Aristippe Marotteau chi era costui?

Aristippe Marotteau chi era costui? Aristippe Marotteau chi era costui? Più di un lettore dell'articolo di Gorrcsio, il quale conosce tanto bene l'arte di farsi leggere, avrà avuta curiosità di sapere chi fu l'anarchico Aristippe Marotteau, da lui citato nell'asscnnatissimo articolo sull'esperimento del supcr-clcttrotrcno, ovvero super-lusso Milano-Napoli, del i" d'ottobre su La Stampa. Non lo prendeva, quel treno, nessuno. La cosa non era difficile da prevedere, per le ragioni esposte da Gorrcsio. E' vero infatti che il turismo di lusso, il turismo da ricconi, dei « milor di » inglesi, « granduchi » russi, « re » d'industrie statunitensi, « rastaqueri » o « fazenderi » del Sudamerica, « cotonieri » d'Egitto, ecc. ecc., non offre più le risorse e opportunità di una volta Ma è poi verissimo che i turisti, o chiamiamoli più alla buona viaggiatori, i viaggiatori opulenti e spenderecci, non vanno più in treno. Non ci vanno più, spc cialmentc e proprio nel caso che viaggino per divertimento. Quando viaggiano per diletto, e magari, a voler essere ottimi sti, per istruzione, vanno in automobile. Clic scoperta! Sembra che i « tecnocrati » dell'industria ferroviaria non l'abbiano fatta, quando han progettato e costruì to e messo in esercizio il superlusso trisettimanalc Milano-Napoli; esercizio teste chiuso con perdita secca di qualche miliardo. Siccome io pecco d'umore aristofanesco, confesso che fra le antiche e nuove « crazie », quella delle tecniche e delle scienze, dominanti, eccita meravigliosamente tale umore, il quale mi fa dire, se proprio volevano alleggerirsi di qualche miliardo, perchè non l'hanno dato a me, che l'avrei saputo spendere, bene o male non so, ma certamente meglio che a far andare sù e giù da Milano a Napoli un treno vuoto? E che dovesse restare vuoto, era sicuro. Infatti, è ammissibile che gente anche non opulenta, appena ricca, desideri, viaggiando in ferrovia, comodi e nettezza maggiori di quelli che offrono i nostri sempre disagiati e spesso poco puliti treni. Ma a tale richiesta, troppo giustificabile, avrebbe corrisposto a sufficienza qualche vettura « pullmann » aggiunta alle solite. Il super-lusso è stato soppresso prima che io facessi in tempo a provarlo, ma mi dicono che era ideato con particolare riguardo alla visibilità panoramica. Anche questa è una quasi commovente ingenuità, tutta ottocentesca! Gli amatori di panorami vanno in automobile; eppoi, sulla MilanoNapoli, tanto per dire, i panorami più belli, dove non sono addirittura soppressi, alla vista del viaggiatore, in gallerie e simili, gli appaiono più che altro per invogliarlo e sparire, e deluderlo. Un'altra rara scoperta, sarebbe che per chi ha fretta e desidera la velocità, c'è l'aeroplano. Insomma, Gorrcsio ha ragione, e dovrcbb'cssere cosa pacifica che le ferrovie oggigiorno, su percorsi brevi come quelli nazionali in Europa, dovrebbero proporsi di fornire un buono, comodo, pratico mezzo di comunicazione ordinano, democratico, lasciando i lussi e le eccezionalità ad altri rami della tecnica dei trasporti. Sotto questo rispetto, da noi non sono ne buone nè comode nè pratiche, e, troppo spesso, neanche decenti. Pare che il supcr-clcttrotrcno, a cui cantiamo così l'elogio funebre dovesse essere, o fosse, il treno più lussuoso, del mondo: peccato che il mondo se ne sia curato così poco. Ora torno all'anarchico, che apostrofò Bakùnin, rinfacciandogli il sofisma economico in favore delle industrie di lusso. Sul lusso, economisticamentc considerato, c'è tutta una letteratura, che lascicremo agli storici delle dottrine economiche, c delle arti e mestieri, e dei costumi sociali. Ai pretesi vantaggi ed utili di tali industrie, il Marotteau, nelle parole citate dal Gorrcsio, muove un'obbiezione moralistica e politica, con stringata e non davvero inefficace eloquenza. Che l'argomento e tale eloquenza.siano passionati, e appunto moralistici, piuttosto che scientifici o storici, o come che si voglia considerarli e desiderarli, risulta particolarmente dalla conclusione, come ben rileva nel suo articolo Gorrcsio. Ammesso che, per esempio, un'industria di lusso desse da vivere, poniamo, a centomila proletari: «Periscano — esclamò Aristippe Marotteau — centomila proletari, ma non la virtù! ». Così parafrasando il motto celebre di Dupont de Nemours, « periscano le colonie piuttosto che un principio », Aristippe svelava le origini giacobine e robespicrriane, « virtuistiche » per dirla col Pareto, del suo ugualitarismo comunistico. Egli era, quando capitò a rimbrottare Bakùnin per i suoi ozi e diporti alla Baronata, presso Locarno, nel '73 e '74; egli era uno scampato agli eccidi parigi-, ndNnplctbaitstSPrabkpdztetfvfiuadm ni della repressione e un evaso dalla deportazione politica nella Nuova Calcdonia. Era un comunardo puro, e dittatoriale, che ripeteva con Marat: « per debellare il dispotismo dei Re bisogna creare il dispotismo della Libertà »; era, per dirla con un suo biografo, « virtuoso, fanatico, anima di calvinista comunardo », il quale « aveva in testa lo statuto perfetto di uno Stato Universale, che correggeva, integrava, temperava insieme Campanella e Saint-Simon, Platone e Fourier, Gracco Babeuf e Augusto Comte, Proudhon e Moro». E professando rigidissimamente che « la virtù assoluta è il fondamento della libertà », finì col leticare con Bakùnin nella suddetta Baronata, a proposito, non che delle industrie di lusso, della virtù, della rivoluzione mondiale ugualitaria, e di tutto il resto. Insomma, era un tipo rilevato e caratteristico, e fu « l'Incorruttibile » di quella avventura, tra faceta e melanconica, del moscovita Bakùnin e dell'italiano Cafiero, della quale si può leggere una particolareggiata relazione nel Diavolo al Pont elungo, di un autore che la modestia mi vieta di nominare. Essa non mi vieta, per altro, anzi mi fa obbligo di compiacermi che Gorrcsio, uomo di molte letture storiche e di fiuto particolare per simili caratteristiche, col citare, da quel libro, quelle parole dell'intemerata del Marotteau, le abbia riconosciute appunto caratteristiche, tipiche, e, implicitamente, testuali e documentarie. Me ne compiaccio e lo ringrazio. Però, del tutto testuali e documentarie non sono; e dirò fra poco il perchè, sperando che la benevolenza di Gorrcsio mi perdoni. Premetto che, come autore di romanzi storici, mi è accaduto più volte, e naturalmente ha lusingato immensamente la mia vanità, che in essi tutto quanto fosse preso per reale e testuale, oltre che vero e storico. Dunque — dunque ci siamo: e come mai conosco tanto per il minuto, e così persuasivamente, Aristippe Marotteau? Perchè me lo sono inventato. Se si volesse una prova, sta nel nome, che in accezione derivata, figurata e familiare, significa, per dirla coi vocabolari francesi, «oggetto di qualche affezione violenta e sregolata », insomma fissazione e quasi follia. Non mi resta che ripetere, che spero la benevolenza di Gorrcsio non me ne voglia male, se ho colta l'occasione di fare un po' di reclame al Diavolo al Pontelango. Riccardo Bacchelli

Persone citate: Augusto Comte, Cafiero, Campanella, Fourier, Moro, Platone, Pont, Riccardo Bacchelli