Italiani in America di Paolo Monelli

Italiani in America Italiani in America Enrico Fermi I cFermi, mi avevano detto a teNuova York, e l'unico di que-jtàgli scienziati che non abbia ostentato una crisi di sentimento o di rammarico alla creazione della bomba atomica. Ad ogni modo non ne parla volentieri. Ci siamo incontrati negli uffici del Consolato generale a Chicago, al settimo piano di un edificio che guarda sul lago verde, rabbrividito nel vento. Poi andiamo alla trattoria insieme. Mi cammina accanto, piccolo, un po' curvo e insaccato, quasi non badasse dove va. Seduti a tavola di fronte l'uno all'altro, noto le labbra sottili, l'alta fronte sguarnita, un sorriso di denti candidi fra l'arguto e il dolce, occhi nerissimi senza fondo. Parla con un forte accento americano; eppure e in America da soli dodici anni, e già è tornato una volta in Italia dopo la fine della guerra. Non crede che gli scoppi delle bombe atomiche possano portare malattie sconosciute, o distruggere il mondo. Veniamo a parlare della Poppa, il gigantesco cervello elettronico (Selenite Sequence FAectronic Calculator) che sta a Nuova York alla Madison Avenue, a cui scienziati, studiosi di statistiche, di finanza, di astronomia vanno come all'oracolo, chiedendo calcoli a cui l'intiera vita di un computista non basterebbe e che la macchina risolve in poche ore. Mi dice Fermi che anch'essa tuttavia sbaglia e ha le sue lune, e va meglio la sera che la mattina. Ma non c'è magìa ne miracolo in questo, la macchina fa solo quello che l'uomo le ha insegnato a fare; stupidamente, in fondo, che non sa fare che addizioni e sottrazioni, solo che le fa in un tempo infinitamente più rapido del cervello umano. Per tentarlo gli dico che c'è qualcosa di magico e di divino nel fatto che nella formula moderna della composizione dell'universo entri il simbolo », anche se la teoria dei numeri immaginari sia stata escogitata dagli algebristi italiani quattro secoli fa, per un astratto divertimento matematico. Mi smonta subito: il linguaggio matematico — dice non è che l'espressione di una certa logica, le -formule esprimo no relazioni fra certi gruppi di cose o di fenomeni; ogni volta che sia da esprimere una simile relazione, la formula va sempre bene. Ho l'impressione che conversi per cortesia, che la sua mente, i suoi interessi siano lontanissimi da noi, dalla tavola, dà quello che gli si dice. Riporto il discorso sui fatti atomici; parlo del. e bombardamento dell'atomo », poi mi correggo e dico « del nucleo ». Approva la correzione («è esatto») con un sorriso che mi pare ironico. E' professore all'Università di Chicago dove vive quasi recluso con la famiglia, con la moglie che seri ve con eleganza e competenza di cose scientifiche, con la fi glia grande. « Non credo che tornerei a vivere in Italia ». Nelle parole pacate, accompagnate sempre da un sorriso così sereno che par diabolico, sento qualche cosa di contenuto, di soffocato, chissà, rammarico, rancore. « Se tornassi in Italia credo che dovrei fare un periodo di adattamento ». Gli dico che questo gli sarà successo anche qui in America; ammette di sì, ma distrattamente, come per farmi capire che fu un'altra cosa, forse la necessità di adattarsi glielo rese più facile. Anche i suoi amici in Italia ha ritrovato diversi. te Non credo che andrei più molto d'accordo con essi », Clara Giannini mzpsiulucfleslatrnatapsfiDssqpcmtdlqvCltmsnscgsddstlmrpChi entra la notte nella baia di San Francisco, e volge gli occhi al nero della città che sovrasta a destra tempestato di lampi e di luci gli colpisce subì to la vista una parola enorme che campeggia fra il sommo degli edifici e il ciclo, la più gran de di tutte, come si converrebbe al nome della città; è invece il cognome di un italiano che fa l'armatore o l'esportatore: Ghifardelli. Questi italiani. San Fran cisco del resto ebbe come sindaco dal 1931 al 1943 Angelo Rossi, nato in California da genitori liguri; nell'atrio del mu nicipio gli hanno dedicato un busto con una lapide che lo loda perchè served viith fidelity e fu progressive, tolerant, hmnm Qualche volta si pensa che questi italiani diano troppo nell'occhio, ecco perchè la Bank of Italy fondata da Giannini cambiò nome; il fondatore stesso pensò a un certo momento che quell'/ia/y sulla facciata di migliaia di succursali di cui 800 nella sola San Francisco poteva sembrare troppo invadente, l'ha ribattezzata Bank of America; come conveniente a quella che è, anch'essa, come tante al tre cose di quel continente, «1; più grande banca del mondo », (Si sa che A. P. Giannini fece per la banca quello che Ford fece per l'automobile; la rese popolare; chi avesse da fare un deposito anche solo di un mezzo dollaro aveva il diritto di varcare a testa alta la soglia del Banco come chi ne avesse riti rato un milione). Ora la banca appartiene a un gruppo ameri cano; ma se avete bisogno d cambiare un assegno ci fa il visto sopra il signor Solari, che poi vi rinvia alla tavola del signor De Feo, assistito dai signori Vinci, Belli, e altri impiegati dai no mi altrettanto piani. gvgrcAtntsvcpfiEszlat 'n nessuna banca d'America che ho visto, le stanze destina- te alla direzione hanno la digni tà di quelle della banca Gian scusate, of America — ll'undccimo piano di un qua rato palazzpnc nella Montgomery Street a Chicago. Scmbra(i un appartamento reale; sale he vanno da un lato all'altro cil'cdificio appena distinte Cuna all'altra da vaste aperture senza vetri, pannelli di legno dora> alle pareti, un foltissimo tappeto rosso su cui ogni rumore si smorza; non un., scaffale, non un mobile, solo sparse qua e là lucide scrivanìe a cui seggono compostissime fanciulle che non fanno nulla, immobili come polene di navi. Non un tabellone sulle pareti, non una cifra, nulla che faccia supporre affari e traffici; solo in una vetrina la ruota del timone della prima nave da guerra americana che arrivò a San Francisco e che è emblema della Banca. Un ovattato silenzio avvolge quell'Olimpo, nessun rumore dal di fuori atte alle vetrate da cui la vista si sublima sulla baia e sugli edifici bianchi dei colli di fronte. Di tanto in tanto appare non si sa di dove un solenne signore n giubba nera che si china a sussurrare qualcosa a una di quelle belle fanciulle; che un poco si anima e comincia a picchiare su una silenziosissima macchina da scrivere. E può capitarvi di vedere entrare con passi rapidi e avviarsi erso l'ufficio sull'angolo in fondo, che era quello di suo padre, l'ultima della famiglia Giannidopo la morte del padre e quella prematura del fratello, avvenuta pochi mesi or sono — Clara. Ha i capelli nerissimi, l'aria e l'acconciatura di una zitella contenta di non avere un marito (l'ha avuto invece), una sagoma solida e robusta di donna di campagna. Non so quale sia la sua parte nel capitale sociale, certo non grande; ma ha gran voce in capitolo nel Consiglio della Banca, ha ereditato buon senso e l'acutezza di giudizio del padre e lo fa valere dissertando alla buona di investimenti, di finanziamenti, di partecipazioni. Parla un italiano dialettale ed energico, non sa nem meno lei come lo abbia impa rato; « devo averlo avuto sempre nel sangue », mi dice. Saltalamacchia e l a o nmdfptdgbtaHqgshsummsQui si chiama Salta perche gli americani hanno furia e nomi troppo lunghi non gli vanno; da vent'anni a Los An geles stanno addosso al maestro russo-milanese Amfitheatrof per che si contenti di chiamarsi Amfì, ma finora lui resiste con tutte le sue forze. A Romeo no, non importa essere chiamato Salta se questo può far piacere alla sua raffinata clientela, divi e dive di Hollywood, scrittori, banchieri, politici, artisti del Metropolitan, sovrani ed ex-sovrani, la figlia di Truman e l'Infanta de Espana, gentildonne della prima società, society, una aristocrazia chiusa e sospettosa, e dell'altra società, café society, più articolata e meno severa dell'altra. Romeo è uno dei diecimila o centomila osti italiani in America, di cui almeno un terzo meriterebbero il titolo onorario di console anche se si siano fatti cittadini americani. È' vivace, clastico, attentissimo, senza spocchia, dà ordini come uno zar e non ' disdegna sostituirsi a un piccolo per le più umili bisogne; e di ogni cliente sa il nome e glielo ripete ad alta voce quando entra. E i personaggi più importanti se li fotografa da sè alla tavola con l'abilità e la pratica di un professionista, e conserva le fotografie in un prezioso album, che non mostra a tutti, e da cui sa, se sia il caso, far scomparire temporaneamente questa o quella immagine. Romeo ha la lista delle vivande tutta scritta in italiano; e se un cliente si arrabbia perchè non ci capisce niente e minaccia di andarsene Romeo si stringe nelle spalle e dice: «Poco male. Guardi tutta quella gente aUbar che fa la coda da mezz'ora per ottenere un posticino. Madon na, ogni sera è più la gente che devo mandar via che quella che riesco a far sedere ». In una nicchia alla parete c'è naturalmente un'immagine sacra, la Madonna della Seggiola con- fiori freschi davanti e un lumino perpetuamente acceso; e sulla parete di fronte visioni di Amalfi e di Taormina e un enorme ingrandimento fotografico della bella e giovane moglie napoletana. Fbbe non so per quanti anni una trattoria sullo strip di Hollywood; e fatti abbastanza quattrini era venuto a fare il signore in Italia. Poi la noia Io sopraffece, ed è tornato a Nuova York; c il nuovo ristorante lo ha chiamato Mercurio; ed una statuetta di Mercurio, copia di un originale pompeiano, sta bene in vista in fondo alla sala. « Romeo, perchè proprio il nome di Mercurio hai scelto? Non lo sai che è il dio dei ladri? ». Romeo strizza un occhio e allarga la bocca a un sorriso furbo, proprio quello del napoletano che capisce che uno cerca di metterlo nel sacco, e naturalmente non se lo vuol lasciar fare. «E perchè crede che l'abbia scelto? ». E subito aggiunge abbassando la voce e guardandosi attorno con aria di complicità, « Madonna, non mi faccia dire cose che poi è capace di stampare ». Paolo Monelli

Persone citate: America Enrico Fermi I, Amfitheatrof, Angelo Rossi, Clara Giannini, De Feo, Giannini, Madon, Saltalamacchia