Simone e la donna

Simone e la donna Ili LIBRO IJ> E Ij GIORNO Simone e la donna Se l'interesse per la donna è il principale tra i segni che la vela della vita è ancora pie. na, nessuno più vitale dei narratori contemporanei, che anche grigi, anche canuti, pare non si vogliano muovere di lì. Vero è che nella moltitudine degli scrittori di donna vanno molte maschere, molti falsi patiti: gente che si tiene attaccata a quel tema per consonanza e moda. Qui si vuol parlare soltanto di quei veri artisti, che trattano la donna per intima mossa, con tremore religioso, vedendo in essa non già un piacevole incidente di qualche settimana, ma la compagna dell'Eden, una forza determinante il nostro destino; di quella schiera che tanto accoglie della vena analitica e intimista degli scrittori triestini, e d'uno dei principali di essi. Giani Stuparich. Ai nostri lettori, che da anni l'hanno in pratica, non ricorderemo per quale lineare cammino l'arte di questo scrittore è giunta alle pensose altezze, all'ambiziosa apertura di quest'ultimo romanzo, Simone (ed. Garzanti), che pur trascinando vecchi motivi cari all'autore (il mucchio che ingrossa sotto la granata della buona massaia), presenta la novità d'una accensione erotica che confina coll'estasi. Simone, in forma tra di racconto e di confessione, e tutto avvitato sulla persona prima, è la storia di un cuore non ancora ben chiuso dalla morte, che gocciola, torchiato dal ricordo di una di quelle rare donne, con cui il fortunato che le incontra può tradurre in atto la fusione perfetta, il due in uno. Questo miracolo di donna si chiama Maddalena, e la sua pretèrita storia, assai romanzesca, dì fi¬ glia dell'amore, di orfana di madre suicida, di malmaritata e di vedova, importa poco, non che a noi, allo stesso protagonista Simone. La sua forza è tutta di presenza, nel suo fulgore di amante, il quale è tanto che l'idea dell'adulterio (perchè in fondo si tratta di questo) non sflora nemmeno la mente del lettore, e la moglie e il Aglio di Simone, che pur stanno nel romanzo ma col peso di due bruchi, ne escono polverizzati. Ancora quel fulgore ce la nasconde per un pezzo alla vista, o non ce ne lascia vedere che i particolari; e soltanto alle ultime svoltate del romanzo abbracciamo di lei un tutto vivo e spirante. Questo per dire quanto siamo lontani dall'impassibilità e dal « tutto tondo » dei romanzieri veristi. Anche la costruzione dell'opera è prettamente moderna: su due piani temporali che si intersecano e per cui si sdrucciola e si risale continuamente: un nero presente e un radioso passato. In un astratto carcere, figura dei campi di concentramento e d'altri luoghi d'orrore, Simone, che fu già un potente, levato in alto e riabbattuto da due rivoluzioni, trascina un misero avanzo di vita vegetativa tra una panca di cortile, un refettorio, una cuccia, e gli sono intorno altre larve d'uomini, scelti ad hoc, per 1 quali Stuparich deriva e filtra alti e accorati ragionamenti circa la tragedia della guerra, da lui per due volte intimamente sofferta. Questo sinistro luogo dove anche il flagello del seviziatore ronza lento, nell'aria spessa dell'incubo, è sapiente allegoria dell'umanità che attraverso scoperte, crisi, rivoluzioni e guerre, è giunta al limite di se stessa, sospesa sull'abisso dell'annientamento. Le più superbe sorti vi sono umiliate: il generale gioca alla guerra con le ghiande, il cineasta alle ombre sul muro; e il pittore dipinge sui mazzi di carte e il poeta scrive sui quadrifogli. Uomini d'ogni colore, fede, condizione, vi fanno ragionato lamento. Nella testa di Simone che si sgretola, solo un punto resiste: il ricordo di Maddalena; e per successive ondate di luce, come dalle feritoie di un tunnel, il passato ritorna: la prima vista di lei in una villa d'amici, la seconda e più calda impressione in un alberghete di montagna, i trepidi approcci, 11 primo possesso, la trasumanante intesa dei sensi, e il perdersi e il fatale ritrovarsi dei corpi calamitati. In un campo tanto lavorato, l'Autore ha stampato un'orma sua; ha rinverdito, con qualche complicazione concettuale, la situazione di Alcina che entra nella camera di Ruggiero, e si Eè così lucidamente inebriato !del corpo della sua Maddalena ,da ricavarne addirittura una' « personale » di nudi, ciascuno con qualcosa di nuovo o ben trovato. (Vedasi per esempio il bell'indugio ch'egli fa sul ventre, dove l'Ariosto era in¬ ,, S^&lDal fondo della sua abiezio-j ne Simone si stringe e scalda allo scaldino dei ricordi; meno sventurato dei compagni in questo: ch'egli non ha conosciuto le donne, ma la donna. L'intera tastiera non vale infatti un tasto solo, quando sia quello che fa per noi: ma trovarlo, è ventura di pochi. A confusione degli strimpellatori di donne, da un pezzo Char- donne in Francia e' oggi da noi Stuparich cantano le Iodi dell'a m o r e unico, insegnandoci che l'oro giace nel profondo. E perché tutte le profondità menano a Dio, ecco che attraverso alla donna unica si può arrivare a veder cielo, come accade a Simone durante una gita in montagna nella quale va a rischio di perdere la sua adorata. Ma bisognerebbe sentire cosa dicono i teologi, e a noi basterà aver accennato a quella possibilità per debito di recensori. L'ardire di Stuparich è pari alla sua sincerità; da carne a spirito il passaggio gli riesce naturale, anzi egli non avverte passaggio. « Solo nel raggio di quel corpo — egli fa dire al protagonista — io non abdicavo niente di me stesso: le mie debolezze d'uomo, il mio destino carnale, le mie energie, la mia intelligenza, le mie vere aspirazioni trovavano in quel corpo la via d'unificarsi e di rendermi a me stesso interamente quello ch'io ero... ». Né la donna, come suole a noi gaudenti, gli fa mai afa; perché vede in essa l'unico mezz0 per armonizzare col cosmo. Ma il contenuto d'un libro così alternato di affetti e di filosofemi, di volate liriche e di gravi dissertazioni, e con dentro la romba del flnimonldo. non si lascia restringere; e conviene che il lettore lo espugni da sé, soffermandosi su quello dei molti aspetti di Stuparich che più lo interessano. Giacché questa è l'importanza dell'opera: che l'uomo vi si confessa intero e lo scrittore, dal paesista all'erotico, dal narratore al moralista, vi si esercita tutto. 1. p-

Persone citate: Ariosto, Char, Giani Stuparich, Giorno Simone, Stuparich

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