Dal Lotto al Luini

Dal Lotto al Luini IL LIBRO DEL GIORNO =- Dal Lotto al Luini Anzi, più « libri del giorno » questa volta. Perchè son gli avvenimenti d'arte in corso, a chiamarli in causa; e se fosse uscita per la mostra di Cortona un'adeguata monografia sul Signorelli davvero non potremmo accusare gli autori e gli editori italiani d'una mancanza di tempestività. Non si parla di Chagall e Picasso, pullulando su questi due famosi (e Dio ci scampi dall'alludere al senso manzoniano attribuito all'aggettivo dal cappellano crocifero a pag. 426 dell'edizione principe) tante pubblicazioni d'ogni lingua e formato e prezzo da soddisfare i quasi centomila complessivi visitatori delle due mostre. Ma il povero Lorenzo Lotto, fin qui accompagnato da ben magra bibliografia dopo il rivendicatore studio del Berenson di quarantott'anni fa; ma il tapino Bernardino Luini, da gran tempo sottratto agli incensi ottocenteschi ed anche da Adolfo Venturi confinato fra i pittori monotoni e senza fantasia; entrambi sarebbero rimasti alquanto umiliati nei confronti del russo e dello spagnuolo, se in occasione delle mostre di Venezia e di Como — aperte fino a quest'autunno — non avessero provvisto al loro prestigio due donne studiose e un valentissimo storico dell'arte. Le due donne sono Anna Banti, moglie di Roberto Longhi che del Lotto s'occupa saltuariamente da oltre un trentennio, e Angela Ottino Della Chiesa, ispettrice della Galleria di Brera e curatrice della mostra di Villa dell'Olmo. Lo storico è Luigi Colet¬ ti, che al veneziano dedicò due interi corsi universitari dalle cattedre di Padova e di Trieste, e nel 1923 ebbe la ventura di scoprire a Treviso, in casa Rover, la perla della ' ritrattistica lottesca: quell'affascinante enigmatica figura d'uomo della Galleria dell'Accademia (allo Stato l'assicurò poi il Fogolari), da lui poeticamente battezzato « Giovane in pena d'amore », forse per i pallidi petali di rosa sfogliata in un rapimento di pensieri prima che la mano del bellissimo misterioso — mano degna d'un Byron, d'uno Shelley — tornasse a posar sull'infolio, aperto ma dall'occhio ancora abbandonato. Di Lorenzo Lotto (Firenze, Sansoni, con 258 ili. in nero e 10 tav. a colori) la Banti con letteratisslmo linguaggio ha ricreato, attraverso le pitture, la biografia morale, quella che più interessa di un artista tormentato e contrastato, ramingo nella provincia veneta e marchigiana spesso incalzato dal bisogno, insomma fino ai tardi anni Infelice, quando, entrando oblato nel convento di Loreto, sul suo "Libro del conti" scrive: «Per non andarmi avolgendo più In mia vecchiaia ho voluto quetar la vita in questo santo locho » ; ed ha lasciato ad Antonio Boschetto la cura dei regesti, delle note, del cataloghi delle opere certe, di quelle attribuite ma apocrife o incerte, e di quelle perdute o smarrite. «Non aver riconosciuto, come dovrebbe, uno dei massimi fra 1 pittori italiani e anche non italiani»: in questo giudizio è implicita la posizione critica della Banti di fronte al Lotto, altrove da lei definito, evidentemente in un trasporto di soverchio entusiasmo (in questo libro, però, più saggiamente contenuto), pennello «il più autentico e originale del Cinquecento >. A voler concludere senza superlativi, del resto, si sa, ad artista di tanta statura tutt'altro che inadeguati, si può passare alle pagine del Coletti (Lotto, Bergamo, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, con 206 tav. di cui 11 a colori) che giustamente ne dichiarano la pittura «antirinascimentale » per il gusto ancor gotico e la sensibilità romantica, «antiveneziana» per la fedeltà alle tinte chiare atonali quattrocentesche, « arcaizzante » per il disinteresse prospettico già quasi manieristico e per l'affollamento degli episodi: ciò che spiega, malgrado le anticipazioni luministiche e la moderna vibrazione del tocco, la sua scarsa fortuna in una Venezia abbagliata dalla rivoluzione tonale giorgianesca e tiranneggiata dalla dittatura tizianesca. Quanto al sereno, placido, riposante, ed ora gravemente religioso ed ora festosamente profano, ma sempre gentilissimo Bernardino Luini (Milano-Firenze, Electa Editrice, con 128 ili. ed 8 tav. a colori), come non lodare l'affettuosa diligenza della Ottino nel tratteggiare la figura e l'arte di colui che fra l leonardeschi fu forse il più familiarmente «lombardo»? mar. ber.

Luoghi citati: Bergamo, Como, Cortona, Firenze, Milano, Padova, Treviso, Trieste, Venezia