nostalgia della vecchia Roma ad una mostra di fotografie

nostalgia della vecchia Roma ad una mostra di fotografie nostalgia della vecchia Roma ad una mostra di fotografie Figure e paesaggi dell'Ottocento, quando le donne «posavano» in atteggiamento sognante - Papa Mastai ad Ostia, I chioschi delle bibite in piazza del Pantheon - Tono barocco, vecchiotto e commovente (Nostro servizio particolare) Roma, 5 agosto. L'Ottocento ha, fra i moltissimi suoi meriti, anche quello di aver creato un'estetica fotografica, una sua particolare « logica » delle immagini meccanicamente riprodotte. Dagherrotipi e fotografie di quell'epoca esprimono appieno quel mondo, le sue aspirazioni ed i suoi gusti, la sua forte linfa interiore e le sue debolezze. Tutto è rivelato dalle «ombre » un po' gialle, un po' sfocate; uomini e paesaggi si armonizzano col tempo che li esprime. Gli stessi « mezzi », le lastre a lenta impressionabilità, gli obbiettivi scarsamente rapidi, le carte da stampa chimicamente imperfette, paiono, anziché un handicap, uh apporto positivo per le prime fotografie. Impongono ai « ritrattati » la posa studiata, suggeriscono abbandoni e atteggiamenti nel carattere del personaggio: indici al mento e sguardi sognanti di donne in abito di gala; gravi cipigli di uomini di Stato; solennità di monarchi; fieri gesti di soldati; sognanti volti di poeti e di musici. Sono palesi le influenze dell'arte figurativa romantica (l'artista si chiama infatti « pittore-fotografo ») e tutto ha un tono un po' barocco, vecchiotto e commovente. Questa è la prima impressione che balza all'occhio visitando la Mostra della fotografia a Roma (1840-1915), allestita dagli Amici delle Mostre a Palazzo Braschi. Vi sfila innanzi la Roma di un settari te nn io: è come un film statico che rivela inedite, insospettabili immagini della città papalina per portarci, attraverso il Risorgimento e l'anelito unitario, fino all'intervento. La Roma dei primi ingrandimenti di Anderson è ancora quasi quella che vide Goethe, che Belli cantò, che Pinelli ritrasse nelle sue stampe. La piazza del Pantheon ha ancora i chioschi dei « bìbitari », uomini in tuba passeggiano per il Campo Vaccino non ancora cintato come zona archeologica. Si rivivono eventi e piccole cronache della capitale di Pio IX: il castello di travi per l'erezione del monumento all'Immacolata in piazza di Spagna, la visita di Papa Mastai agli scavi di Ostia; in un'unica bacheca sono raccolte le fotografie dei luoghi ove s'infranse la resistenza dei volontari della Repubblica romana: il Vascello, villa Spada, il casino dei Quattro Venti, povere costruzioni sforacchiate dalle cannonate o per buona parte demolite, come il casino Malvasia o l'arancera di Villa Borghese. Di contro all'* apparato » della Marina Pontificia per onorare il ritorno di Pio IX (1869), ecco gli apprestamenti contro l'invasione garibaldina a Ponte Salario e Porta Angelica, i gruppi di zuavi feriti a Mentana, il trofeo della fanteria papalina con la scritta « non praevalebunt » (la frase è ripetuta, in altra sala, sotto il rigo musicale in calce ad una fotografia offerta da Liszt al Santo Padre nel '65). La storia incalza: al pittr "> ■ sco apprestamento di dife Porta S. Giovanni fanno riscontro le immagini dell'accampamento italiano a Villa Torlonia e la curiosa foto « re trospettiva » eseguita il 21 set¬ tembre 1870 a Porta Pia, nella quale fantaccini e bersaglieri sono ritratti in atto di sparare sui papalini fuggiti da ventiquattr'ore. All'unità segue (ammonisce una didascalia) « lo stentato adeguarsi dei piemontesi » entro gli schemi solenni, seppur talvolta angusti, della vita romana ». Passato il tempo (1849) in cui a Roma esistevano sette « meccanici-fotografi » (li elencava una guida delle industrie e uno di essi, tale Suscipi, vi si vantava di « ritrarre persone e vedute che riescono sorprendentemente bene ») l'obbiettivo era diventato, dopo il '70, il testimone immancabile di ogni avvenimento: rivediamo le fastose nozze di Vittorio ed Elena, l'enfatico tumulo di Umberto al Pantheon, l'inaugurazione dei monumenti a Garibaldi e Giordano Bruno con la selva dei labari massonici. Dalla politica si passa all'arte: sulle pareti una folla di visi noti. Nei clichés dello studio Chauffourier i gruppi hanno la composizione e l'impianto dei pastelli di Degas; davanti a Villa Medici Massenet è a braccetto di Barthélemy, i due Mommsen passeggiano al Foro, la Duse e Sardou a Villa Borghese, Liszt e Sgambati al Gianicolo, Catulle Mendès al Palatino con una donna velata. In altra sala, i primi ritratti « simbolisti », due nature morte futuriste e le « positive » inedite di artisti, letterati, attrici, tenori: la Serao con la pettinatura della goulue. D'Annunzio senza pizzo coi baffi alla Guglielmo, lo sguardo troppo profondo della contessa La¬ 1 ra, Gandolin in loden, Trilussa coll'ampio bolivar alla brava, simile ad un Capitan Fracassa. Cardueci del tempo dì San Miniato sta accanto ad un Pascarella chino sulle bozze al caffè Greco. D'Annunzio, dopo un comizio interventista a Trinità dei Monti, risale in carrozza con Respighi. Il fotografo Bonaventura ha per sè una parete e ci presenta un sorprendente Rodin in pince-nez (la più bella effigie dello scul tore) e i ritratti « crepuscolari » di Spadini, Mascagni, Fregoli, Tina di Lorenzo, Maria Jacobini e Bragaglia. Poi viene la Roma scomparsa. I suoi sindaci: Filippo Do, ria Panfili, Leopoldo Torlonia, Onorato Gaetani, Prospero Colonna. E la «piccola città»: l'intrico di viuzze attorno a Mazza Venezia e al Campidoglio, i monumenti e le piazze prima del risanamento. Rivivono negli sbiaditi documenti di cento fotografi gli angoli di una città borghese e monumentale, popolana e cordiale, quale Roma era ancora nel periodo umbertino. Una Roma che non si può guardare senza una punta di nostalgia. a. n.

Luoghi citati: Mentana, Ostia, Roma, San Miniato, Trinità