Concluse a Berna le giornate italo-svizzere di Antonio Antonucci

Concluse a Berna le giornate italo-svizzere LA FESTA DELL'AMICIZIA E DELLA LIBERTA' Concluse a Berna le giornate italo-svizzere (Dal nostro inviato speciale) Lugano, 21 settembre. Lugano, Piazza della Riforma. Atmosfera di festa. All'abituale cornice delle finestre fiorite di gerani e sorridenti di verde ornamentale, si aggiunge lo sbandierio dei vessilli di tutti i Cantoni svizzeri nel palazzo municipale, si aggiunge la banda del comune che suona fuori orario. Il tempo è imbronciato, par che da un momento all'altro la pioggia precipiti e qualche spruzzata non manca, però la folla si addensa ugualmente, senza tenerne conto. Folla mista ma i più sono italiani, venuti per un gesto di ringraziamento. Dieci anni dopo La storia ha i suoi cicloni e quando la loro furia si scatena, peggio a chi tocca. Ma, nel settembre del 1943 e sino alla fine della guerra che imperversava già da tanto tempo, l'Italia, con l'invasione tedesca, ne conobbe uno che, alla sua violenza naturale, abbinava l'artificio di un'ingiustizia voluta. Teorie razziali e altri odi politici si accanirono contro taluni cittadini, senza discriminazione d'età, e poco importava che fossero uomini o donne. Unica salvezza, nascondersi o fuggire. Per necessità di cose, ogni nascondiglio poteva risultare precario da un momento all'altro, e, quanto alla fuga, negato il mare, una sola frontiera appariva benigna: quella svizzera. Oasi risparmiata dalla guerra ma con la continua minaccia di vedersela precipitare addosso, la Svizzera non poteva aprirla a molti per non irritare un nemico potente e senza scrupoli, a parte le sue riserve alimentari strettamente misurate. Ma in quel settembre, ogni considerazione laterale cedette di fronte all'immensità della tempesta, e, in un'eroica, generosa affermazione del diritto d'asilo, circa 25 mila italiani furono accolti tutt'in una volta. Altri seguirono. A dieci anni di distanza, i beneficati sono venuti a dire che .non hanno dimenticato. Tutta quella marea fu divisa in parecchi campi di raccolta e ben pochi sono oggi quelli che ricordano una vicinanza di camerata. Ma si parla in blocco di allora. Ed è una filza di nomi, impossibili ad elencare. Ci fu qualche Savoia (Jolanda, Adalberto duca di Genova, Filiberto duca di Spoleto), ci furono 4 generali, 32 colonnelli e 64 tenenti colonnelli, qualche ammiraglio. Politici, a iosa. Scienziati molti: tra questi Luigi Einaudi, Mario Denati, Concetto Marchesi, ecc. Tanti gli insegnanti da poter creare università sussidiarie (i cui titoli saranno poi riconosciuti dalla Repubblica italiana), a Miirren, Hutwil, Friburgo, Losanna, Ginevra, Neuchàtel. Le case private aprono le loro porte ai profughi e gli abitanti dividono con essi quel poco che hanno foss'anche il pane e il sale della tradizionale ospitalità classica. I giornali offrono le loro colonne a pubblici dibattiti e alle varie correnti d'idee: Gazzetta Ticinese, Corriere del Ticino, Libera Stampa, Giornale del Popolo, Popolo e Libertà, La Libertà. Nel numero di sabato, il Corriere del Ticino ricordava con compiacimento le firme di Piero Malvestiti, Luigi Degli Occhi, Giulio De Benedetti, Arturo Lanocita, Giancarlo Vigorelli, Giansiro Ferrata, Angelo Luzzani, Luciano Emmer, Luigi Comencini, Guglielmo Usellini. Piazza della Riforma continua a gremirsi. Giungono a rivoli quelli che hanno già riempito il Duomo per assistere a una Messa di suffragio in onore dei profughi morti in esilio, illustri ed ignoti. Ha celebrato don Corrado Cortella, in rappresentanza del vescovo mons Jelmini, assente da Lugano In suo nome, egli ha scelto come soggetto del sermone domenicale « l'amore cristiano per il nostro prossimo», di stinguendo con sottile analisi storica e generosa umiltà, quello che fu allora lo spirito sviz zero dell'ospitalità e quello che, secondo lui, avrebbe do vuto anche essere come preponderanza: ad animare gli Svizzeri fu allora uno spirito del dovere: meglio sarebbe stato un incondizionato amore del prossimo, come suggerito dal Vangelo. Ma le due cose non possono forse coincidere sino ad apparire indistinguibili? Il guerriero di Legnano Ritornerà sullo stesso concetto l'on. Nello Celio, presidente della Repubblica di Stato e Cantone del Ticino: ma non anticipiamo. La banda intona l'inno nazionale italiano, segue l'inno svizzero. Applausi, fremiti d'attenzione. Parla l'avv.' Adrio Casati, organizzatore del pellegrinaggio di riconoscenza. Egli vorrebbe che non la sua voce, ma la voce « di quei giorni » vibrasse nella piazza, voce grata dei salvati, voce benedicente delle loro madri, sorelle, spose, la cui ansia trovava finalmente un po' di quiete. Egli la riassumerà come può, in un empito di commozione che lo stringe alla gola ed infine egli abbraccia l'avv. Celio riassumendo nella più alta carica del Cantone Ticino « tutte le famiglie svizzere che furono così generose con le nostre ». A titolo di ricordo, in nome dell'Italia gli offre quindi una statuetta in bronzo del guerriero di Le gnano, sciabola sguainata, pet to offerto alla morte se la vitadovesse prescindere da quel bene supremo che è la Libertà. L'avv. Celio risponde all'abbraccio con abbraccio e, in nome del Consiglio di Stato, ringrazia gli ambasciatori di riconoscenza e di amicizia, convessi stessi hanno voluto definirsi, per avere ricordato con tanto slancio un momento della storia europea, d'we il de- stino aveva incaricato la Svizzera di lenire « le ansie, le trepidazioni, lo sconforto» di troppi, di soccorrere « i perseguitati e gli ansiosi di libertà ». « Forse taluno — egli dice pure — ha ricevuto dal soggiorno impressione diversa da quella oggi esaltata, e propenso sarà a credere che questo convegno, se non immeritato, perlomeno ha ecceduto nell'espressione della riconoscenza ». Ritorna qui la sottigliezza d'analisi tra dovere ed amore cristiano che registriamo soltanto come gesto elegante di chi, ricco in meriti, vuol diminuirne per modestia la loro imponenza. Successivamente hanno parlato: il ministro Malvestiti, in nome del Governo italiano, il senatore Meda per il sindaco di Milano. E poi Ezio Vigorelli, l'avv. Sante Massarenti, l'avv. Edoardo Clerici, l'avv. Lucio Luzzatti, l'avv. Achille Ottolenghi, l'avv. Giarnbattista Boeri, tutti ex-profughi. Tutti hanno rievocato lo splendido momento del rinascere dalla morte alla vita per un passaggio di frontiera, rinascita simbolizzata dalle luci nella notte, unica zona la Svizzera in una Europa condannata al buio per il timore delle incursioni. Applausi prolungati, commozione. Gli applausi diventavano particolarmente intensi ad ogni accenno alla libertà, quella stessa dì Dante « come sa iiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim chi per lei vita rifiuta » e che celebra in caratteri latini la facciata del municipio di Lugano: Libertà nelle leggi, e le leggi sorrette dai costumi, dalle opere. Oggi, le manifestazioni del « decennale » si sono chiuse a Berna. Gli ex-profughi, festosamente accolti, hanno offerto al presidente della Confederazione elvetica un bronzo raffigurante una grande croce bianca, cioè, la bandiera svizzera, che protegge una folla confusa invocante aiuto. Il pre sidente ha gradito il dono commentandolo con accento commosso e con parole di amicizia verso il popolo italiano. Antonio Antonucci