Un'isola fatta apposta perchè vi dorma un santo di Marziano Bernardi

Un'isola fatta apposta perchè vi dorma un santo Un'isola fatta apposta perchè vi dorma un santo San Giulio tra la storia e la leggenda - Echi di un oscuro dramma di guerra nelle sale umbertine di villa Castelnuovo - La «sconfitta dei serpenti» (Nostro servizio particolare) Orta San Giulio, agosto. Non credo che molti degli innumerevoli motorizzati della passata feria d'agosto su questa riviera dell'antico Cusio conoscessero i versi del Prati, che non hanno nemmeno il merito d'esser pochi ma buoni come quelli del Torti, < Giulio venia sul dorso alla procella — e gli era barca il manto... »; nè gli altri del più oscuro Ignazio Cantù, < L'uomo santo allora stese — il mantello sovra l'onda — e, stupore! dalla sponda — ecco all'isola approdò ». Ma è certo che, traghettati i cinquecento metri d'acqua, e visto sul quarto pilastro destro della basilica il bassorilievo romanico che rappresenta il pio evangelizzatore Giulio d'Egina in atto d'attraversare tranquillamente il lago in piedi sopra un lembo di stoffa (e la tradizione non specifica se fosse impermeabile), tutti avran lodato un mezzo sì semplice ed economico, ed ammirato il coraggio che la fede ispira. Tanto più che quando qui 11 cielo all'improvviso s'incupisce e il vento soffia dalla stretta fra il monte Cerano e il Mottarone, e brevi e secchi come cannonate in vaile scoppiano i tuoni sulla giogaia di Sesia, è sorprendente scorgere il lago, ch'era testé un azzurro invito al remo ed alla vela e al nuoto, di colpo illividire e ribollire di schiumanti ondlcciuole, mentre abbuiati stormiscono i grandi alberi di questi stupendi giardini sotto il nembo, e l'isola laggiù si stacca bianca di luce cruda e fissa dall'acqua plumbea, nette e taglienti le sagome delle sue secolari opere murarie che vestono lo scoglio quasi di un'unica compatta architettura. Allora la leggenda dei serpenti che l'infestavano, posti in fuga dal sant'uomo venuto di Grecia col fratello Giuliano ad evangelizzare le genti pagane del luogo; e poi la fosca storia longobarda che riallaccia la solitaria torre di Buccione, da millecinquecento anni alta sullo scosceso promontorio, coi ruderi di Fella sull'opposta riva; trovano nell'atmosfera minacciosa quell'esatto rapporto fra verità e fantasia che mi sembra l'intimo pathos di questo troppo poco celebrato lago d'Orta. Così era nel tardo pomeriggio appunto della domenica di Ferragosto, che un temporale incalzava con intermittenti scrosci i gitanti infreddoliti. L'ampia finestra dell'atrio di villa Castelnuovo inquadrava con perfezione scenografica persino eccessiva, oltre lo specchio d'acqua color d'acciaio, l'isola di San Giulio fattasi, avresti detto, subitamente esangue e vuota di vita; ed eran quinte nere al suo astratto pallore le gigantesche conifere rare del parco, certo cresciute apposta per quel calcolato quadro da pittore romantico nordico. Al primo piano, la stanzetta del misterioso crimine. Vollero mostrarmela, indicarmi il letto sul quale, coi visceri già bruciati dal veleno, si stese in un sacco a pelo il maggiore americano Holohan e fu finito con una pistola Beretta dall'assassino sorteggiato; e il cadavere, portato al largo in una barca, inabissato nell'acque gelide, Oscuro dramma d'una guerra feroce, truce episodio che forse mai sarà chiarito d'una sorda lotta d'ideologie opposte, che col suo ricordo recente adesso adombrava queste pacate sale umbertine, nitide di stucchi, simboli cordiali d'una età pacifica e prospera. E tuttavia, trascorsi così pochi anni, la bella villa era piena di gente serena, lieta, ragazze e giovanotti fuggiti dal tennis in braghette sotto la pioggia; le macchine frusciavano sulla ghiaia dei viali, il padrone di casa andava fra gli ospiti col sifone per il vermuth, e già dalla parte di Omegna il sole rompeva la nuvolaglia. Vacanza di lago. Ma, ieri, un ufficiale venuto d'oltre Atlantico, trucidato fra i partigiani; e circa quindici secoli prima un duca longobardo, Mimulfo, qui fatto decapitare dal re Agilulfo per supposte intese con i Franchi: e suo — dicono — il sarcofago ricavato da un plinto romano che, ridotto a cassetta d'elemosine, sta nella basilica dell'isola proprio sotto il bassorilievo di San Giulio, a due passi dal famoso pulpito in marmo scuro di Olra, uno dei più preziosi documenti piemontesi d'arte di transizione dal bizantino al romanico. Fress'a poco la stessa cosa, in una lunga storia che sempre si ripete. Ma forse in una spontanea fusione di riposante amenità naturale con un retaggio antico di tradizioni leggendarie e d'opere reali; e in questo ricorrere continuo, ovunque da luogo a luogo appena ci si sposti con breve cammino, ora del sacro ora del profano; e poi nell'alternarsi vivace dell'epico con l'idillico; prende forma visibile il < genio » del lago che il confronto col prossimo fastoso Verbano, di là dalle dolci linee dei colli fra Gignese e Invorio, fa apparir modesto, e ingiustamente un poco umilia. Più adatta sepoltura di un santo, quale di fatti è, si saprebbe immaginare, dell'isoletta che da lui prende il nome, con tanta misura di spazio e di profilo collocata di fronte alla « Villa quae dicitur Horta pròpe lacum ejusdem 8. Julii », come si legge nel diploma dell'imperatore Ottone I, dell'anno 968, che si conserva nella sagrestia della basilica? Grandi fatiche aveva affrontato Giulio venendo fra questi mon ti a diffondervi la buona novella, a convertire e ad am naestrare. Per ciò occorreva no anche i miracoli. £ il prl mo fu la traversata del lago sul manto, il secondo la sconfitta dei serpenti, il terzo forse l'imposizione al lupo d'aggiogarsi al carro di cui, famelico, aveva divorato un bove: prodigio simile a quello di Colombano d'Irlanda, con la nota variante dell'orso ammansito a Bobbio. Ma l'ultimo, e certo il più poetico, questo pacifico fruttuoso sonno di 1553 anni sempre nel medesimo luogo, onde l'intera plaga se ne conforta, simbolo di fede pei credenti la polverizzata rei! quia nel profondo della cripta, e palladio antichissimo per quanti comunque non si sottraggono al fascino di un popolare mito. E da questo germinando anche l'arte — pur nell'urto deila pietà con la violenza (che al centro dello scoglio, già nel quinto secolo, il vescovo di Novara, Onorato, < uomo generoso e forte » come si legge sull'epigrafe della torre di Buccione, edificava il suo castrum, la fortezza poi demolita per far posto, nell'Ottocento, all'attuale Seminario) — ecco Guglielmo da Orta, il frate, gran costruttore d'abbazie e cattedrali, imparentato coi canavesani Volpiano, muover probabilmen te di qui, dalla ricostruita primitiva chiesa giuliana, intorno il Mille, per dar modelli a tanta architettura monastica no strana e francese. Ma il genio del lago, chi vuol trovarlo dopo aver fatto sosta davanti ai cancelli di queste ville silenziose che non ridesta no le immagini di Speranza e di Carlotta, ma piuttosto, nel la loro alta pace, quelle di materne custodi, di lunghe e pie tradizioni domestiche fin nel profondo del chiusi giardini, lo cerchi sotto l'annoso tiglio sul piazzale del convento francescano di Mesma, non lungi dal borgo collinare d'Ameno. E lo cerchi quando la sera discende. Marziano Bernardi

Persone citate: Beretta, Bobbio, Colombano, Fella, Holohan, Horta, Ignazio Cantù, Orta

Luoghi citati: Cusio, Gignese, Grecia, Invorio, Irlanda, Novara, Omegna, Orta San Giulio