Inquietudine francese di Ferdinando Vegas

Inquietudine francese IL RIARMO TEDESCO Inquietudine francese Dalla tribuna di Palazzo Borbone gli oratori, dalle colonne dei giornali i commentatori: tutta la Francia è impegnata in questi giorni nel drammatico dibattito intorno alla direttiva fondamentale della propria politica estera. Noto è il tema : l'opportunità di proseguire oppure no nell'attuale politica d'integrazione europea; e noto è pure il motivo che ha sollecitato proprio adesso la discussione: la necessità che i rappresentanti francesi al prossimo convegno europeo dei Sei all'Aja, e subito dopo a quello dei Tre Grandi alle Bermude, si facciano portatori di una meditata volontà nazionale. Poco importa che il governo Laniel, nell'imminenza dell'elezione del Presidente della Repubblica, viva appena di una esistenza provvisoria e non possa quindi assumere obblighi definiti; il dibattito in corso non riguarda ancora la ratifica della C.E.D., ma vuole solo avere un carattere di orientamento generale, del quale qualsiasi governo dovrà domani tener conto. Era dal febbraio del '52 che il Parlamento francese non abbordava il tema della politica estera; ed è superfluo ricordare quali profondi cambiamenti siano frattanto intervenuti. Ma anche se la rigida atmosfera dell'era staliniana sia un poco mitigata, i dati essenziali del problema rimangono per la Francia sempr» gli stessi; tanto più che il recente definitivo rifiuto sovietico di adire una conferenza a quattro sulla Germania ha tolto per sempre di mano ai fautori del rinvio l'argomento principale, la speranza, cioè, di poter ancora discutere con la Russia. D'altro canto il peso della vittoria di Adenauer comincia a farsi sentire in maniera tale che, anche per questo verso, la Francia è costretta ad uscire dall'immobilismo per affrontare una scelta ormai ineluttabile. Scelta indubbiamente assai difficile, che si configura in un dilemma .per molti irresolubile: o ratificare il trattato della CED, accettando quindi il riarmo tedesco, od assumersi l'onere di un mutamento, di portata incalcolabile, dell'intero sistema politico occidentale. A quest'ultimo estremo sarebbero ben lieti di arrivare i comunisti, i qualiv inutile dirlo, sono fra i più accaniti avversari della CED; ma anche gruppi e partiti di sicuro orientamento occidentale, europeista persino, si sono schierati recisamente contro. Così i sovversivi dell'altra estremità, così i nazionalisti, con i gollisti in prima linea; e con loro parte dei moderati e dei radicali, nonché una cospicua frazione dei socialisti. Personalità quali Herriot, Daladier e De Gaulle stesso, giornali dell'autorità del Monde sono anch'essi nel campo degli avversari. Dall'altro lato stanno invece, oltre al rimanente dei socialisti, dei radicali e dei moderati, i democristiani, che costituiscono il più solido sostegno della politica d'integrazione. Schuman e Bidault fra di essi, Pleven, il leader socialista Mollct e Monnet. attuale presidente della CECA, queste le personalità più in vista che si battono strenuamente per l'approvazione. La Francia è dunque veramente_ quella che gli americani chiamano « una casa divisa in se stessa » ; e nella maniera più crudele, perchè le linee divisorie tagliano nel vivo anche i partiti più solidi, facendo addirittura sorgere, presso i socialisti, minacce di scissione. Si è arrivati persino ad evocare ricordi paurosi, come ha fatto Daladier richiamando i tempi dell'« affare Dreyfus ». I motivi presentati da una opposizione tanto disparata, che si incontra appunto solo su quest'unico terreno ne-; gativo, sono naturalmente i più diversi: alcuni irricevibili, perchè programmatici, sia che guardino verso un ipotetico futuro (comunisti), sia che sognino impossibili ritorni (nazionalisti); altri, invece, degni di attenta considerazione. Tra questi, elencando i principali: gli scrupoli costituzionali per l'inevitabile cessione di parte della sovranità nazionale; le preoccupazioni per la coesione dell'unione fran cese; il desiderio che sia prima sistemata la questuo ne della Sarre; il timore di scavare abissi incolmabili tra i francesi; per i socialisti, in particolare, l'avversione ideologica per una « piccola Europa » ritenuta a tendenza conservatrice. Domina però su tutti, incubo ritornante della Francia, la paura del riarmo tedesco. Vittime di tre invasioni in meno di un secolo, i francesi non intendono cnldnlpsemcdclalrplntronbnpg combattere a fianco dei carnefici di ieri; temono che i loro figli siano domani guidati dai redivivi generali nazisti alla riconquista, per la Germania, dei territori perduti ad est. E, anche scartando simili ipotesi estreme, rimane sempre il motivo di fondo: l'amaro confronto tra rinascita tedesca e decadenza francese, col conseguente timore che la Francia sarebbe ridotta al ruolo di « secondo brillante » in una comunità europea fatalmente votata al predominio tedesco. Rispondono i fautori della CED con altri argomenti non meno validi, i quali tutti convergono nel dimostrare che essa rappresenta oggi, se non l'ottimo, almeno il meglio che sia possibile nella concreta situazione di fatto. Per la Francia, perchè servirebbe ad imbrigliare entro limiti e controlli sovranazionali il riarmo tedesco, che era appunto lo scopo primo dell'originario « piano Pleven ». Per la Germania stessa, perchè la sua realizzazione verrebbe in appoggio agli elementi più moderati, che in caso scontrario mal resisterebbero al risorgere di correnti militariste nazionaliste. Per la pace d'Europa, infine, in quanto concorrerebbe ad equilibrare le forze contrapposte. E se questi argomenti non bastassero, i sostenitori possono sempre chiedere agli avversari: quale alternativa positiva 'proponete allora? Lasciare che la Germania sia riarmata isolatamente dagli Stati Uniti, con accordi diretti tipo quelli stipulati con Franco oppure nell'ambito della NATO? E poi, per parare a questa minaccia, accedere alle lusinghe russe di ridare vigore al trattato franco-russo, del '44? Scartate queste ipotesi, non resta dunque che l'accettazione ; e allora, molto di più di una Francia costretta a subire riluttante, piena di risentimento verso gli altri e di commiserazione verso se stessa, gioverà una Francia che accetti volentieri e coraggiosamente la sua porzione di sacrifìci e la corrispettiva parte, non minore, della leadership europea. Ferdinando Vegas lpnsmrpndmlcidcicppsllltlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllltllllllllll

Persone citate: Adenauer, Daladier, De Gaulle, Dreyfus, Herriot, Monnet, Pleven, Schuman