Giudizio sui Marescialli

Giudizio sui Marescialli S T A Im I 217 MI MA DETTO Giudizio sui Marescialli Shapoznikov e la strategia tedesca ■ Scarsa attitudine di Zukov a considerare le battaglie dal punto di vista marxista - Voroscilov e il «Piano Tamerlano» - Il litro e mezzo di vodka di Budienny - Timoscenko ha la guerra nel sangue • Rokossovsky corse il rischio di essere fucilato Ora che 11 gioco della propaganda non inaiate più sull'esaltazione di Stalin come unico artefice della vittoria nella seconda guerra mondiale, incomincia ad apparire in primo piano la figura dell'uomo che rese possibile, con la sua accorta strategia, prima la resistenza, poi l'impetuosa controffensiva contro i tedeschi: il maresciallo Shapoznikov. Ma durante il corso della grande battaglia di Mosca, nel '42, si parlava di questa straordinaria figura di tecnico della guerra soltanto fra le personalità di primo piano del governo e dell'esercito sovietici. A onor del vero, mio zio non esitava a riconoscere pienamente i meriti di quest'uomo, e durante una delle consuete conversazioni serali nel rifugio del Cremlino ebbe a questo proposito una vivace polemica col capo della sua segreteria, il quale non era in buoni rapporti col maresciallo e sosteneva, quella sera, che Shapoznikov non aveva inventato nulla di nuovo. « Ma ha fatto qualcosa di più che inventare! — proruppe di rimando Stalin. — Egli ci disse con grande anticipo quello che sarebbe stato il nuovo dogma militare dei tedeschi. E' vero che si limitò a scegliere e a far stampare la traduzione delle opere dei migliori generali del Reich, ma e anche vero che con questo sistema gli allievi delle nostre Accademie seppero in precedenza quale sarebbe stata la strategia e la tattica dei tedeschi nella guerra ancora di là da venire ». Cosi dicendo, mio zio si alzò per prendere alcuni volumi nella biblioteca da campo, che si era fatta costruire nel rifugio, e sfogliando I libri soggiunse: « Guardate: Eimannsberg af- a o l ' e i o iiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiriifermava nel '35 ohe l'artiglieria avrebbe perduta tutta la sua importanza, eccettuata la artiglieria anticarro, e Shapoznikov già nel '36 ci raccomandò di istituire al più presto un'artiglieria autotrasportata, che superasse in velocità i carri armati e consentisse di organizzare il tiro di sbarramento nella località scelta in anticipo dal nostro comando. Quanto a Guderian, sosteneva che il carro armato avrebbe costituito l'arma decisiva, e chiedeva di sopprimere addirittura l'artiglieria come arma autonoma; ma Shapoznikov ci ricordò la vecchia verità che l'artiglieria è il "Dio della guerra" e che i carri non costituivano, in fondo, se non una modificazione provvisoria dell'artiglierìa autotrasportata. « Shapoznikov si preavvertì pure della tattica d'impiego delle armi blindate preconizzata da Guderian; potemmo così elaborare in gran fretta i nuovi manuali di combattimento per fronteggiare la " guerra del carri " e per evitare che questo conflitto diventasse una " guerra-lampo ", com'era nei disegni di Hitler... >. Svetlana pessimista «Ma i suol meriti non gli hanno consentito di fermare le armate tedesche alla frontiera, e nemmeno sul Dnieper», interruppe il segretario. «Questo non è dipeso da Shapoznikov! Subito, nei primi giorni della guerra, perdemmo troppi aerei, I nostri carri erano ancora i M-26, mentre ora atanno già in linea i T-34, e non avevamo abbastanza artiglieria autotrasportata. L'importante è che 1 tedeschi non sono riusciti ad impegnare nessuna battaglia decisiva di annientamento, nè a realizzare il loro obbiettivo della guerra-lampo! ». Mio zio era in forma quella sera, e si trattenne ancora per più di mezz'ora a parlare del conflitto e del nostri generali. « Il compagno Zukov (era stato da poco promosso maresciallo) è il nostro Guderian, — disse sorridendo. — Non nasconde la sua ammirazione per i mezzi blindati e crede che questa guerra terminerà con una gigantesca battaglia di carri armati, nonostante il parere contrario di Shapoznikov. Il compagno Zukov è molto più giovane di Shapoznikov, ma ha meno disposizione a vedere le questioni della strategia e della tattica dal punto di vista marxista. Non voleva capirlo in un primo tempo, e dovetti spiegargli personalmente che strategia e tattica possono essere trattate anche da questo punto di .vista ». Si venne poi a parlare delle vicende della guerra. Svetlana non nascondeva le sue preoccupazioni per l'esito della battaglia di Mosca, allora in pieno svolgimento; suo padre, per contro, era di un incrollabile ottimismo. Comunque, spiegò, per qualsiasi eventualità e già pronto il « Piano Ta- merlano », steso dal maresciallo Voroscilov. « Avremo sempre la possibilità di ritirarci al di là del Volga — disse — e di costituire una barriera invalicabile nelle regioni tra il fiume e gli Urali. Appoggiandoci su questi monti e sulle regioni industriali della Siberia, potremo continuare la guerra indefinitamente. Pur ammettendo che, approfittando della nostra ritirata, i tedeschi riescano ad invadere l'Inghilterra, la vittoria finale non l'avranno mai, perchè non potranno colpire gli Stati Uniti; e noi ad un certo momento saremo in grado di uscire dal ridotto siberiano e vibrare un colpo decisivo ai tedeschi, inseguendoli per tutta l'Europa fino ai Pirenei, e creando l'Unione Sovietica Europea... ». «Il compagno Voroscilov è sempre molto ottimista e anche un po' esaltato », esclamò Svetlana. « E' vero — replicò Stalin — e dimentica una cosa essenziale. Questa è una guerra patriottica, non una guerra rivoluzionaria. Se continuassimo nelle nostre ritirate, abbandonando le più belle regioni russe in nome del suo " Piano Tamerlano ", il popolo russo finirebbe col mandarci al diavolo ». Nella primavera del '42 ebbi ancora, occasione di assistere ad una riunione, nella quale mio zio espresse vari giudizi sul conto dei marescialli Timoscenko e Budienny. «Il compagno Budienny — disse — manca tuttora di una solida Istruzione militare. E' un buon generale, ma con la mentalità di un sottufficiale. E poi ha un carattere impossibile; bisogna che il suo capo di Stato Maggiore sia un angelo per non litigare con lui! Non parlo poi del suo amore per la vodka: è capace di berne un litro tutto in una volta durante le riunioni del buo comando, e mi hanno detto che a Kiev, nel rapporto per lo sgombero della città, ne ingollò un litro e mezzo. Il guaio è che più invecchia e più beve... ». Parlando di Timoscenko, Stalin diceva: «Ha la guerra nel sangue, ma anche lui difetta di cultura; per quanto sia stato mandato d'autorità ai corsi speciali della Scuola Militare di Mosca, non ha mai potuto digerire le equazioni di secondo grado. E anche lui non va mai d'accordo, anzi litiga sempre col suo capo' di Stato Maggiore ». Senza Berla... E qui riaffiorò un drammatico episodio avvenuto nel corso della guerra di Finlandia del '39-'40, allorché Timoscenko, allora comandante in capo, sparò sul generale Merezkov, suo capo di Stato Maggiore. Timoscenko dichiarò poi che il colpo gli era partito per imprudenza e il fattaccio venne chiuso con gli arresti di rigore per il maresciallo e il suo ritiro dal fronte. Lo sostituì nel febbraio '40 il maresciallo Voroscilov, che mio zio peraltro, da un punto di vista strettamente militare, considerava nettamente inferiore. Voroscilov, diceva, non era mai riuscito a trasformarsi da generale della guerra civile in comandante di esercito regolare; ed in effetti, dopo aver data cattiva prova sul fronte settentrionale, egli rese un immenso servizio nel '42, allorché creò l'armata dei partigiani destinata a tagliare le linee di rifornimento tedesche. Il successo che ottenne in questo settore contribuì molto alla vittoria finale. In un'altra circostanza, Infine, Stalin parlò del maresciallo Rokossovsky, definendolo « un uomo preziosissimo, intelligentissimo;, dinamico, versatile come comandante ». E' da tener presente che Rokossovsky deve la sua vita a Berla. Nel '37 era stato arrestato da Jezov, chiuso nella prigione Taganka di Mosca insieme con centinaia di ufficiali superiori, e accusato di complicità con il maresciallo Jegorov. fucilato pochi mesi prima. In realtà Rokossovsky frequentava la casa del maresciallo soltanto perchè aveva una relazione con la moglie del suo superiore; tuttavia Jezov preparava la fucilazione anche per lui. Ma proprio in quel momento venne nominato dal Politburò una commissione di controllo presieduta da Beria, e Berla In persona si oppose all'esecuzione della sentenza. Jezov riusci tuttavia a farlo deportare in Siberia; solo nell'ottobre del '38, dopo la morte di Jezov, Berla lo fece rientrare a Mosca e lo riabilitò interamente, cosicché l'inizio della seconda guerra mondiale lo trovò nei ranghi dell'Armata Rossa col grado di tenente generale. Sarei proprio curioso di conoscere quale è stato l'atteggiamento del maresciallo Rokossovsky nelle recenti, drammatiche vicende che hanno portato olla disgrazia dell'uomo cu> deve la vita. Budu Svanidze Copyright de «La Stampa» e dell'« Opera Mundi »

Persone citate: Beria, Hitler, Stalin, Svanidze