Le rivoluzioni "fredde,, nuovo metodo di conquista

Le rivoluzioni "fredde,, nuovo metodo di conquista — STALI SS MI MA P ETTO Le rivoluzioni "fredde,, nuovo metodo di conquista Un pranzo nel rifugio dei Cremlino: "Proclameremo la teoria della coesistenza con i Paesi non socialisti,, - I dubbi di Voroscilòv e la risata di Beria Nell'ottobre 1943 fui invitato parecchie volte a pranzo nel rifugio di Stalin al Cremlino. Un giorno, mi pare fosse l'il, erano con noi Poskrebyscev, Molotov, Voroscilòv e Kalinin; la conversazione cadde sullo scioglimento del Comintern e Voroscilòv, che non aveva mai approvato quella misura, insistette con particolare energia sul suo pensiero. Mio zio gli annunciò che aveva in animo di convocare insieme il Politburò e i segretari dei Comitati locali del partito comunista, per discutere il problema. < Allora bisognerà prima di tutto stabilire in seno al Politburò che cosa intendiamo fare per la propaganda all'estero >, osservò il maresciallo. < La mia idea è questa — riprese mio zio. — Sarebbe semplicemente stupido e pericoloso pensare che l'U.R.S.S. possa esistere come un'isola socialista nel mondo, limitan¬ depntacrbdrPlnsptgcisssi*1111111111111 • 11111111 ■ 1111 ilm11111111111111 m 1 r 1111 f 11 do la sua attività all'autarchia economica; ma sarebbe ancor più pericoloso dichiarare che noi siamo costretti, per la natura stessa del nostro regime, a entrare in conflitto militare con i Paesi non socialisti. I russi per primi ci manderebbero al diavolo. Non possiamo dunque non proclamare la teoria della coesistenza del nostro Paese con i Paesi non socialisti: questo sarà il tema della nostra propaganda e, al tempo stesso, il nostro scopo reale, perchè non abbiamo nessun interesse a rischiare tutto in una guerra ». « Bisogna vedere se questa coesistenza sarà possibile e se in queste condizioni il nostro socialismo potrà durare... >, osservò Voroscilòv. A questo punto entrò nella sala il compagno Beria per il suo rapporto quotidiano. «Lavrenti — gli disse subito mio zio — credo che ben pre-1111111 f 111111111 f■ 11111111111111111111111 m 1 ti 11111 u 1 (11 t sto avrai a che fare con Klim (.nota: il diminutivo di Voroscilòv): non crede più alla vittoria inevitabile del socialismo nel mondo, non crede che tempo lavori per noi ». « Anch'io ho i miei dubbi su ciò >, rispose Beria con una schietta risata, che mise in mostra i suoi bei denti bianchi. La violenza « legale » < Quanto a me — riprese Stalin — non ho invece nessun dubbio. Qui nell'U.R.S.S. abbiamo tutto quanto può occorrere ad uno Stato; abbiamo un piano economico, e la energia e la capacità del compagno Beria per sorvegliarne l'esecuzione >. Poi, dopo una breve interruzione, continuò in tono grave: <C'è un solo pericolo da temere: lo sviluppo di una mentalità borghese, che dopo i vecchi possa contami- inare anche le giovani genera |zioni. Perciò non possiamo ri ^-liti0ia.r-c alla propaganda nel mondo: altrimenti 1 giovani, qui da noi, non ci prenderebbero più sul serio ». «D'accordo — disse Voroscilòv — ma mi sembra che siamo ancora nel teorico >. «Stai pur certo, Klim — prosegui mio zio — che passeremo al pratico. Una volta terminata la guerra, ricostruiremo un centro di propaganda e di collegamento per i partiti comunisti all'estero, ma non sarà più il Comintern: partiti comunisti diventeranno dei partiti nazionali, salvo il caso che una nuova guerra ci fosse imposta. Ho in mente un metodo nuovo per far arrivare al potere i partiti comunisti Prima la violenza precedeva la conquista del potere; d'ora in poi la violenza dovrà consacrare la conquista del potere, realizzata coi mezzi legali e profittando del regime parlamentare. « Basterà creare una coali zione delle sinistre, distaccando da noi una forte frazione del partito socialista, cosi da avere al potere un governo social-comunista. Riuscirà facile in seguito aumentare la parte dei comunisti nei vari governi, applicando la violenza legale nei confronti degli avversari, una violenza realizzata con la polizia e l'esercito:.. >. < Allora tu rinunci al metodo rivoluzionario! >, interruppe Voroscilòv quasi gridando. « Calmati, Klim. Non rinuncio affatto al vecchio metodo; solo che alle rivoluzioni " calde " io preferirò d'ora innanzi le rivoluzioni " fredde " >. Beria si avvicinò a mio zio e, stringendogli la mano, disse: < Quello che avete detto è una frase storica, Josif Vissarionovic. E geniale >. Molotov, invece, alzò le spalle: < Le rivoluzioni " fredde " non esistono! >. Mio zio prese un pezzo di carta e cominciò a trat.teggiare delle teste: faceva sempre così quando stava meditando intensamente. Poi pro¬ il| | S6f consentitemi di riassumer! la situazione. Io spero che il 'Politburò accetterà le mie pro- MI [ ! b > L1111 ! 11 ì 1 ! 11 i 11111MI ! 1111111M11111111M111M1111 ! u poste (e, così dicendo, guardò Molotov con una certa ironia). La coesistenza dei due sistemi nel mondo è possibile e necessaria .per noi, ma l'U.R.S.S. non può rinunciare alla sua funzione storica di affossatrice del capitalismo mondiale. Se vi rinunciassimo, l'U.R.S.S. diverrebbe facilmente preda di una restaurazione capitalistica. Bisognerà dunque disporre di un organismo per il collegamento coi partiti comunisti nostri alleati, nonostante la liquidazione del Comintern >. Non ho rievocato senza emozione questo dibattito, svoltosi nei sotterranei del Cremlino: quante volte ho ripensato alle <tesl> di mio zio, leggendo sui giornali gli eventi succedutisi nel mondo dopo l'ultima guerra... Nel '45 fui invitato ad un'altra colazione nella dacha di mio zio presso Mosca; si festeggiava il compleanno di Svetlana, ed erano presenti Molotov con la figlia, mio cugino Basilio Stalin, Voroscilòv, Mikoyan, Beria, Poskrebysce\». La salute di mio zio era gfa in declino a quell'epoca: il suo volto recava le tracce della fatica provocata dal tremendo lavoro nel corso della guerra, e mi accorsi fra l'altro ebe beveva soltanto l'acqua minerale del Caucaso. Dopo la colazione Svetlana, col fratello e la figlia di Molotov, andò nel parco. Mio zio si dimostrava assai pensieroso. Voroscilòv, ufficialmente comandante delle truppe sovietiche in Ungheria, ma in realtà rappresentante del Politburò nell'Europa centrale, parlò tutto il tempo della situazione magiara. « Ho paura che i piccoli prò-' prietari vincano le prossime elezioni (ciò infatti avvenne l'anno successivo) — diceva il maresciallo. — I comunisti ungheresi non valgono molto, e sarà un successo se arriveranno ad ottenere un terzo dei seggi ». «Non ha importanza — replicò Stalin —. Si imporrà ai piccoli proprietari una coalizione con i comunisti, e poi si arriverà all'egemonia dei nostri amici. L'essenziale è che il partito comunista abbia in mano 1 ministeri dell'Interno e della Guerra >. « E se i piccoli proprietari si rifiutassero? >. « Come vuoi che rifiutino, se la domanda è fatta dal comandante delle truppe di occupazione? Del resto non occorrerà proprio avere un comunista alla Guerra; basterà insediarci un militare qualunque, che abbia delle macchie nel suo passato, e quindi ci obbedisca ciecamente >. o o i e à e l r i a e i n è a o a a e r e a ù la e e, neananr ot oe il a e a a. a di ai « Questione di tempo » A questo punto intervenne Beria per chiedergli di definire la politica sovietica in tutti i Paesi occupati dalle truppe russe. « Bisognerà annetterli all'U.R.S.S.? >, chiese. « Sarebbe un errore grave », rispose mio zio. « Ma se quei Paesi non saranno interamente dominati da noi, potranno un giorno o l'altro uscire dalla nostra sfera di influenza >. « Sarebbe un grosso guaio, ma è facile prevenirlo. E' solo questione di tempo >. < Non bisogna però indugiare molto — intervenne Voroscilòv —. E' possibile che ci troviamo di fronte a disordini gravi, prima che la situazione sia in mano ai vari partiti comunisti ». «Puoi anche aver ragione, Klin., ma non ci credo — replicò Stalin —. La affermazione integrale del potere sovietico nella nostra zona di infuenza dovrebbe realizzarsi entro il '47-48. Certo dobbiamo attuare al più presto una nostra fascia di sicurezza, poiché il nostro potenziale industriale resterà ancora per molto tempo al di sotto di quello americano. L'Europa centrale e quella balcanica dovranno diventare la nostra zona-tampone >. « Non correremo intanto il rischio di un conflitto militare? >, interrogò Mikoyan. « Non credo — assicurò mio zio —. L'Inghilterra ci lascerà fare, perchè ha avuto la sua parte in Grecia, e gli Stati Uniti non possono muoversi senza la Gran Bretagna. Certo dovremo agire prudentemente, senza precipitare gli avvenimenti, e facendo trovare il mondo davanti al fatto compiuto ». Ebbi ancora occasione di parlare a lungo della situazione internazionale con Voroscilòv a Budapest, nel 1947. Gli chiesi dei Paesi nella nostra sfera di influenza, e il maresciallo mi rispose: «Ne ho parlato a lungo con vostro zio, a Mosca. Già quest'anno cominceremo a prenderli interamente in mano; altrimenti finirebbero con l'ìmporci una collaborazione col mondo capitalista». «E le truppe di occupazione? >, domandai ancora. «Non partiremo tanto presto, ma aspetteremo che sia compiuta la assimilazione dei vari Paesi. Abbiamo una possibilità formale di assicurarci una permanenza legittima in quelle zone, ed è l'occupazione dell'Austria: la sfrutter t ». « Ma il conflitto con gli alleati potrà limitarsi ad una semplice tensione, senza sfociare in una guerra? ». Voroscilòv fece un movimento con le spalle, e mi disse: « Almeno lo si spera! Vostro zio è risoluto a non lasciarsi trascinare in un conflitto armato. Quanto a me — e fece una pausa — l'essenziale è di non parere i responsabili di una guerra». Seppi poi dal mio amico generale Sviridov che Voroscilòv fa parte di quel gruppo degli intransigenti, nel Politburò, che sono pronti a correre il rischio di una guerra. 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