Inaugurata ieri la mostra dell'arte e quella missionaria nei Giardini Reali

Inaugurata ieri la mostra dell'arte e quella missionaria nei Giardini Reali Una Messa vontiiicale in Duomo preludio al Congresso Eucaristico Inaugurata ieri la mostra dell'arte e quella missionaria nei Giardini Reali Cominciano ad affluire i pellegrini che si prevede raggiungeranno negli ultimi giorni circa il mezzo milione Per la domenica prossima tutti i negozi resteranno aperti e bar e ristoranti che lo desiderino non chiuderanno neanche alla notte - Pranzi a prezzo fisso - Servizio ininterrotto di tram su alcune linee Il di lorama Una volta tanto, in pieno clima < astratto >, l'arte è tornata — per occasione eccezionale, e proprio qui a Torino dove s'è aperta l'altro giorno la mostra dei < Peintres d'aujourd'hui > coi suoi noti caratteri in gran parte antifigurativi — alla sua funzione eminentemente < rappresentativa >, durata per secoli fino a ieri. E' tornata, diciamo, a narrare fatti veri o pie leggende, coi loro protagonisti reali o fantastici; a raccontare le suggestive < storie > dei tempi andati, tramandate da generazione a generazione, nei loro ambienti tipici e con i loro peculiari aspetti: insomma, ad essere il gran libro aperto sotto gli occhi delle folle più varie, élites intellettuali o masse illetterate, l'antico mezzo didattico più pronto e persuasivo. Particolare curioso, anzi quasi piccante, è che a questo ritorno dell'arte ad un aperto e chiaro e persìn candido racconto, hanno contribuito con l'opera loro alcuni artisti torinesi che, per i gusti talvolta polemicamente manifesti, meno sembravano atti alla bisogna: e bastino, a farci intendere, i nomi di Casorati, Becchis, Cremona, Menzio, Paulucci, i quali — sotto la regìa architettonica di. Augusto Cavallari Murat, e seguendo i temi dettati da monsignor Silvio Boleri, professore di storia nel seminario torinese — si assoggettarono a un compito inderogabilmente rappresentativo: quello di rievocare nel seminario stesso la < vita santa > di Torino, Ecco dunque il bel portico settecentesco (che le tradizione assegna allo Juvarra anche se gli studiosi pensano piuttosto ad attribuirlo al Garove) trasformato temporaneamente con grande accortezza dal Cavallari Murat, insieme con il cortile dell'istituto diocesiano, in una specie di,< Saoro Monte > torinese: che là serie dei diorami, o più esattamente dei < teatrini > ricavati dagli intercolunni, sùbito richiama alle cappelle dì Varallo, di Otta, di J/arese, e d'altre mète famoso di pellegrinaggi religiosi. Si tratta infatti di vere e proprie scenografie, alla cui realizzazione tecnica concorsero gli esperti Simonini e /infossi, e l'eccellente plasticatore Malorgio, abilissimo artigiano che discende dai figurinai leccesi dei presepi: palcoscenici sui quali si scorgono, tra la folla dei fedeli, i principali attori dell'edificante dramma religioso che nella storia dì Torino va dal martirio d-:i santi Solutore, Avventore ed Ottavio, alla straordinaria creazione di Giovanni Bosco. Si sa quali sono le scene ma dri di questo lungo dramma: la decapitazione nolla bassura di Valdocco dei primi evangelizzatori della gente pagana to rinese; lo scontro sotto le mura di Augusta Taurinorum nel SIS fra gli eserciti di Massenzio e quelli di Costantino, che in quell'anno, già prima della battaglia decisiva al Ponte Mililio di Roma, aveva fatto incidere il monogramma di Cristo sugli scudi dei soldati; il su blime ardore di San Massimo predicante la forza dell'animo alla pavida popolazione subalpina, in fuga davanti ai barbari; il ritrovamento della miracolosa immagine della Madonna Consolatrice da parte del Cieco di Brìanzone, ai piedi della vetusta Torre di San t'Andrea; la rivelazione eucaristica nel Mercato del Grano dopo il sacrilego furto d'Exil les (ed è il prodigio di cui si celebra adesso il cinquecentesimo anniversario); la prima ostensione della S. Sindone, presente San Carlo Borromeo nel 1578; l'intrepido fervore di carità del Beato Sebastiano Valfrè durante l'assedio del 1706; la umana carità e la immensa fede di Giuseppe Cottolengo, e la fondazione della Piccola Casa della Divina Provvidenza; l'umile ma mirabile opera confortatrice di San Cafasso, il confessore e con¬ LnÌ.mmHi...mim»™ vertitore dei condannati a morte, il « Prete della Forca >; la gigantesca opera di moralità, di civiltà, di proselitismo di San Giovanni Bosco. Questi capitoli d'una quasi bimillenaria storia bellissima sono stati narrati, nel loro ordine cronologico, rispettivamente da Enrico Paulucci, da Mario Becchìs, da Felice Casorati, da Italo Cremona, da Francesco Menzio: due per eia. scun pittore, tolto il Cremona che ne ha illustrati tre. Ed è interessante osservare come ogni artista, sia nell'ideazione della scena, sia nell'aggruppamento e atteggiamento delle figure in plastica, sia nella rievocazione pittorica degli ambienti, pure impegnandosi in un'esatta rappresentazione realistica al proprio temperamento meno consueta, ha saputo imprimere i caratteri del suo stile, i modi del suo linguaggio formale. Non stabiliremo una scala di valori, benché ci sembri doveroso notare che il Casorati e il Becchis son forse meglio degli altri entrati nello spirito dei temi, con un'efficacia e una severità che meritano applauso. Importa piuttosto sottolineare due fatti notevolissimi. Primo, che in un nobile soggetto come sempre fu, e come tornerà ad essere quando gli artisti nuovamente si adatteranno a un largo ed umano e convincente discorso con i proprii simili — il dato naturale, la realtà ottica, insomma, c la illustrazione >, non sono affatto incompatibili con la « libertà > dell'arte; secondo, clic non è vero che l'arte moderna non possa o non voglia servire la Chiesa, quando questa Chiesa non si rinchiude in un gretto formulario illusoriamente tradizionalistico, e quando gli artisti stessi si dimostrano dispoèti alle indispensabili concessioni, appunto « illustra<iue>- mar. ber.

Luoghi citati: Augusta, Roma, San Massimo, Torino, Varallo