"Alle grida di Angela mi son visto perduto l'ho colpita col pognale finché non è morta,,

"Alle grida di Angela mi son visto perduto l'ho colpita col pognale finché non è morta,, LA CONFESSILA DI NADIR CHIABODO DOPO UN DRAMMATICO CONFRONTO CON LA MOGLIE "Alle grida di Angela mi son visto perduto l'ho colpita col pognale finché non è morta,, L'ex-legionario uccise la povera Cavalieri) per depredarla: lo aveva attratto il luccichio del braccialetto sotto il sole ~ La tuga, il tormento dei primi minuti, poi una cinica calma ~ Ore e ore di interrogatorio nella caserma di La Thuile ~ Contraddizioni, insulti, scatti d'ira - Infine la spontanea rivelazione: "Ora devo dir tutto, altrimenti scoppio 99 (Da uno dei nostri inviati) La Thuile. 21 settembre. L'accusa di omicidio volontario a scopo di rapina è stata contestata nel tardo pomeriggio di oggi dal giudice Istruttore presso li Tribunale dottor Pica a Nadir Chiabodo, detenuto nell'ormai celebre Torre dei Balivi. Il magistrato gli ha pure reso noto il mandato di cattura emesso contro di lui e ha provveduto a nominargli un difensore di ufficio. Si Inizia in tal modo la istruttoria formale che dovrà concludersi con un processo in Corte d'Assise, davanti alla quale l'exlegionario assassino dovrà rispondere del suo orrendo crimine. I primi generici sospetti che Nadir Chiabodo potesse risultare implicato nel delitto di Entrèves sorsero una settimana fa. Il capitano De Luca aveva appreso che la giovane sposa dell'ex-legionarlo recava al polso un orologio da donna mai portato prima di allora; un orologio somigliante a quello di Angela Cavaliere Segnalò subito il nome di Chiabodo al maresciallo Suppo della sezione di Morgex, che aveva controllato ormai tutte le schedine delle persone che avevano soggiornato a Courmayeur tra il 7 e 11 9 agosto. Le generalità del ventiselenne Nadir Chiabodo fu Bartolomeo, non erano state registrate. La debole traccia dell'orologio pareva dissolversi come innumerevoli altre in precedenza. D'altronde sembrava impossibile che l'assassino, dopo un delitto quasi perfetto, avesse compiuto l'errore madornale di regalare alla moglie un oggetto così pericoloso e compromettente. Tuttavia il capitano De Luca e 1 suoi collaboratori vol¬ lero percorrere fino in fondo la nuova pista. Prima di interrogare la moglie preferirono continuare le ricerche a Courmayeur e appresero che il giovane aveva lavorato tutto il mese di luglio e la prima settimana di agosto presso Nino Ocha detto il pittore. Le informazioni raccolte non furono buone per il Chiabodo. Licenziato 11 7 agosto, egli si era diretto il giorno successivo verso Entrèves, ritornando soltanto alle 13 della stessa giornata. Orologio e passeggiata, ad Entrèves: due elementi che consigliarono 11 capitano De Luca a chiedere l'autorizziizione alla Procura per compiere una perquisizione nella casa di via Porta Pretoria 34, dove abitavano i due coniugi. L'operazione diede un esito sorprendente: furono rinvenur ti nell'ordine l'orologio, il braccialetto e un fazzoletto sporco di sangue ormai annerito per 11 tempo trascorso. La moglie Nicole Pouly guardava meravigliata e perplessa. Il capitano De Luca le domandò d'un tratto: «Dove è il pugnale?». «Non c'è più — rispose candidamente Nicole — mio marito l'ha perso nell'agosto scorso quando lavorava per Nino Ocha ». I carabinieri se ne andarono con gli oggetti sequestrati. Nella stessa sera il padre e la sorella di Angela Cavaliere convocati nella caserma di Nus, riconobbero l'orologio e il braccialetto d'oro per quelli appa 'enutl alla vittima. La signorina Anna Cavaliere espresse un dubbio: 11 cinturino di pelle dell'orologio doveva essere mutato. Il capitano Oe Luoa conosceva già il nome del negoziante che aveva compiuto la soBtituzione. I sospetti erano ormai diventati indizi di eccezionale gravità. I carabinieri riferirono alla magistratura e diramarono immediatamente con radiogrammi cifrati l'ordine di arresto contro il Chiabodo, che da po- chi giorni era giunto al CAR di Palermo. Un sottufficiale partì in aereo da Milano alla volta di Palermo per vigilare da vicino su tutto il viaggio del fermato. A costui si disse che veniva accusato di un furterello. Egli rispose: «Lo conosco bene il motivo per cui attraverso queste noie ». E compi tutto il lungo percorso da un capo all'altro della penisola con le manette al polsi In uno scompartimento riservato, rievocando spesso ai militi tra cui era seduto fatti e vicende della sua campagna militare in Indocina come sergente della Legione straniera e della sua cattura da parte del ribelli con successiva scarcerazione. Verso le ore 22 di sabato egli giunse alla stazione ferroviaria di Porta Nuova di Torino, dove lo attendeva il capitano De Luca. Con un'automobile fu trasportato nella caserma di Torino Dora, mentre decine di altri carabinieri cercavano di distogliere l'attenzione dei giornalisti con trucchi clamorosi. Nadir Chiabodo dormì nel corpo di guardia. Appariva un po' impressionato, ma compiva sforzi per mantenersi calmo. Prima ancora dell'alba, verso le 3,30, su un'altra automobile fu portato a tutta velocità nella caserma dei carabinieri di La Thuile, dove il capitano sperava che i giornalisti non lo raggiungessero. Qui si iniziarono gli interrogatori. Il primo punto riguardava la provenienza dell'orologio e del braccialetto. Il Chiabodo, seduto di fronte a un tavolo con le braccia conserte, non dimostrò alcuna emozione: era preparato a quella domanda.. Rispose: «Li ho trovati sotto un ponte verso la metà di agosto. Anzi, mi pare di ricordare meglio: sotto il ponte di Villaire, nella mattina del 19 agosto ». Il desiderio di precisare molto doveva essere fatale per il giovane. Il ponte di Villaire infatti non esiste. Il Chiabodo aveva mostrato ben visibili sull'avambraccio destro 1 segni di un graffio. « Mi sono prodotto queste lesioni — ha detto — a Courmayeur, dove fui investito da un motociclista ». Due carabinieri andarono a controllare^ questa circostanza, che risultò falsa. Egli allora con un sospiro profondo mormorò: «E' passato tanto tempo che non ricordo più nulla». Il capitano gli fece notare che rammentava anche troppo, specialmente quando si riferiva a particolari non veri. Gli ricordava Inoltre che egli aveva spiegato a una coinquilina la natura del graffio attribuendolo a un urto contro lo spigolo di un muro. Un'altra smentita giunse al Chiabodo quando sostenne che fra il mezzogiorno e le 13 dell'8 agosto era rimasto in un bar di Courmayeur, dove aveva chiesto un gelato composto di cioccolato e di crema. Sempre per la foga di scendere anche alle minuzie, aggiunse di essere stato servito da una signorina della cui persona offrì una descrizione completa. Peccato per lui, perchè proprio In quel giorno la giovane era in vacanza. Le menzogne erano numerose, ma l'imputato non si impressionava. Circa il suo pugnale, seguì la versione precedentemente fornita dalla moglie, ossia di averlo smarrito in un bosco. Gli interrogatori vennero esauriti in mattinata. A questo punto era ormai balzata chiara la prova della colpevolezza del Chiabodo. La sua posizione si era sempre più aggravata. Tuttavia egli consumò un pranzo piuttosto abbondante e dormì profondamente per due ore. Il riposo parve rinfrancarlo e per tutto 11 pomeriggio infatti si dimostrò aggressivo e violento, non rifuggendo dell'insultare i testimoni. Bugiardo epdNegildastgdvagVcpRS2cstdsstgcrmabsgpfiraoscscrrsnmsstodtdt e mentitore erano i termini più frequenti nel suo frasario di risposte. Specialmente con Nino e Raimondo Ocha, suoi ex-principali, il Chiabodo sfogò il suo malumore e la sua ira. Essi affermavano di averlo licenziato la sera prima del delitto e di averlo rivisto l'8 agosto verso le ore 13 quando, stanco e sconvolto, era andato da loro a ritirare un assegno di quattromila lire. «Dovete ricordarvi tutti e due, perchè io sono stato con voi dalle 9 del mattino fin dopo l'una e non è vero che voi mi abbiate licenziato ». Anche quando comparve la giovane Norina Revel, di La Villette, l'arrestato dimostrò chiari segni di impazienza e poi di rabbia non repressa. La Revel infatti credeva di poter riconoscere in lui un uomo che, in tuta di lavoro e con una bicicletta rossa come la sua, l'aveva molestata e quasi aggredita la sera del 7 agosto. « Lei racconta delle storie, vada subito via! >. Con gli altri testimoni avvennero le medesime scene. Ormai 11 Chiabodo si sentiva avvolto nella rete degli indizi, schiacciato dalle prove: un peso enorme che gravava su di lui, inesorabile. Gli elementi raccolti erano già sufficienti per giustificare una denuncia e forse una condanna in Assise, ma 11 capitano voleva la confessione, e ricorse a qualche strattagemma. Nella stanza disadorna lui e l'Imputato erano soli, uno di fronte all'altro dai lati opposti del tavolo. L'ufficiale disse: «Il perito ha già constatato che il sangue di cui è macchiato il fazzoletto è sangue umano». Sul viso del Chiabodo parve passare improvvisa una ventata di gioia, e ribattè con insolita prontezza: « Questa volta, capitano, si sbaglia. Quello non è sangue di cristiani, ma di uccelli che ho ammazzato con la mia fionda». Il capitano De Luca prese quindi uno strano apparecchio ottenuto in prestito da un oculista, e fissando il giovane disse: < Qui dentro è riprodotta l'ultima immagine rimasta nelle pupille di Angela Cavallerei : qui dentro c'è il tuo volto». Il giovane sorrise: « Questa faccenda non è possibile >. « E perchè? », domandò De Luca. «Il perchè lo so lo>. Due tentativi erano falliti. Pareva ormai certo che il Chiabodo non avrebbe mal confessato. Ma si poteva ancora disporre di una carta: il gioco sulla emotività dell'omicida. Era giunta allora la moglie, Nicole Pouly, pallida e scarmigliata, con uno sguardo rassegnato e pieno di tristezza. Dopo pochi momenti dal suo arrivo ella si trovò sola di fronte a suo marito. Rimasero in piedi, uno di fronte all'altra, guardandosi negli occhi pieni di lacrime. Piansero silenziosi. Poi la donna sospirò mestamente: «Nadir, che cosa hai fatto, sei stato tu? ». I^uomo taceva, con lo sguardo fisso in terra. La moglie lo guardava quasi supplichevole, in at¬ tesa di un cenno, di una sua risposta. Il Chiabodo, però, rimaneva chiuso in se stesso senza pronunciare una parola. Si mordeva il labbro inferiore sino a farlo sanguinare. Tremava tutto. In questo momento apparve il cap. De Luca, il quale annunciò che tra poco sarebbe giunta da Vevey la madre dell'imputato. Il Chiabodo chinò il capo e quando rimase nuovamente solo con la moglie le rivelò: « Ora devo dir tutto. Non posso più tener nulla dentro 11 mio cuore, altrimenti scoppio ». Baciò la moglie sulla fronte e poi, tenendola per mano, chiamò il cap. De Luca e gli dichiarò: «Sono stato io che ho ucciso Angela Cavalle- ro » e proseguì nel suo racconto con voce stanca, come se venisse da chissà quali remote lontananze. Rivelò di aver gettato il coltello in un punto molto profondo della Dora e di avere nascosto il portafogli di Angela in un cespuglio fra Courmayeur ed Entrèves. Alle 6 di questa mattina egli veniva trasportato sul luogo del delitto, e con una sorprendente sicurezza si recava a prendere il portafogli. Nell'interno, ormai quasi irriconoscibili, si notavano la carta d'identità e molte fotografie che erano appartenute ad Angela. Ed Infine, al mattino, l'ultima corsa per le strade della Valle sino alle carceri, ove il Chiabodo è sta- to rinchiuso. Sul registro, accanto al suo nome è scritto: « reo confesso di omicidio ». La vicenda di Entrèves si poteva quindi considerare finita. Per le strade di Aosta si vedevano, accompagnati dall'avv. Salza e dal signor De Negri, il padre e la sorella di Angela Cavaliere La tristezza dei loro volti era ancor grande, mitigata soltanto dalla certezza che la figura morale della vittima è uscita più limpida e bella che mai. Per le strade verso le carceri si aggirava sola, con il viso protetto da grossi occhiali neri, la giovane Nicole Pouly, che alle persone amiche va ripetendo: «Io non ho venduto mio marito! ». C. Neil-otti i/assassino ammanettato La ventiduenne Nicole Pouly, moglie di Nadir Chiabodo Il piccolo foro nelle mura presso la stazione di Aosta nel quale 11 Chiabodo nascose il bracciale e l'orologio (f. Moisio) • I11IJ111111111 fi 11 11 1111 11111) ■ 1111 ) 11111 ■• 11 ■ 111 • I ■ 11111111111111 ■ 1111111 TI 111111111 ■ I li 11111 It I 11 ti 11111111111 L'assassino della Cavallerò: l'ex-legionario Nadir Chlabod*