Tramontano nella solitudine i vecchi legionari stanchi di Gigi Ghirotti

Tramontano nella solitudine i vecchi legionari stanchi Tramontano nella solitudine i vecchi legionari stanchi Visita alla casa di riposo della Legione - "Vuoi combattere? Ci sono italiani dall'altra parte,, - Lontane fughe dai carabinieri vendicate in Africa con qualche sgarbo - Nostalgia della patria nello smorto sorriso di due pensionati (Dal nostro inviato speciale) Auriol, 4 agosto. Sono passati per Marsiglia i due giovani del delitto di Roma, Salierno e Conforti? Da più d'una settimana interrogo uomini della Legione e dell'angiporto Di molti italiani che hanno scelto 11 destino legionario ho avuto notizia: Nasoni, Piatti, Piantini, Bardini. Filippoli, Messina e tanti altri. Ma di Conforti e Salierno nessuno ricorda il nome, a Marsiglia. Se son passati di qui, han scelto certamente altra via che il Fort St. Nicolas. Probabilmente si sono imbarcati di soppiatto, sonò giunti in Algeria — a Sidl Bel Abbès — nella speranza che In Africa sarebbe stato più agevole entrare nella Legione Straniera. Al Fort St. Nicolas c'è aria cattiva per i delinquenti comuni: me lo confermano un alto funzionario del nostro Consolato e 1 missionari della parrocchia cattolica italiana del quartiere «Belle de mai ». I due giovani fuggiaschi debbono aver conosciuto lo stesse informazioni di cui sono venuto in possesso anch'io: dirige il Deluderne Bureau a Marsiglia un ex-ufficiale delle SS. E' lui 11 supremo custode dello « spirito legionario ». La Legione ha un suo codice, diverso dal comune, ma rigido e improntato a grande fierezza. «Devi confessarti: la Legione ti deve conoscere. Ti giudicherà, ma deve saper tutto di te, per proteggerti o per escluderti»; questa è la formula con cui si iniziano gli Interrogatori nel Fort St. Nicolas. Il requisito fondamentale è un passato non vergognoso. Questa è una tradizione: mi è stato cosi confermato anche ad Auriol, nella « Maison de rétralte » dove 1 vepchi legionari a riposo trascorrono le giornate del tramonto. Auriol è un piccolo paese alle bocche del Rodano, trentacinque chilometri da Marsiglia. La « Maison » - è un po' discosta dal centro abitato. Vi si arriva per una stradella polverosa che sale dolcemente sulla collina: tutt'intorno un canto, incessante di cicale, le cicale di Provenza che sembrano arse dalla febbre dell'estate. La collina è ruvida, spelacchiata; qua e là, mostra larghe chiazze di sasso sotto una peluria appena di verde. La « Maison » si compone d'un fabbricato centrale, di qualche edificio minore e di alcune baracche adibite a deposito di attrezzi agricoli. Ad ogni cancello, le scritte «attenzione, cani pericolosi ». Lungo il muricciolo di cinta, non incontro anima viva. Lo percorro all'lngiro, cerco un'ombra sul pendio per osservare, dall'alto, la vita della « Maison ». Un contadino mi scorge alla lontana e m'intima di fermarmi. — Che cosa andate cercando da queste parti? Fermatevi! — Cerco un posto per la mia tenda. — Non è luogo da campeggiatori, andatevene. — Fatemi salire, almeno per un bicchier d'acqua... — E' proprietà privata, tornate indietro. I polli del contadino Ma il contadino non attende spiegazioni e prima che io mi sia girato egli lancia contro di me, sul sentiero, quattro suoi piccoli cani inferociti, a sbarrarmi il passo. Ritorno di corsa alla «Maison»; sul cancello s'è affacciato un vecchiotto, che sorride per la mia disavventura. «Vi avrà scambiato per un legionario, quel contadino. Ha sempre paura — mi spiega affabilmente il vecchio — che noi gli andiamo a rubare i polli o a tirargli i piedi di notte. E' un pover'uomo... ». Il vecchio si regge sul bastone, cammina faticosamente. Ha trentadue anni di servizio in Legione; ora è a riposo, da poco tempo. Ha incominciato la sua carriera sulla Marna, al tempo della prima guerra mondiale. Poi passò in Marocco, poi in Siria. « Souvenir de la Sirie», mi dice sorridendo: apre la camicia, vedo il suo petto percorso da una lunga cicatrice paonazza. Il vecchio s'è fatto loquace. «La Legione è un'avventura; è la vita, è la morte. Chissà cos'è la Legione. Si entra giovani e si trascorrono gli anni a maledirla, senza lasciarla mai ». Mi racconta che nel '20 sotto il <fanion» — cioè lo stendardo rosso e verde della Legione — vennero ad arruolarsi centinaia di «russi bianchi », cacciati dall'Armata comunista. Nel 1925, grande infornata di « sovversivi » italiani, «teste calde, cuor generoso». Nel 1934 i cancelli s'aprirono per accogliere i tedeschi che Hitler aveva bandito dalla loro patria, «buoni soldati, ma foi ». La « leva » del repubblicani spagnoli incominciò nel 1938 e fu una leva di spericolati. Tra il 1940 e il '47 la Legione raddoppiò gli effettivi con « senza patria » d'ogni paese. Collaborazionisti, disertduvagmd tori, ex-partigiani, fuggiaschi dai campi di concentramento, uomini senza più pace, nè lavoro, nè speranza. L'Europa per mille rivoli ha alimentato questo oscuro lago che è la Legione: ora, nel fondo, non ne restano che poche gocce, questi pensionati dalle membra arrugginite, alcuni del quali — 11 vediamo — si stendono finalmente 'sulla poltrona a sdraio dòpo tanto camminare. Canti al tramonto Ci sono due operai, nel cortile, che mi guardano con interesse: «Siete italiano?» mi chiedono Mi vengono incontro con un sorriso stanco: «Iddio vi ha mandato. Di che paese siete?» mi chiedono. Giuseppe è di Trento, Antonio di Como: tutti e due legionari a riposo. La loro avventura Incominciò nel 1932, dovette essere un piccolo dissidio con 1 carabinieri a farli emigrare clandestinamente. «Non si mangia senza le carte In regola », raccontano. Indossarono l'uniforme della Legione, camminarono per l'Africa, cammellieri nel deserto, mitraglieri e guastatori in tempo di guerra. « Prima dell'assalto il capitano ci chiedeva: Volete combatterei Guardate che di là ci sono Italiani. Noi rispondevamo: Contro gli italiani, no. Ci mandavano a far piste e fortilizi ». Aggiunge Giuseppe: « Quando il mio reggimento faceva prigionieri italiani, li mandava da me. Ho trattato bene tutti; soltanto I carabinieri, qualche volta... ». Parla un italiano stentato e sfatto ormai. Ha un braccio semiparalizzato: Indocina. Ha in tasca le cartoline del familiari che ancora, da Trento, gli mandano qualche rado saluto. « Questa è mia nipote, nel giorno delle sue nozze»; mi indica una radiosa faccia di montanara. «Non l'ho mai vista. Chi si ricorderà più di me nel mio paese? Credete sia possibile ritornare? Il Console, credete che 11 Console potrebbe farmi una carta, una carta qualsiasi?...». Antonio, nel frattempo, è salito anche lui alla Maison ed è tornato con il suo fagottino di vecchie fotografie: «Questo è il figlio di mio fratello, quando aveva due anni. Adesso, pensate un po', vorrebbe diventar legionario. Gli ho scritto io quattro pagine come si deve, per aprirgli gli occhi... ». — Ma cosa vuoi avere scritto tu, che sei analfabeta! — esclama Giuseppe. — Io ho dettato, ho spiegato tutto a Franz e Franz ha scritto. Franz, apprendiamo, è l'amico intimo di Antonio. E' cecoslovacco ma, mi assicurano, conosce tutte le lingue. E' augurabile, in ogni modo, che al nipote di Antonio sia giunto chiaro l'ammonimento a non ' seguire l'esempio dello zio. Nella « Maison » i vecchi legionari sono considerati « civili». Pagano la retta, vestono la tuta, s'occupano d'agricoltura. Li scorgiamo dar l'acqua all'orto, gettare il becchime ai polli ; uno esce al pascolo con la capretta, l'altro passa con il rastrello sulla ghiaia del viali. Al centro del cortile, una piattaforma con 1 pennoni per le bandiere. « Quando ci son le cerimonie vengono 1 generali e poi c'è vino in abbondanza». Ognuno ha un'occupazione; Giuseppe e Antonio stanno costruento 11 « garage » per il direttore della « Maison ». Non più la tromba, ma un sordo campanaccio li chiama alla soupe e al riposo della sera. Al tramonto, la collina risuona dei canti di questi vecchi legionari arrugginiti. « Ma son canzonacce, la gente in paese ci guarda male », dice Giuseppe. «Siete sposati?». Non sono sposati. «Abbiamo mille fidanzate, una in ogni paese dov'èpassata la Legione ». Ridono. Giuseppe mi fa vedere ferite e tatuaggi; ad Antonio chiedo: «Che ne pensi della Legione?». Apre la camicia sul petto, c'è scritto col fuoco: « Régénéré par la Legion ». Gigi Ghirotti

Persone citate: Auriol, Bardini, Hitler, Nasoni, Piantini, Salierno