L'osteria di Hitler

L'osteria di Hitler VAGABONDAGGIO PER L'ITALIA L'osteria di Hitler Selva di gru inerti nel meriggio dorato di Trieste - Un tedesco entusiasta delle meraviglie tecniche della "nuova città,, e coppie in gita sentimentale • Musiche sulle terrazze di San Giusto (Nostro servizio particolare) Trieste, agosto. La motonave Qrado che ogni mattina alle 6 precise suona la sua partenza dalla darsena di Grado non imbarca di solito, a quell'ora, molta gente. Il bagnante non è mattiniero. Preferisce, magari, se ha deciso | di veder Trieste, la seconda corsa: ce ne sono due al giorno e il prezzo è mite. < Tanto, paga il Governo >, mi dice un marinaio d'un altro battello, questo privato, che offre la gita per Lignano. Ma andare a Grado e non veder Trieste pare al bagnante un atto di leso patriottismo, e prima o poi finirà per andarci, anche solo per visitare San Giusto, palpare la corda del campanone e spedire qualche cartolina. La visita abituale difatti si limita a questo, tutt'al più a salire in ascensore (anche su San Giusto si va in ascensore) sulla torretta del faro della Vittoria, per < contemplare > il golfo, i moli, i cantieri,'i bianchi depositi dell'< Aquila > verso Muggia, e dalla parte opposta, la « riviera triestina > che si snoda fino a Mlramare, c nido d'amore costruito Invano > — come lo cantò Carducci — e raggiunge le torri grigie del castello di Duino: il maniero medioevale — dicono le .guide — che ospitò Dante, Liszt Rilke e D'Annunzio. Ma dal < belvedere > del faro della Vittoria si scorge solo Miramare, e Duino bisogna immaginarsela, se non si va sul posto, Ma 11 bagnante italico, anche se per un giorno si trasforma e si dà arie da turista, è pigro; il suo viaggiare è generico. Gli basta un'impressione. E questo risalta tanto più qui, a contatto di turisti stranieri, specialmente tedeschi; uno dei quali, quando il battello di Grado stava per entrare nel porto di Trieste, non si stancava di puntare la macchina fotografica a destra e a sinistra; e la sera al ritorno, dal discorso che mi fece, capii che non s'era fermato solo a scrivere cartoline, all'ombra di un caffè in piazza Unità. Aveva visitato anche le raffinerie dell'* Aquila >, e me ne parlava come della maggiore delle meraviglie < tecniche » della nuova Trieste. * * I passeggeri Imbarcati sulla Grado non erano dunque molti, quella mattina. Il tedesco, anzi l'austriaco (era di Graz) con moglie e figlia miope e un po' valchiria, una vecchia signora coperta di pizzi con terrier di stoppa al guinzaglio che pareva dipinto, con un collarino a foggia di colletto duro a punte e cravattlna rossa (11 piacevole tedesco la fotografò a tradimento, mentre lei e il suo cane guardavano il mare da poppa), coppiette in probabile gita sentimentale, altre persone del tutto insignificanti, qualche" poliziotto. Perchè a Trieste si può entrare Uberamente, ma vogliono sapere subito chi sei, e se non hai almeno la carta d'identità in regola, non c'è santi: ti tengono chiuso in dogana fino al ritorno. E allora Trieste la vedi veramente in cartolina, sia pure panoramica. Avviso al turisti distratti. Certo, Trieste non è Tina città turistica, ci si va per affari. Ma non è detto che, se gli affari non te lo vietano, non si possa andare a mangiare il brodetto a Sistiana o il < pesce blu » a Muggia. Io ho scelto Muggia, che è l'ultimo paesetto marinaro prima dell'attuale confine provvisorio (a qualche chilometro c'è un posto di blocco fra le due zone). Ci si va in filobus e in vaporetto da piazza Unità. Giorni fa un filobus andò a finire in fondo a un terrapieno, e per poco non s'infilò in mare; col vaporetto si attracca nel mandracchio di Muggia, proprio davanti a una osteria con pergola di vite selvatica e piante di gerani, il cui padrone tutti chiamano Hitler. E realmente la sua somiglianza con Hitler è perfetta, quasi sconcertante: lo stesso taglio di viso, la stessa mascella, gli stessi occhi, lo stesso ciuffo, gli stessi battetti. Un po' lui, un po', credo, la moglie, compiaciuta ch'io avessi trovato di mio gusto gli sgombri passati direttamente dall'acqua di mare all'olio e in graticola, mi hanno raccontato che l'osteria era un antico magazzino del sale. I muri a sperone o, come dicono in Liguria, a barbacane, sono larghi circa due metri, eppure, quando c'è alta marea, l'acqua filtra di sotterra, copre il pavimento per parecchi centimetri e, caso strano, è talmente filtrata che non sa più di sale. Si potrebbe be re, è purissima. Ma io fingevo di interessarmi a queste e altre cose, solo per aver modo di guardar meglio Hitler. Il quale s'è subito accorto a che cosa puntasse la mia curiosità, ma faceva finta di niente, come se la cosa non lo riguardasse affatto. Mi hanno detto che ogni tanto capitano qui tedeschi da Graz, da Marburgo, da Salisburgo ecc. e americani e inglesi, soltanto per veder lui; mangiano, lo guardano, ridono, e lui lascia fare. E' tutto commercio. Una volta venne uno spagnolo, da Mendoza, che non finiva mai di guardarselo. A un certo momento Hitler gli si avvicinò gli mise la mano sulla spalla, gli disse in triestino: «Magari lei crederà che io sia proprio Hitler, o almeno uno stretto parente; mi displace, ma io mi chiamo Giacomo Stener >. Ma non solo a Muggia, la sua osteria la chiamano tutti l'osterìa di Hitler. Salendo da Muggia verso Villa Opicina, tra vigneti e frutteti, villaggi e bianche villette, sidgzlIf s'apre ancora alla vista come in un plastico l'arco immenso del golfo; i magazzini, i cantieri, i depositi che lo frastagliano, e sotto, la città, le piazze, i palazzi, 1 bastioni e le terrazze dì San Giusto, lo scatolame dei quartieri nuovi quasi sull'orlo del crinale, e dalia parte opposta, oltre Punta Sottile, le case di Capodlstria, di Isola d'Istria e la punta di Salvore. In certi tratti, la strada quasi rasenta 1 paletti di confine, le pietre bianche che delimitano anche qui le due zone, e intravediamo qualche garitta e i] soldato jugoslavo di guardia, fermo in mezzo a una radura, sotto5 il sole a picco. Ma mi hanno indicato — forse per distogliere il mio sguardo — un piroscafo, arrivato il giorno prima dall'America che stava scaricando grano nei silos del porto Sant'Andrea. < E' farina che andrà ad alimentare le aree depresse. dell'Austria». Un altro piroscafo scaricava « greggio > per le grandi raffinerie, un cacciatorpediniere americano dominava con la sua massa grigia il molo Audace. Guardavo la'selva delle gru, inerti nella polvere dorata del meriggio, simili a Immense proboscidi di mostri. < Attendono... > dico. « Eh già, lo che ricordo 1 tempi che solo Amburgo poteva tentare di far qualche concorrenza a Trieste... Ma si va avanti lo stesso: la buona volontà non ci è mai mancata. Ne dà prova l'ultima Fiera >. Questo mi dice, con pacato ottimismo, il dottor Laghi, presidente del turismo triestino. Vicino a Opicina costeggiamo il villaggio degli americani: belle case moderne, campi di tennis, campi di gioco per ragazzi, sedie a sdràio enormi come letti, distese all'ombra di grandi tende davanti agli atril delle case, stuoie e tappeti per terra, tavolini da gioco, e uomini e donne e ragazzi tutti felici, in quest'oasi fresca circondata di pinete: luxe, calme e volupté — e scusatemi se cito un celebre verso di Baudelaire. Del resto, lo potrei citare anche per le serate che 1 triestini, — o chi può — va a passare sul bastione fiorito dì San Giusto, dove si balla fino a tardi; o va a godersi gli spettacoli d'opera all'aperto, sempre su San Giusto nel vasto cortile delle Milizie, o a gustare i vini e le prelibate vivande che la bottega dèi vino, con annessa ricca c biblioteca >, appresta dopo teatro. Il fresco notturno che sale dal mare si mescola allora con quello che scende dalle colline; e la douceur de vlvre è a portata di mano. G. Titta Rosa