Avventure di giornalisti in un intese elte non li ama di Stefano Terra

Avventure di giornalisti in un intese elte non li ama 1 CORR1SPOXDE1S1TI E X.A JUaOSIsAVIA Avventure di giornalisti in un intese elte non li ama I discorsi di Tito: edizione prima e seconda - Una piccola radio ricevente che dava fastidio - La barba di Stefano Terra ed altri guai - Il maresciallo-dittatore non espelle nessuno, ma rende impossibile la vita a chi non gli va llllllllllllllIIIIllHIIIIIIIllllllllIIIIIIIIIIIIIIIIIIItlM(Nostro servizio particolare) Roinn, settembre. Verso le due del pomeriggio di domenica scorsa squillò il telefono a Belgrado, in un appartamento del numero 46 di Boulevard Washington. Rispose la signora Giannina Terra: < Hallo ». € Hallo, signora Terra, si rechi subito alla Legazione d'Italia. Non perda tempo: noi ?ioii vogliamo responsabilità ». La signora Giannina Terra disse che certamente non intendeva essere causa di gravi responsabilità per nessuno, ma che desiderava, prima di pensare a se stessa, provvedere al servizio: « Mio marito è stato arrestato, come saprete; perciò l'A.N.S.A. e la R.A.I. sono rimaste scoperte. Immagino ch'io lo debba sostituire, non è verot Altri giornalisti italiani non ce ne sono in Jugoslavia; se ce ne fossero altri, probabilmente, avrebbero arrestato anche loro ». Una visita notturna Così la giovane signora Terra restò in casa, al numero 46 di Boulevard Washington, per sorvegliare la traduzione del discorso di Tito. L'aveva registrato sui nastri di una macchina collocata presso l'apparecchio della sua radio ricevente; una macchinetta preziosa, addirittura indispensabile in un Paese come quello. I discorsi di Tito ascoltati direttamente, sono una cosa; ma cambiano del tutto quando se ne legge il testo ufficialmente ricostruito. A Stefano, il marito della signora Giannina Terra, era accaduto pochi me¬ si prima un incidente di spiacevole natura: era stato accusato dal giornale Borba di aver trasmesso in Italia una versione falsificata del discorso che il maresciallo Tito aveva pronunciato a Slavonshi Brod. Era stato un discorso che nelle intensioni del dittatore avrebbe dovuto influenzare la campagna elettorale italiana. Certe espressioni, invece,' erano state poi modificate, alcune frasi soppresse, e questo allo scopo di evitare che uno scandalo si producesse nell'opinione pubblica internazionale. Soltanto sui giornali italiani era apparso il testo autentico, e da ciò eran venute le accuse di falso. Terra inuitò una sera i redattori della Borba a casa propria, e fece loro ascoltare i nastri della macchinetta: < Riconoscete la sua voce f>. La riconobbero, difatti, e non ebbero nulla da obbiettare. Ma si irritarono ancor più. Passata qualche settimana, un poliziotto venne a bussare alla porta di casa Terra. Intimò a Stefano di seguirlo in caserma dove avrebbe dovuto < scontare una pena ». « A quest'orat sei matto! — rispose Stefano Terra con un certo malgarbo —. Ritorna domattina dopo le dieci, perchè ho diritto di dormire ». Lo avevano svegliato, con quella visita di polizia, alle tre di notte; Terra è un uomo che non tollera di essere disturbato nel sonno, c Che modi sono questi! », continuava a gridare dalla finestra, con una voce che terrorizzava lo sventurato IIllllllllllllll lllIllilItlUllllilllllllllMUIIIItin a i ; 8 5 4 5 4 1 3 2 4 7 poliziotto. La mattina, alle dieci, il primo segretario della nostra Legazione, Vitelli, presentava al Ministero degli Esteri jugoslavo una nota verbale contenente una protesta; e nello stesso tempo Stefano Terra si recava a protestare, per conto proprio, agli uffici della direzione della Stampa. Era presente la collega Elena Fisher, corrispondente da Belgrado della United Press. Segui, attenta, la scena, senza far mostra di meraviglia come cioè se si trovasse davanti a uno spettacolo non nuovo. Disse infatti alla fine: « Queste son .cose che mi ricordano la Gcsiapo ». Prese da parte Stefano Terra e gli diede il consiglio di stare molto attento: « Chi ha un po' di pratica di quanto avviene in un regime di dittatura, le potrà dire ehe la visita che ha avuto altro non è, che il primo avviso, come una prima intimidazione di pagamento che può mandarle il Fisco, in Occidente. Poi, presto o tardi, qui segue l'arresto », ' Stefano Terra da quel giorno prese a guidare la sua automobile stando attentissimo a non superare i venti chilometri orari di velocità; avrebbero potuto fargli l'accusa di eccessi, e cogliere il pretesto per dichiararlo pericoloso alla sicurezza dei cittadini dello Stato jugoslavo. Trovandosi in presenza di poliziotti, di giornalisti, di funzionari o diplomatici jugoslavi, evitava di bere: lo avrebbero accusato di essere dedito all'alcool. Ma un giorno accadde un grave inconveniente. Andato Eden a Belgrado, Terra lo avvicinò in occasione di un ricevimento per farsi dare una dichiarazione. Eden aveva un bicchiere in mano; Terra, per meglio avviare la conversazione, bevve con lui. Lo fotografarono, lesti, in quell'atteggiamento; la fotografia fu inclusa nel suo fascicolo personale; fu acquisito da allora che il giornalista Stefano Terra — e se ite avevano le prove documentarie — era un alcoolizzato. Terra porta la barba — larga, intiera — e altrove se ne parlerebbe come di una innocua, se pure discutibile, civetteria da montanaro piemontese quale è difatti. Ma un giorno Tito, che lo osservava con diffidenza, gli domandò: «Non sarà mica, questa barba, un ricordo nostalgico dei tempi quando c'erano i cetnicif ». / cetnici, barbuti per lo più, erano quei legittimisti partigiani che obbedivano al barbuto generale Mihailovic. Terra si mise a ridere, e parlò a Tito degli alpini italiani; ma la sua barba fu un argomento per poterlo accusare, il pomeriggio di domenica scorsa, d'essere stato un criminale di guerra: « Se tu — gli disse un poliziotto di Nova Gorica — non avessi la barba, saresti uguale a questo qui ». Gli fece vedere il ritratto di un criminale ricercato, che, senza barba, gli assomiglia, difatti: « Te la sei fatta crescere per questo.'», lo accusò diffidente. Le « proteste » dei lettori Poi fu condotto alla frontiera, come è noto, e si trovò a Gorizia. Non si può dire che ci sia stato un formale provvedi mento di espulsione preso ai suoi danni: il dittatore jugoslavo non espelle nessuno, generalmente, limitandosi a rendere impossibile la vita a chi non trovi di proprio gradimento. E' la sorte toccata due mesi fa al corrispondente della Neue Zur cher Zeltung, Ernst Halperin, un giornalista coscienzioso quaìito altri mai, considerato il più lucido osservatore occidentale in Jugoslavia, anche in virtù della sua solida preparazione in fatto di marxismo. Mandava corrispondenze ispirate alla obbiettività che è tradizione onorevole di quel giornale svizzero, ma la mattina, quando uscitia di casa trovava la sua automobile lordata di scritte offensive, o con le gnrbutvdtvpYCclccdnpsgsngbisdftTnntbmnuvtintJdsdldsusnsancpsB gomme bucate. . Sulla Borba, nella rubrica dedicata'alla corrispondenza dei lettori, si pubblicavano proteste firmate da un gruppo di contadini abitanti in Erzegovina, che attestavano lo sdegno destato in loro dalla lettura della Zùrcher Zeitung ». Espedienti risibili, come si vede; ma fu la sorte che toccò pure al corrispondente del New York Herald Tribune, Gasto?i Coblenz che vide pubblicate contro di sè una trentina di lettere di protesta inviate da cittadini della Bosnia, che dicendo di essere lettori assidui di quel giornale americano, denunciavano il Coblenz come un profittatore dell'ospitalità jugoslava e si lamentavano che il governo di Belgrado si mostrasse davvero troppo longanime nei suoi confronti. Come già Halperin, anche Coblenz un bel giorno fu stanco di venire insolentito, e se ne andò. Restava Mike Handler, corrispondente del New York Times, e fu preso di mira personalmente dal sottosegretario Bebler. Tutte le volte che s'incontravano, Bebler, fingendo grossolanamente di sbagliarsi,. lo salutava: <Bonjour, monsieur Coblenz!». E poi giù a ridere ammettendo l'errore. Handler teneva duro; scrisse una volta un articolo sulle condizioni di vita della zona < B » e un altro sulla resistenza passiva che i contadini della Croazia opponevano alle leggi agrarie di Tito. Fu qualificato nemico della Jugoslavia su tutta la stampa del Paese, e gli venne sequestrata l'automobile. Prima avvisaglia Era (come per Terra l'ordine di arresto alle tre di notte) la prima avvisaglia per Handler. L'automobile era stata sequestrata col pretesto di una inesistente violazione fiscale da parte del giornalista: nella vertenza che ne sarebbe seguita con le autorità, costui avrebbe potuto finire in prigione, con poche speranze di efficace difesa. Lo consigliarono a partire, ed anche Handler lasciò la Jugoslavia salutato da Bebler: « Adieu, monsieur Coblenz!». Il nome di Coblenz, ■ lllltllllllllllIIIIMIIIlllllIllllfllIllllIllllllIIIIIlll i a a , usato in senso di parabola, potrà venire adesso sostituito da quello di Terra: certo è che alcuni' giornalisti occidentali per misura di prudenza hanno cessato in pratica di far servigio personalmente, e così accade che una grande agenzia americana sia retta da un funzionario jugoslavo, in servizio al sottosegretariato degli Esteri, un certo Boscovic; e il titolare non ha « grane ». Un'agenzia francese è da tempo affidata a Tocia Obradovic, già corrispondente del giornale titoista « Corriere di Trieste » pubblicato in lingua italiana per la propaganda jugoslava nella zona « A ». Cosi si spiega come da Belgrado si riesca ad influenzare, con l'avallo di sigle rispettabili, una parte dell'opinione pubblica mondiale: dell'avventura di Stefano Terra, per esempio, tutta la stampa in lingua francese ha dato infatti la versione fornita da Tocia Obradovic (che accusava Terra di essere ubriaco) ed alcune autorevoli catene della stampa americana hanno informato i propri lettori sulla fede delle notizie date da Boscovic. In queste condizioni era evidente che il servizio di Terra non potesse prolungarsi di molto. Impedirgli di trasmettere il resoconto del raduno di Sambasso non era ancora un provvedimento risolutivo poiché era nota l'esistenza della macchinetta registratrice al numero 46 del Washington Boulevard di Belgrado: doveva essere, comunque, un ulteriore, più efficace avvertimento. Poteva darsi il caso, d'altra parte, che la signora Giannina Terra, rimasta sola nella capitale, non sapesse servirsene. Poteva farsi prendere dallo sgomento alla notizia dell'arresto del marito — ubriaco, asserivano, e provocatore — e rifugiarsi spaventata in Legazione. Per buona sorte non si spaventò, fece tradurre tutti i nastri e poi, ma solo allora, andò alla Legazione a consegnarli perchè fossero al sicuro. Tornata a casa fece le valigie e partì per raggiungere il marito in Italia. Vittorio Gorresio lfMIIIIlli:i1IIIllllllllllllllIlllllltlltllllMfllI1llllllII