Discussione nella d.c. sulla politica estera

Discussione nella d.c. sulla politica estera DOPO IL DISCORSO DELL'ON. FELLA ALLA CAMERA Discussione nella d.c. sulla politica estera Gronchi e Piccioni chiedono che si diano direttive chiare al governo sul problema di Trieste - De Gasperi si oppone - Due votazioni negative per l'ex-Presidente - Oggi si riunisce il Consiglio dei Ministri Roma, 19 novembre. L'impegno del riserbo e della prudente evasività cui i protagonisti si sono attenuti nel corso del recente dibattito sulla questione triestina viene mantenuto dal Governo che raccomanda, attraverso i suoi portavoce, di non aspettarsi nuove indicazioni dal Consiglio del Ministri, convocato per domani: l'azione diplomatica per la preparazione della ventilata conferenza a cinque è ancora in corso, forse è più laboriosa di quanto si potesse credere e, comunque, va circondata con il riserbo d'obbligo in questi casi. Lo stesso impegno non si è potuto reggere invece nel grup. po parlamentare di maggioranza, dove stamane, contro il parere dello stesso De Gasperi, che nella votazione indetta sull'argomento è restato socllllllllllltlllllllllillllllllllllltllllllllllllliuilllllc4toCsnchnndnt combente con 28 voti contro 45, si è affrontato apertamente il tema che era restato in ombra durante il dibattito. Cioè quale politica convenga suggerire al Governo nella nuova fase che, dopo le vicende delle settimane scorse, ha preso la questione triestina. I deputati democristiani erano stati convocati per esaminare la risoluzione approvata dalla Direzione, una settimana fa: una lunga risoluzione dove, insieme ad un « mandato elastico » all'on. Pella « per la soluzione definitiva e totale della questione del T.L.T. », erano contenute varie prese di posizione in ordine ai maggiori problemi della politica interna. Anche De Gasperi, illustrando la risoluzione nella sua qualità di Segretario del partito, si atteneva a questo criterio preoccupandosi, a quel che se ne sa, di insistere più sulle questioni interne (e particolarmente sui problemi dei rapporti con i Sindacati e con l'Azione Cattolica che travagliano profondamente, anche in questo momento, la D. C.) che su quelle di politica estera. Per queste — diceva, in sostanza, De Gasperi — non ritengo vi sia molto da aggiungere dopo la esauriente dichiarazione resa ieri alla Camera dal Presidente del Consiglio. Il Governo può contare sull'appoggio compatto del partito e dei gruppi ed essere sicuro che essi lo sosterranno lungo lutto il corso di sviluppo della sua iniziativa. Ora è aperta una delicata azione diplomatica ed occorre assicurargli quella libertà di movimenti che necessariamente comporta ogni negoziato internazionale. Così impostata la discussione, si poteva ritenere che gli oratori i quali vi sarebbero intervenuti avrebbero accolto l'implicito invito e non avrebbero insistito, per riaprire tra loro quel dibattito che appena ieri sera si era concluso alla Camera. E Pella, che aveva partecipato alla prima parte della riunione, difatti se ne allontanava convinto che non avrebbe avuto altro da apprendervi per la questione che in questi giorni gli sta maggiormente a cuore. A questo punto, invece, si sollevava il punto di principio cui s'è accennato. Gronchi, aiutato subito dopo da Piccioni che si mostrava dello stesso avviso, faceva presente che discutere la relazione di De Gasperi nel suo complesso avrebbe significato sottoscrivere il suggerimento di silenzio sulla politica estera che essa esprimeva. Occorreva, invece, distinguere bene nelle sue parti e discutere partitamente: prima la politica estera, poi quella interna, poi ancora i problemi organizzativi del partito. Invano Sceiba, Andreotti e lo stesso De Gasperi contestavano questa tesi procedurale. La gran maggioranza dei presenti era dell'avviso di Gronchi e Piccioni, come dimostrava poco più tardi la votazione che era stato necessario indire sul quesito. Si cominciava perciò a discutere sulla politica estera imperniando la discussione, come è evi dente, sul modo come il governo ha impostato la crisi triestina, sul come ne ha condotto le varie fasi e sulle prospettive che si aprono per la sua solu¬ zddtasnictimmdmsecipmdagtzs' zione. Si discuteva fino alle 're del pomeriggio, quando veniva deciso, anche questa volta contro l'opinione dei dirigenti, che avreLbero voluto riprenderla in serata, di rinviare la discussione a domattina. (Per stasera, infatti, Piccioni ed i suoi amici avevano già deciso di incontrarsi per uno scambio di Idee in una sala da conferenze romana). La ricostruzione dell'andamento del dibattito e delle indicazioni che sino a questo momento vi sono emerse, non si può riferire con la massima esattezza poiché se ne hanno, com'è consuetudine, solo delle indiscrezioni. E' da credere, però, che si siano definite almeno due tesi generali: quella di coloro che non sarebbero alieni dal tornare ad un « congelamento » della questione triestina ove lo sviluppo dell'azione diplomatica si dimostrasse troppo rischioso, e che confidano nella possibilità di riprenderne le fila con migliori prospettive non appena si sarà chiarita la situazione dell'intiero scacchiere europeo (ivi compresa la sorte della C.E.D., Comunità difensiva) cttcnolrpncnatsce quella di| coloro i quali ritengono che il tempo lavori a nostro svantaggio e che sia indispensabile continuare a tenere la questione in primo piano, dedicare ogni sforzo alla sua rapida soluzione e cogliere, se necessario, l'occasione per un più ampio ripensamento di tutta la nostra politica estera. Non è detto, naturalmente, che domani, con la conclusione del dibattito, si possano avere indicazioni precise su tutto ciò. Ma è importante, ci sembra, che di questo si sia cominciato a discutere, e. f.

Luoghi citati: Roma, Trieste