II "settebello,, e la Secchia rapita

II "settebello,, e la Secchia rapita II "settebello,, e la Secchia rapita Il mio amico Monelli è un bell'originale, come si dice dalle nostre parti, poiché io sono di Bologna e lui di Modena, anzi di Fiorano, come ha cura di specificare, se la memoria non m'inganna: tanto originale, che mi fa un'accusa che mi riesce insolita. Infatti, generalmente passo per conservatore, retrivo, reazionario, lodatore del tempo andato. Monelli invece, per via del « settebello » ferroviario, mi dice demagogo, e che secondo me (e Gorresio) «ogni industria di lusso dovrebbe cessare da noi finché non si sia provveduto ai bisogni dell'ultimo miserabile ». Per quanto riguarda me, gli dirò che sono tanto lontano da simili opinioni e teorie ed esigenze, che non credo affatto che si possano distinguere industrie di lusso da altre non di lusso, e che, secondo me, e immagino secondo il ragionamento economistico, le indù strie e i commerci si distinguono secondo che rendono o non rendono. Monelli assicura che il « settebello » rendeva e più avrebbe reso in futuro; meglio, assicura che procurava, e più avrebbe procurato, introiti da parte di clientela forestiera, ossia costituiva un'attività esportatrice: e allora fu bene ideato, benissimo eseguito, e conviene tenerlo in esercizio, o ripristinarlo, e magari accrescerne il numero e la portata. E' una questione che riguarda l'amministrazione delle ferrovie. Dico di più. Se è vero che « ordinazioni di vetture simili sono in corso, o in progetto » presso officine nostrane, «da parte di enti stranieri », vale la spesa che simili treni sian fatti correre sulle strade ferrate, anche in perdita, a fine dimostrativo e persuasivo, mercantile. Ma la spesa dovrà essere sostenuta, lo sbilancio sanato e rifuso, coi proventi di cotesta vendita, di cotesta attività mercantile. Questo si chiama, se non sbaglio, « il conto della serva » però, tutti i conti sani si riducono o fan capo, In ultimo, al conto della serva, ossia: sostengano le spese quelli a cui fruttano o frutteranno. (Aggiungo questo futuro perchè Monelli non mi accusi di disco noscere la necessità e le fun zioni del credito, Dio mi guar di!). Ma con ciò finiremmo nella polemica del liberismo e del protezionismo, e non caverem mo un ragno da un buco, o anzi ne verrebber fuori tanti, e da tanti buchi, magari del bilancio e della bilancia commerciale, e ragni tanto velenosi e rabbiosi, da rimetterci, Monelli e io, la salute, l'esistenza, e il buon sangue. Domando soltanto a Monelli che mi lasci un po' dubitare, e più d'un poco esilararmi del raro spettacolo, delle sensazioni nuove prodotte dalla campagna e dalle rotaie viste in prospettiva dal « belvedere » del « settebello », e dalla esperienza unica offerta dalla grande galleria appenninica e dalla sua stazione sotterranea di smistamento. Di questa egli dà anzi una raffigurazione addirittura drammatica e patetica molto ben colorita, che mi avrebbe fatto rabbrividire, se una volta il treno su cui viaggiavo non avesse fatta una fermata in quella stazione, abbastanza lunga per considerarla a mio agio. E che sia un luogo da prenderci, a lungo andare, i reumatismi, non lo negherò, ma ritengo che a questo inconveniente venga posto rimedio con opportuni turni di servizio; e d'altronde è comune in tutti 1 lavori sotterranei e all'umido. Che poi gli addetti a quella stazione, « con ottocento metri di roccia sul capo », debbano salire il « cunicolo di un migliaio e mezzo di gradini, quando non ne possono più, a vedere la luce in cima al monte », in quel di Castiglion de' Pepoli, se non m'inganno, è un tratto in cui il patetico raggiunge quasi il tragico; però mi lascia un poco dubbioso, perchè, nella mia ignoranza dei misteri delle gallerie ferroviarie, ritenevo che quando il personale smonta di servizio, se il tratto da percorrere è lungo, usufruisse bonariamente di vetture di servizio, come capita di vederne sui binari Certo, se per prèndere una boccata d'aria devon fare mill'e cinquecento gradini, gii ce ne va di flato e di tempo! E capisco che l'amico Monelli prenda di questi toni e colori da Victor Hugo quando descrive le fogne di Parigi nei Miserabili. Crederò allora perfino che pesin loro sul capo gli en fatici ottocento metri di roccia, che propriamente è arenaria malfida e insidiosissima argilla, la quale costò grandi difficoltà e molte e gravi disgrazie sul lavoro fra gli adibiti al traforo, con « colpi di fango » e altri guai, di cui ebbi a suo tempo notizie particolareggiate, in quanto proprio mio padre fu tra i principali promotori di quel traforo, con di¬ srtest a e E scussioni e polemiche che durar rono molti anni e che per molti anni sentii ripetere In casa e in città, colle notizie, quelle si, drammatiche troppo spesso, del traforo. Ma quel che m'ha fatto proprio ridere, e per cui rimpiango di non aver preso il « settebello », (anzi forse, siccome Monelli accerta che durerà in servizio fino a novembre, questa voglio andarla a vedere anch'io); ma quel che m'ha proprio fatto buon sangue è la notizia da lui recatami che « il treno opportunamente rallenta quel punto, ai spengono le luci dello scompartimento, si ha una visione spettrale della caverna con i lividi lampioni, del capostazione, del telegrafista, dei pochi manovratori reclusi nel cuore della montagna », — Monelli, amico mio, pazziammo ? Lasciamo stare gli spettri, ma per lo meno i « lividi lampioni » sono oneste lampadine elettriche. Quel che m'ha fatto ridere è che viga, sotto la gallerìa, una così ingenua messa in scena da ballo «Excelsior»; tanto che vorrei credere che il rallentamento e lo spegnimento delle luci siano stati casuali. Ma Monelli c'è stato due volte, e se due volte si son prodotti tali effetti, significa proprio che vi mancava soltanto qualche folletto e qualche silfide della montagna, col genio del Progresso in maglia rosa. Ovvero significa che la enra ingenuità di cotal regìa ferroviaria si figura che 1 viaggiatori del «settebello » debbano strabiliare alla vista di una stazione di servizio sotterranea, al par di Monelli, tutto ch'egli sia, come dice, «viaggiatore smaliziato». Smaliziato, non ne dubito: però, Monelli mio, che meraviglie sotto Castiglion de' Pepoli, fra la stazione di Grizzana, in Val di Setta, e quella di Varmio - Montepiano - Cantagallo in Val di Bisenzio, che per noi buoni lettori dei buoni I testi rimormora i numeri e le armonie e le lepidezze della bellissima prosa di Agnolo Firenzuola; che meraviglie! Ma io, per edificazione del lettore, voglio svelar l'ultimo segreto da cui origina questa polemica. Io bolognese, Monelli modenese: tutto è detto. Fra noi due c'è la Secchia Rapita. Con ciò, Monelli resta, s'intende, quel buono scrittore e eccellente giornalista, crfegli è, come la Ghirlandina di Modena sempre sarà la più bella torre del mondo. Riccardo Bacchetti

Luoghi citati: Bologna, Modena, Parigi