Per Inter-Novara fischi d'addio: 0-1

Per Inter-Novara fischi d'addio: 0-1 I novaresi applicano il catenaccio e segnano con Feccia Per Inter-Novara fischi d'addio: 0-1 DAL NOSTRO INVIATO Milano, lunedi mattina. Crediamo che nessuna abbia versato lagrime sulla fine di questo campionato. A San Siro, nesuno certamente ha pianto. Da piangere vi sarebbe stato, sì: sulla qualità del giuoco a cui si era costretti ad assistere. Ma siccome oramai a spettacoli privi di ogni valore tecnico si è abituati, così parecchi hanno preferito fischiare a tutto spiano la squadra del proprio cuore, e gli altri hanno taciuto. Quarantamila dei cinquanta circa che rappresentano la capienza del campo di San Siro avevano del resto espresso in anticipo il loro parere, rimanendosene a casa. La partita è stata una cosa da poco. Per la squadra che chiudeva la stagione fregiandosi del titolo di Campione, essa è stata il nulla assoluto. Il vuoto pneumatico in fatto di tecnica, di precisione e di impegno. L'undici neroazzurro aveva abbandonato come cianfrusaglia oramai inutile il catenaccio. Per una ragione o per l'altra, non aveva nemmeno in campo gli uomini, che avendolo praticato per tutto l'anno, erano, dello schieramento ostruzionistico, i capisaldi e gli esponènti: Blason e Armano. Vìi po' tutta la squadra era del resto rivoluzionata. Nyers stava al centro della prima linea, Mazzoni all'ala destra, Buzzini alla mezz'ala sinistra. Lenta, svogliata, abulica, imprecisa, disordinata, l'Inter ha fatto semplicemente niente per tutto il primo tempo. Poi, ai è svegliata a tratti alla ripresa, sotto le bordate di fischi e di improperi di quelli che in altre occasioni erano i sostenitori suoi. Ma anche nel corso di questi periodi di sveglia forzata, tradiva la malavoglia, la noia quasi. L'undici pareva seccato di dover sprecare novanta minuti di una partita per esso inutile. Nei minuti centrali del secondo tempo, gli attaccanti neroazzurri arrivavano finalmente a sferrare qualche tiro pericoloso; ma si trattava, più che altro di tentativi di affermazione personale da parte di Buzzin, e di gesti di stizza da parte di Nyers, mentre gli altri tre loro compagni di linea continuavano a dormire della grossa. Era così irritante il contegno dei neocampioni in èampo, che ogni tanto volavano dei pugni in tribuna: fra milanesi e milanesi, beninteso. Il Novara giocò tanto male quanto il mio avversario, per tutto il primo tempo. Mancava ancora Piola, e, se non na- scerà una occasione eccezionale, forse Silvio non lo si vedrà pifi sui campi di gioco. Per, squalifiche, ferite e rientri, anche nel caso degli azzurri piemontesi, la formazione era un po' rivoluzionata, nei confronti dell'edizione consuetudinaria. E, nel corso del gioco, altri spostamenti avvenivano ancora. Subito al fischio d'inizio, l'ala destra Pombia correva a schierarsi sulla sinistra della difesa e di li più non si muoveva. Con compiti difensivi o distrubatori generici retrocedeva pure Miglioli, di modo che in avanti non rimanevano che tre uomini, ed a tratti anche soltanto due. Quando questa sparuta rappresentanza della prima linea riusciva ad attaccare ed a farsi luce, nemmeno allora il rimanente della squadra si muoveva dalla posizione prudenziale assunta. Nessuno si faceva avanti, e grandi spazi, di trenta, di quaranta metri apparivano allora in mezzo al campo privi di ogni guarnizione di contendenti. Collezione di passaggi sbagliati, di palloni a campanile, di rinvi! mancati, di tiri sbagliati, da ambe le parti. Col pubblico che un po' sopportava con cristiana rassegnazione, ed un po' reagiva imprecando. A sette minuti dal segnale di quel riposo, di cui i giocatori non avevano bisogno affatto, perchè nessuno di essi, particolarmente quelli in maglia neroazzurra (per l'occasione si trattava di una maglia a tinta indefinibile) si era affaticato oltre misura, giungeva l'episodio che doveva decidere del risultato. Su un centro proveniente dalla sinistra, la palla veniva servita all'ala destra. Che non c'era. Nello spazio libero arrivava in corsa il mediano destro. Feccia, che, senza esitazione, sparava alto in direzione del lontano angolo della rete: il tiro batteva nettamente il portiere Ghezzi. La ripresa doveva esere leggermente più vivace ed interessante. Il portiere novarese Corghi, veniva finalmente chiamato all'opera da qualche tiro forte ed insidioso, e rispondeva con belle parate .Ed il Novara, pur mantenendo il suo sbarramento chiuso ed arcigno, giuocava meglio. Si sentiva sempre più sicuro di avere la partita nelle mani, col tempo che passava, e, cogliendo l'avversario di contropiede, portava una serie di attacchi, uno più pericoloso dell'altro. Uno di essi, condotto sulla destra da due uomini soli, è stato sotto il punto di vista tecnico, la cosa più bella di tutto l'incontro e solo per una circostanza banale non è stato coronato da quel successo che pienamente meritava. Stava scritto che nella giornata malgrado l'inerzia dell'avversario, il Novara non dovesse segnare più di una rete, perchè l'arbitro dava il segnale di chiusura dell'incontro proprio nel momento in cui un attaccante azzurro, a portiere fermo e rassegnato ed a bersaglio scoperto stava per sparare da pochi passi. Del resto, i novaresi dovevano apprendere negli spogliatoi che anche quella rete isolata non aveva che un valore platonico, perchè il Como aveva perduto a Firenze. Precisamente come da parte sua l'Inter doveva convincersi di aver avuto ragione a non affaticarsi troppo; ci aveva pensato la Juventus a non approfittare che della metà del danno. Vittorio Pozzo NOVARA: Corghl; Della Frera De Togni; Feccia, Molina II e Baira; Pombia. Janda, Renica, Miglioli e Savioni. INTERNAZIONALE : Ghezzi ; Giacomazzi e Padulazzi; Fattori, Giovannini e Nesti, Mazzoni, Mazza, Nyers, Buzzino e Skoglund. ARBITRO: Orlandtni di Roma. RETE: Feccia (No) al 38.o m. del 1.0 tempo. PUBBLICO: 10.000 persone circa. n .Novara è salvo dalla retrocessione: Marmo, dirigente degli azzurri (a sinistra), abbraccia Renica dopo l'incontro.

Luoghi citati: Firenze, Milano, Novara, Roma