Le donne hanno creato la leggenda di Soutine

Le donne hanno creato la leggenda di Soutine DIECI ANNI DALLA MORTE DI UN PITTORE MALEDETTO Le donne hanno creato la leggenda di Soutine Molte lo amarono e condivisero la sua miseria - Troppo sapone ci voleva per lavare una camicia... - Oggi un quadretto di Soutine vale 3 o 4 milioni - Sul piano di Modigliani e di Van Gogh ■ Il terribile umore, le splendidezze improvvise, la fine orrenda - Inseguito dalle SS, trasportato all'ospedale in un carro funebre, muore sotto i ferri del chirurgo (Dal nostro corrispondente) Parigi, agosto. Dieci anni fa, durante la occupazione tedesca, Chaim Soutine morì, il 9 agosto '43. L'anniversario è stato ricordato con una mostra delle sue opere inaugurata in questi giorni alla galleria André Weil di Parigi. Si tratta d'una piccola mostra, di appena 27 fra nature morte e paesaggi, nella quale non sono esposti i ritratti che pure costituiscono uno degli aspetti più notevoli della sua pittura, ma essa è un avvenimento ugualmente importante perchè, a parte la retrospettiva organizzata l'anno scorso dalla XXVI Biennale di Venezia, è la prima volta che un gruppo di opere di Soutine viene presentato al pubblico. Lui xiivo non si era mai curato di esporre e, dopo la sua morte, è diventato difficile riunirne le opere che appartengono in parte ad alcuni collezionisti privati ed in parte sono ancora disperse nei villaggi francesi dove egli trascorse lunghi periodi della sua esistenza di profugo, di fuggiasco e di perseguitato. E' accaduto così un fatto straordinario: oggi i suoi quadri sono fra i più ricercati e pagati di tutti i pittori contemporanei, .ma nello stesso tempo sono anche fra i meno noti. A Parigi è un avvenimento quando un mercante riesce ad accaparrarsene uno e a tenerlo esposto per pochi giorni nella propria galleria e, le rare volte che un Soutine va all'asta, si riunisce all'Hotel Drouot lo stesso pubblico delle grandi prime teatrali e delle presentazioni dei modelli di Fath. Alla vendita, poi, i più modesti quadretti non raggiungono mai meno di tre o quattro milioni di franchi. Nessuna si lamenta Si può dire, insomma, che l'opera di Soutine, per la maggior parte del pubblico, si trovi ancora in un'atmosfera leggendaria. La critica le ha ormai assegnato una classificazione definitiva ponendola su un piano che non è affatto inferiore a quello su cui si trova l'opera di Amedeo Modigliani e, sotto certi aspetti, nemmeno di Vincent Van Gogh, ma per il pubblico è ancora l'attrazione d'un mito che agisce, piuttosto che una vera conoscenza diretta. Chi ha creato questo mito, che cosa ha dato origine alla leggenda del mugik emigrato a Parigi e diventato uno degli ultimi artisti maledetti? Tranne Amedeo Modigliani che gli fu molto intimo nei pochi anni che vissero insieme, Chaim Soutine non fu amico di nessuno degli artisti che vissero a Parigi ìicl periodo fra le due guerre. Non lo capirono ed egli li afuggiva: da solo affrontò la terribile miseria dei primi tempi, da solo, lontano da ogni gruppo e tendenza, affrontò il problema dell'arte, scegliendo a propri maestri Rembrandt, Gourbet, Van Gogh e Cézanne. Forse sono state soprattutto le donne che hanno contribuito alla leggenda di Soutine. E' stolto un amante incostante ma gentile, uno che ha lasciato dietro di sè più rimpianti che rancori. Non è difficile trovarne ancora qualcuna sulle terrasses di Montparnasse, dònne che hanno visstito per un certo tempo nel suo squallido studio di Villa Seurat. Donne ormai sulla cinquantina che avevano avuto quasi tutte in comune con lui il ricordo dell'infanzia in un ghetto dell'Europa orientale. Profughe della guerra, della rivoluzione . russa o delle persecuzioni ' hitleriane, fanciulle ebree arrivate in Occidente dopo il massacro delle loro famiglie e sfiorite giorno per giorno nella miseria dei piccoli alberghi del Quartiere Latino. Hanno amato Soutine, il pittore maledetto che aveva il naso schiacciato e gli zigomi forti d'un contadino russo, quando arrivarono a Parigi e avevano ancora vent'anni. Quante donne hanno amato Soutine? Si direbbe che tutte le fanciulle ebree arrivate a Parigi negli anni fra le due guerre abbiano vissuto a turno nel suo studio, abbiano cucinato per lui i conigli ormai putrefatti dopo essergli serviti da modello per più di un mese, gli abbiano lavato i panni sporchi e cercato di calmare l'atroce dolore allo stomaco. Nessuna si lamenta di essere stata messa alla porta, sostituita da un'altra ragazza appena arrivata dalla Lituania o dall'Ungheria. Ne parlano con affetto, con dolcezza materna. Parlano del terribile umore dell'ultimo artista maledetto come se si trattasse d'un bambino capriccioso. Sorridono indulgenti e, quando parlano di lui, i loro poveri occhi avvizziti precocemente hanno ancora un barlume che li fa ritornare giovani e belli. La tela tagliata — SI, certo, allora si faceva molta miseria: la prima volta che gli lavai la camicia Soutine mi rimproverò perchè avevo consumato troppo sapone, disse che avrei dovuto lavare soltanto il colletto. Però quando vendeva un quadro era straordinariamente generoso, per qualche giorno si faceva una vita splendida. Le sue vecchie amiche rac■ contano strani episodi che ne rendono sempre più attraente il mito. Quando un compratore pagava con uno chèque, Soutine, che magari in quel momento non aveva da mangiare, lo buttava via per evitare il fastidio di andarlo a riscuotere. Una volta un collezionista gli comprò sei quadri. In quell'epoca .Soutine vendeva già i quadri a diecimila franchi l'uno e il cliente accettò senza discutere quel prezzo per i primi cinque, ma sull'ultimo avrebbe voluto una riduzione. — L'accontento subito — disse il pittore e, prese le forbici, tagliò un'ampia striscia sui quattro margini del quadro, riducendone la misura. Poi lo consegnò al compratore dicendo: — Ecco: ora può valere, appunto, settemila franchi. Creano la leggenda di Soutine le sue vecchie amiche che raccontano queste storie sulle terrasses dei caffè di Montparnasse: dicono che quando l'inventore deii'argyrol, il dottore americano Barnes, gli comprò tutti in una volta una cinquantina di quadri pagandoli una somma che sarebbe bastata ad acquistare un palazzo, Soutine, che aveva soltanto un vestito di velluto pieno di macchie di colore e di pidocchi, andò subito da una manicure a farsi fare le unghie. E ritornò allo studio con una camicia di seta. L'ultima storia di Chaim Soutine non è una profuga russa che la racconta, ma una ragazza francese, MarieBerthe Aurence, l'ultima compagna della sua vita. Conobbe il pittore nell'estate 191,0, nei primi tempi dell'occupazione tedesca. Montparnasse era deserta, quasi tutti gli artisti avevano lasciato Parigi e si erano rifugiati in campagna. Ma Soutine, sempre più sofferente per l'ulcera allo stomaco, non si decideva a partire. Però una sera, rientrando nello studio insieme alla Aurence, seppe che c'era stata poco prima una perquisizione della Gestapo. Partirono quella sera stessa per Champign - surVendes, un villaggio presso Richelieu, al confini fra la Touraine e il Poitou. Violenza e mistero Per un certo tempo riusci a rimanere nascosto. Da principio il paesaggio, piatto e desolato, non gli era piaciuto, ma a poco a poco incominciò a subirne l'ispirazione. Un antico albero nodoso e contorto, un sentiero fiancheggiato di gelsi che si perdono lontanissimi all'orizzonte, il tramonto in un cielo denso d'uragano, una tempesta che curva i pioppi sulle acque morte d'uno stagno, bastavano a creare l'atmosfera di violenza, d'inquietudine e di mistero di cui egli aveva bisogno. Si rimise a dipingere con un impeto forsennato, spesso rimanendo un'intera giornata davanti al cavalletto in mezzo ad un campo battuto dalla pioggia. Alcuni dei quadri esposti ora alla galleria André Weil sono di quel periodo e, per la loro drammatica potenza, devono essere giudicati fra le sue opere migliori. Ma quella vita di lavoro, quell'esistenza libera in cui Soutine aveva ritrovato la felicità, non durò a lungo: la polizia al servizio dei tedeschi lo scoprì, gli impose di portare la stella gialla. « Credevo — disse Soutine alla sua amica — di appartenere all'universo, ora invece mi accorgo di essere un estraneo ». Non osava più uscire di casa, rimaneva quasi tutto il giorno in camera ad ascoltare la radio e si rallegrava soltanto, lui che non era mai stato comunista, quando udiva la notizia d'una vittoria sovietica. Poi però, una notte, dovette ancora fuggire mentre le S.S. stavano per venirlo a prendere e deportarlo in Germania. Con Marie-Berthe Aurence battè disperatamente la campagna; passarono di paese in paese. Trovarono moltissime porte chiuse e qualche casa di povera gente che rischiava la vita per ospitarli. Dormirono nei geniti, nelle botteghe degli artimoni, nei forni spenti. La malattia intanto si faceva sempre più grave. Ad un certo punto non potè più rest- sfere, non ebbe più la forza !di scappare, e Marie-Berthe jriusci a farlo ricoverare nel- ; l'ospedale di Chinati. Le sue condizioni si erano fatte gravissime e i medici non osarono sottoporlo alla operazione. Per trasferirlo a Parigi usarono un carro funebre, affinchè le pattuglie tedesche non lo sorprendessero in una lettiga. A Parigi, nella clinica del dottor Gutman, fu operato la notte stessa del suo arrivo e all'ai- ! i|i| ba, un po' prima delle 6 del i 9 agosto, Chaim Soutine morì sotto i ferri del chirurgo. Morì con gli interiori fuori del ventre, come quegli animali ritratti nelle sue smaglianti pitture. ...^ Sandro Volta «iriiiiiiitiiifiiiiMiiiiiiiiitiiftinttinritiiiniiiiiii L'« Autoritratto » che Soutine eseguì a 24 anni, nel 1918, e che oggi appartiene alla raccolta Fearlman di New York lIlllllliiiilllllllililiiililllliililiilliiiiiimiilMiliiiimiiiiiiiiiiiliiliiilliimiiiiiiiiiiiiiliiliiiiliiiiiD