo . sbigottiva la m.orte. Durissimo impegno Piuttosto lo inteneriva, lo immalinconiva il fluire del tempo: è il suo pathos. La sua casa, nel Palazzo Filomarino dove Gianbattista Vico fu precettore a un principe giovinetto, le era sacra: <E' dolce sentirsi chiusi nel grembo delle fabbriche vetuste, vigilati e tutelati dai loro sembianti familiari ». Siamo nel cuore di Napoli, così regale e plebeo: il cielo è terso e gelido, il tetto a embrici del Palazzo Filomarino « coperto di fiori e di erbe », proprio come quando Croce si commosse nel descriverlo. Il filosofo non muore, sentenziò Marc'Aurelio, ma Palazzo Filomarino è popolato di ricordi, misura ì struggente per chi rimane. ' La moglie, le figlie vivono nella grande casa, dove nessun aspetto sembra diverso da prima: i quadri di Dalbono, che Croce amava, pendono dalle pareti scure. La scrivania della stanza di studio, attigua alla camera da letto, è ancora com'era, con un fermacarte di bronzo posato sui manoscritti: chi conobbe Croce nota solo la mancanza dell'odor di tabacco, il suo tabacco di Macedonia. Resta molto lavoro (di sistemazione, di classificazione, di ordinamento) in margine a un'opera monumentale. Alda, che fu tra le figlie la più vicina alle fatiche del padre, prepara una cronologia dei libri di Croce e attende alla riedizione completa dei volumi, durissimo impegno per chi sappia quale tormento costituiscano gli errori di stampa, e, peggio, le « pseudo-verità » tipografiche: « Quandi) c'era papà, tutto sembrava così facile: aveva una memoria di ferro». C'è il problema dell'epistolario. Croce scrisse migliaia di lettere a centinaia di corrispondenti, senza mai conservarne copia. Quante lettere sarà possibile rintracciareT Quanti corrispondenti di Croce, celebri o ignoti, sono morti nei sessant'anni del suo fiorire f Le figlie, richiamandosi a una norma di legge, hanno diffidato gli estranei a pubblicare brani di corrispondenza crociana, e invitato chiunque possegga lettere del padre a mettersi in rapporto con la famiglia perchè si possa giungere a 'un corpus organico: i sollecitati sono lenti a rispondere; anche questo è un compito difficile, per le figlie di Croce, e che le figlie di Croce benedicono: è il <lavoro ». Rimane di lui, ad esse, la eredità del lavoro, e, come dono intimo, restano i suoi « taccuini », quelli che alcuni immaginano un diario sconcertante, una messe di memorie di cui favoleggiano che la pubblicazione potrà sopraggiungere solo fra venti o cinquantanni. Invece sono solamente un'elencazione di date, di letture, di richiami filologici, quattro volte vi figura una nota scarna (quattro volte, quante sono le figlie), come questa: < Oggi riveduta una glossa su Hegel. Mi è nata la primogenita, Eletta ». Poco prima di morire, Croce, che scriveva di solito sui rovesci dei fogli da bozze, ricopiò su carta vergata, diligentemente, sforzandosi di usare una grafia leggib,le, i suoi « Taccuini »; li fece rilegare in pergamena; li regalò alle figlie. (Per questo lo sguardo delle figlie, oggi, mentre parlavamo di quegli appunti aridi, sembrava velarsi: a buon diritto sotto gelose di un diario innocente). L'anima del Sud Questa operosa mestizia, questa pietà presidiano il mondo del filosofo, U cerchio dei suoi affari terreni. I vecchi amici, che erano di casa, salgono ancora a Palazzo Filomarino, e conversano con le figlie, si intrattengono con la vedova: < Cercano precisamente di comportarsi come se papà fosse vivo », diceua stasera Eletta. Ma in qual modo saprebbero sottrarsi, anch'essi, alla dilaniante fu- ga dei giorni, al rimpianto? Fausto Nicolini, eminentissimo studioso di Gianbattista Vico, prepara una nuova e ampia biografia crociana: Croce era. tutto per lui; Fausto Nicolini si fa forza, un sorriso rapido illumina il suo volto amaro. Ha settantacinque anni, è un uomo spento. E Riccardo Ricciardi, l'editore fedele; Gino Dono, il più sensibile fra gli storiografi di Napoli; don Cilento, il sacerdote che rispose non senza coraggio a chi gli domandava se Croce si fosse comunicato in punto di morte: </ grandi spiriti comunicano direttamente con Dio »; in tutti costoro qualcosa si è spento. A guardare verso il domani ci sono i giovani dell'Istituto Storico, ospiti della Biblioteca di Croce, che annovera ottantamila volumi e ■occupa dodici sale del palazzo. Vengono dalle più lontane città d'Italia, dalla Francia, dalla Svizzera; sono appena laureati, militano in un clima di cultura entusiasta, hanno professori illustri (Chabod, Pugliese, Parente), inestimabili strumenti di lavoro. Ciascuno di essi si dedica ad approfondire un argomento specifico: L'Istituto, cosi come si occupa del loro mantenimento a Napoli attraverso le -sue borse di studio, pubblicherà i saggi aillllllllilllllllllllllll IMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII più meritevoli: i cinque comparsi dal '47, da quando Benedetto Croce fondò e accolse l'Istituto, si accampano già fra le opere storiche più significative degli ultimi anni. E anche questa è una vittoria di Croce. ■ Le altre vittorie di Croce, le conosciamo tutti. Ci ha insegnato a pensare, a < spiegarci », a comprendere che nessuna fede è valida se non affonda le sue radici nella libertà. Gli dobbiamo molto; il primo anniversario della sua scomparsa dovrebbe servire a ricordarci che Croce non fu mai così vivo: i giovani dell'Istituto Storico hanno ragione. Non avremmo, forse, neppure il diritto di riferìci alla nostalgia delle figlie o dei vecchi amici superstiti, se non ci rammentassimo di quello che scrisse, in Francia, un suo coiiimemorutorc: * Peccato che non fosse umano*. Era umano. Viveva da patriarca meridionale, re della sua casa, nel chiuso dilla città, che riassumi-, gli splendori e le miserie del Sud. Quello che di più fervido può darci l'anima del' Sud — chiarezza e rigore —■ Croce ce l'ha trasmesso, genialmente, con un messaggio non caduco: non potevano non essere una chiarezza e un rigore sofferti. Carlo Laurenzi