A mezzanotte sembrava giorno pieno per gli incendi appiccati dai tedeschi

A mezzanotte sembrava giorno pieno per gli incendi appiccati dai tedeschi Rievocato nei decimo annuale Veeeidio di Hoves A mezzanotte sembrava giorno pieno per gli incendi appiccati dai tedeschi il parroco e l'industriale Vassallo, che avevano ottenuto la restituzione di due prigionieri, furono bruciati vivi col lanciafiamme - Oltre settecento case danneggiate o distrutte, duecento uccisi, in gran parte civili (Dal nostro inviato speciale) Boves, 18 settembre. Fu. a Boves che il tedesco mostrò ver la prima volta la zanna del lupo. Era il 19 settembre 1943, un pomeriggio di domenica. Arrivarono, i tedeschi, con t carri armati, le autoblindo, le mitragliere puntate; fulminei, precisi, perfetti nell'assetto guerresco e nella organizzazione. Se v'era tanto sentito parlare di Queste SS; tante volte erano state proposte ad esempio ai nostri poveri fanti dalle fasce che si scioglievano, dalle scarpe logore, dal vecchio fucile che sapeva di museo quarantottesco. Ed ora erano in paese, le SS famose, orgoglio dell'armata tedesca e sintesi della dottrina hitleriana. Il loro piede calcava la terra di Boves, il più. mite paese di questo mon do, celebre per le castagne, per le ottobrate all'osteria, per la gente bonaria e allegrona. . Volevano la restituzione di due soldati del Reich, catturati un'ora prima sulla piazza. Nulla da obiettare: s'offersero come intermediari due specchiati galantuomini, il parroco don Giuseppe Bernardi ed il presidente dell'ospedale, Antonio Vassallo. Un terzo, Vigi Dalmasso, mise a disposizione la sua macchina. Bandiera bianca I « parlamentari » salirono a Castellar, con la bandiera bian ca inastata sul cofano, e s'incontrarono subito con «quei ragazzi ». Partigiani non erano; i tedeschi, nei loro proclami, li definivano « banditi », ma nessuno ci credeva. Erano infatti soltanto degli sbandati, un povero brindello dell'esercito alla deriva. La cattura dei due tedeschi a Boves era avvenuta in circostanze quasi divertenti: era sevso dalla montagna un autocarro carico di questi « sbandati*. Tanto per non creare equivoci, il loro autocarro era imbandierato di tricolori. Se ne scendevano tranquilli, cantando; sembravano godere di una strana ed imprevista «licenza boschereccia», in attesa di ordini più chiari e di tempi meno bui. Ma erano sempre soldati: a testa alta, dunque. Ti gruppetto era sceso dal Castellar per far provvista di pane. Mentre chiacchieravano sulla piazza con la gente che usciva dalla Messa ultima, erano sbucati dalla strada di Pevcragno due militari tedeschi che non riuscivano a trovare la via giusta per Cuneo. « Mani in alto », due pedate e su — prigionieri — sull'autocarro adorno- di bandiere. Fu una scena che strappò l'applauso della gente che affollava la piazza di Boves. Gli «sbandati» se ne tornarono così con il sacco del pane, e con due tedeschi per giunta, alle loro baite. Un'ora dopo, ecco la colonna delle SS a Boves, ecco la vettura con don Bernardi e il signor Vassallo che sale per la missione pacificatrice. «Dovete lasciar liberi quei due tedeschi, se no il paese passerà guai seri ». Non sprecarono molte parole, i due intermediari. Il capitano Vian, che comandava il gruppetto dei « ribelli », si rese conto del pericolo che incombeva sugli inermi: i due prigionieri furono rilasciati, cavallerescamente. Non gli fu tolto un centesimo, non la macchina fotografica, non il binocolo, non un fregio dalla divisa. C'era stato uno seo» tro — nel frattempo — fra h SS e gli uomini de' capitano Vian; un ufficiale nemico era rimasto sul terreno. Anche quella salma fu restituita, senza discussione. « Ma chi garantisce, poi, che non saranno fatte rappresagliet», domandò appena arrivato in paese il signor Vassallo al comandante delle SS. « Parola di tedesco >, rispose. Cominciarono subito a sparare; bloccarono le strade, piazzarono i cannoncini, tirarono all'impazzata sulla gente e sulle case. Sfondarono gli usci e con la benzina cosparsero le masserizie e vi diedero fuoco. Primo, cadde sotto le raffiche un muto, il povero Meo Dalmasso. Poi un mutila to dell'altra guerra, Minicu del Siri, un tipo stravagante che stava per entrare in un'osteria La gente di Boves non avrebbe mai immaginato che l'organizzazione hitleriana fosse cosi perfetta anche nel saccheggio e nella devastazione. E cosi « scientifica » nella malafede. Quando, al tramonto, le SS finalmente lasciarono il paese, un centinaio di case ardevano sicché sembrava fosse giorno pieno. Il Municipio era un braciere. « Pensai ai nostri uffici agli incartamenti distrutti, all'archivio che conteneva documenti antichi >, ha scritto uno dei testimoni, Stefano Pellegrino, applicalo del Comune. Morì, in quella giornata, an che il giovane vice-curato, don Mario Ghibaudo, che da tre siii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii mesi appena era stato ordinato sacerdote; fu freddato mentre assisteva alcuni civili agonizanti sulla strada. E il parroco, e il signor Vassallo t Dopo che le SS ebbero terminato il loro < saggio » di stile militare, la gente uscì spaurita dai nascondigli; chi s'affrettava a curare i feriti, chi con i secchi d'acqua s'improvvisava pompiere. Spaventoso bilancio Mancavano all'appello, con tanti altri, i due galantuomini che avevano trattato per la restituzione dei prigionieri. Furono scoperti il giorno dopo, in un corridoio della casa del fotografo. Dapprima la gente credette che quei due poveri corpi carbonizzati fossero di due bimbi; tanto erano divenuti piccini. Ma venne il dottore e dalla dentiera riconob be don Bernardi; e un amico riconobbe dal mazzo di chiavi che portava vicino a sé il corpo di Antonio Vassallo. La vendetta si era abbattuta più, bestiale proprio sui due testimoni della «parola tedesca»: erano stati bruciati vivi con il lanciafiamme. Boves non cessò, da quel 19 settembre, di essere mèta delle incursioni alternate dei nazisti e delle brigate nere. Alla fine le case distrutte o dan- neggiate dagli incendi o da crudeli « tiri a bersaglio » erano settecento; i morti, in grandissima parte inermi, quasi duecento. Boves, domattina, rievocherà quelle ore, quei lutti e quello sfregio alla sua civilissima educazione. Già vanno a scuola i bambini che nacquero dopo quelle tristi giornate; ed a loro hanno pensato i bovesani. Domattina, dopo la cerimonia funebre nella Parrocchiale, ci sarà il corteo e il discorso ufficiale tenuto dall'avvocato Dino Giocoso. Subito dopo, sortì inaugurato il nuovo edificio scolastico della frazione Cerati. Dopodomani, domenica, un altro rito per chiudere definitivamente la pagina più triste della storia di Boves. La statua di Sant'Antonio, davanti al Santuario sulla collina a lui dedicato, fu centrata da un colpo di cannone sparato dal paese in quel tragico settembre. Una mutilazione orribile: staccato un braccio, sbriciolato il Bambin Gesù che teneva stretto a sè. Sulla nuova statua, che sostituisce la primitiva, è murata una targa che riassume il sentimento di Boves in questa rievocazione: « Mutilata dall'odio - riulve nell'amore ». g, gh.