Bellezza ed equivoci nella pittura d'oggi di Marziano Bernardi

Bellezza ed equivoci nella pittura d'oggi LA MOSTRA FRANCIA-ITALIA AL VALENTINO Bellezza ed equivoci nella pittura d'oggi Una mostra da trattarne, in serte croniatica, con cautela, e da visitare evitando preconcette posizioni polemiche, questa dei «Peintrea d'aujourd'hui, France-Italie » che s'inaugura stamane al Valentino, Il pubblico vi accorrerà numeroso, perchè di giorno in giorno cresce l'interesse per i linguaggi più attuali dell'arte figurativa; ma dovrà sostarvi senza irritazioni e insofferenze, e d'altro canto senza entusiasmi e sdilinquimenti snobistici. E se dirà bello, bellissimo, magnifico, sappia poi sostenere il giudizio con parole sensate, fuor dal solito gergo pseudo-critico che tutto avalla perchè nulla chiarisce; e se, al contrario, condannerà, non lo faccia chiudendosi in un agnosticismo diffidente, che basta un piccolo sforzo intellettuale, un po' d'allenamento visivo, per capir cose che non è troppo diffìcile capire. E' ormai il terzo incontro di artisti italiani e francesi, e la periodica manifestazione ci è invidiata da altre città italiane; applaudiamo dunque la tenace fatica dei promotori, capeggiati dalla signora Umberta Aimone Marsan, dei commis-j sari dei due Paesi, lodiamo la fiducia di Torino che ne ha assunto l'alto patronato; e contemporaneamente evitiamo di dichiarare «vivi» e «validi» soltanto questi pittori e questi modi espressivi, uniti da una «civiltà» figurale ormai quasi standardizzata da Pechino (veder qui il cinese Zao-Wou-Ki, non estraneo a suggestioni di Klee e di Miro) a New York, da Roma a Parigi, come se « morti » e « invalidi » fossero tutti gli altri che pensano e dicono diversamente. Certo, il nobile desiderio di incoraggiare sconosciuti valori giovanili, la generosa fede nelle possibilità poetiche del tempo nostro, possono trascinare ad abbagli ed equivoci persino ingenui; e la difficile battaglia che da tre anni si' svolge al Valentino avrebbe migliori arre di vittoria se non si aprissero le porte ad opere che paion fatte apposta per dar ragione alle recenti parole del Berenson: «Schizza e gratta come ti viene, e un critico scoprirà in ciò che hai fatto un profondo significato, una strana bellezza, un'originalità rivelatrice! » C'è però un'attenuante: che la « terra di nessuno » compresa appunto fra l'originalità rivelatrice ed il vuoto spirituale che si colma volentieri soltanto di presunzione o sfrontatezza, si è ridotta da tempo così ristretta e incerta, da rendere perplessi anche i più scaltri giudici. Ultimo Birolli, ultimo Morlotti, e, per citare un sol francese fra i molti che in proposito andrebbero citati, il parigino Chastel: strana bellezza o brutta stranezza? E come « bocciare » allora le scene sacre del Fieschi o i palloncini colorati del Tancredi? L'intelligenza, si dirà, ama talvolta divertirsi. E divertiamoci pure. Però, è una strada tortuosa, che se l'artista l'imbocca, benché esperto e maturo, rischia di smarrirvisi. E vi si smarrisce per esempio Virgilio Guidi, dopo certi suoi successi con quadri analoghi ma meno spinti, quando stende sulla tela tre strisce regolari di colore piatto — un blu fra due grigiolini morandiani — e ponendo nella mediana un puntolino turchino pretende di suggerirci l'idea, la «metafisica» d'una Marina. Austera convinzione, o casualità inventiva accettata senza il minimo dubbio sulla sua legittimità artistica? Cosi, una mano sulla coscienza, che senso hanno lo Altirnanees (alcuni incastri rettangolari di verde, bianco, marrone e giallo), del vecchissimo e famoso Franz Kupka, già pupillo dell'inevitabile Apollinaire? La sua geometria, nota nel catalogo l'altrettanto inevitabile autorevole Cassou, è una <'. comhinaison passionr.ée*: e d'accordo su ciò per le temerarie composizioni dove la dinamica dei volumi gareggia col rigore lineare e lo spazio si realizza in cristalline vertiginose prospettive; ma se il Kupka è davvero un « poète, prophète, créateur. perpetuellement à l'origine des choses », questa esercitazione da meticoloso verniciatore ci sembra inadeguata a cosi alto giudizio. Fatte queste riserve, che vorrebbero estendersi anche ad altri espositori, compreso il celeberrimo Léger, sulle cui < franchises naivement savantes > di « artisan » soprattutto punta il Cogniat (strano tempo il nostro, che a un pittore basta ossei sincero e possedere un istinto da artigiano per assurgere noi mondo intero a: primissimi posti: e infatti la sua Finirne au rase mnijc è una bella e divertente carta da tarocchi, o se preferite una gustosa sapiente immagine da giostra o baraccone di fiera), il valore indicativo della mostra va pienamente riconosciuto. E la prima indicazione è che scarse ed incerte vi sono ormai le tracce del Cubismo: di questo «nuovo linguaggio plastico chiamato — scrive Raymond Cogniat — a trasformare totalmente le nostre idee esteticine, ed attraverso il quale il tempo nostro doveva scoprire il suo stile >. Singolare rivoluzione, se dopo soli trenta o quarant'anni i suoi « immortali principi ' paiono già essere venuti a noia, trasferiti più che altro nel campo decorativo o grafico, passati insomma dal negozio di lusso all'emporio pelle piccole massaie. I1 gran filone dell'arte di punta — chi non lo sa? — è! jioesso quello «astratto». Vedi qui gli Harding e i Soulajf«a, i Manessier e i Prassinos, i sttacecontuledie repcasisistnlascgcotrguJpagtrsnfidIlct,rlzdBclbtrrnsgLsspmgRèdscA i Nejad e i Lapoujade, e i nostri Lattes, Galvano, Levi Montalcini, Vedova, Moreni, Radice, Reggiani, Carmassi, Davico, Gugliolminetti, Severini, fino a un certo punto Vacchi: e tutti quanti forse più vicini alle « libertà * cercate dai Kandinsky e dai Klee, dai Mondrian e dagli Arp, che non alle severe cristallizzazioni plastiche proposte e perseguite dai Picasso e dai Braque. In fondo, si tratta di parossismi espressionistici che han perso di vista il fine stesso dell'espressione, e s'accontentano di modulazioni linguistiche, di parole scopo a se stesse: e non impiegate alla rappresentazione di cose, di idee, di sentimenti controllabili, e perciò intendibili e rbgscoEdccncrigfgiudicabili, dal mondo degli ìumani. ,A un vecchio maestro come Jacques Villon (sulla cui ampia retrospettiva qui allestita altri probabilmente in questo giornale si diffonderà) si potrebbe manifestare infatti lo stupore per la sua sì lunga tenacia nel sillabare sempre più fievolmente •— con ammirevoli delicatezze di toni e preziose raffinatezze di colore — vocaboli che «non dicono», ma vagamente^Hudono a segrete sue sensazioni: pur di fuggire (secondo il suo motto) « la fenètre ouverte de l'Impressionnisme ». Eppure nemmeno lui, mosso dal Cubismo (il critico americano Mellquist lo chiama invece un «futurista» francese), non è più . cubista in questi chiarissimi lievi quadri, sospiri di verdini tiranti al giallo in tutte le gradazioni, e di grigi tendenti all'azzurrino, cui dà dei titoli precisi che si riferiscono a realtà in essi invisibili. Ma modesto e paziente sembra avere atteso la sua ora, adesso venuta. Quanto durerà? Il tramonto cubista ammonisce, incoraggia i Limouse, i pianson, i Genis, i Brianchon, j pUV] j Pugny, i Buffet, i Mou ly, i Boussard, e quei « figurativi > nostrani che qui si posson vedere; giustifica l'antica resistenza di Casorati che ora ha trovato il perfetto accordo fra l'innato suo simbolismo e il nuovo clima della astrazione pittorica. Marziano Bernardi

Luoghi citati: New York, Parigi, Pechino, Roma, Torino