Il problema tedesco di Ferdinando Vegas

Il problema tedesco Il problema tedesco Alla vigilia dell'apertura della conferenza di Washington fra i Ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, Walter Lippmann paragonava la situazione dei tre statisti occidentali a quella di un Uomo che debba rispondere ad una lèttera spiacevole ed intanto attende che qualcosa di nuovo venga a trarlo dall'imbarazzo. Il fatto, nuovo, clamoroso anzi, c'è stato, annunciato dal Cremlino lo stesso giorno dell'inizio dei lavori della conferenza: la caduta di Beria. Un fatto tale, certamente, da infondere un fiotto di vitalità all'anemico surrogato dell'incontro delle Bermude. Si può ben dire pertanto che le discussioni svoltesi al Dipartimento di Stato sono state tenute all'ombra degli avvenimenti di Mosca. Un'ombra molto spessa però; dietro la quale è da supporre che neppure gli stessi Ministri degli Esteri siano stati in grado di scorgere alcunché di preciso circa l'effettivo significato, sul piano internazionale, del colpo di scena sovietico. Gli elementi di giudizio in possesso dell'Occidente, infatti, non sono tali da permettere di stabilire, con un minimo di sicurezza, se fosse Beria oppure Malenkoff l'ispiratore della politica distensiva, Un recentissimo editoriale della Pravda, di una rigidità ed asprezza che denotano chiaramente lo stile del miglior Molotof della « guerra fredda», parrebbe indicare che il moderato era il vinto triumviro; ma è un indizio troppo isolato di fronte al fatto, sicuramente accertato, che le ultime mosse distensive sono state compiute quando il fato di Beria era già segnato, benché non ancora adempiuto. _ Si è trattato, insomma, di una tipica «rivoluzione di palazzo », per la quale le coordinate costanti della psicologia (l'ambizione del potere assoluto ed indiviso) e della storia (basti ricordare l'esempio classico dejlà lotta per la successione di Lenin) offrono sempre la più semplice e persuasiva chiave di interpretazione, Ma chiunque segga padrone, oggi o domani, al Cremlino! è da ritenere che la linea generale della politica estera sovietica, quale si è de lineata dopo la morte di Stalin, rimarrà sostanzialmente immutata. Di fronte ad essa cautela e prudenza da parte degli Occidentali sono indubbia' mente necessarie; ma sem pre nel senso del tradizio naie wait and see inglese, non già in quello dell'immobilismo sostenuto da certi ambienti americani, nell'attesa di chissà quale evento miracolistico. Né i rudi scos soni subiti dall'impero so vietico a Berlino e altrove possono ascriversi a merito dell'irrigidimento oltranzista della politica di « libe razione » predicata da Fo ster Dulles. Essi sono do vuti invece alla situazione interna dei Paesi satelliti, giunta di per sè a un grado tale di tensione che Mosca ha ritenuto opportuno adot tare anche per essi qualcosa di molto simile alla NEP, applicata nel '21 con esito positivo in Russia. La « IL beralizzazione » decisa in Ungheria, pur dopo la som m'ossa di Berlino, conferma d'altronde che il Governo sovietico non intende per niente deflettere dalla sua nuova linea. La situazione del mondo orientale, in conclusione, richiede che in Occidente prevalga la voce della ra gione, perchè sia proposta e mantenuta un'apertura necessaria ora più che mai, Così difatti si.è deciso a Washington, donde è partito l'invito alla Russia per una conferenza dei quattro Ministri degli Esteri alla fine di settembre, sul tema dell'unificazione della Germania e dei trattati di pace tedesco e austriaco. Washington ha ottenuto che fosse accantonato progetto churchilliano di un incontro ad altissimo livello, effettivamente sconsigliabile, al momento, data la fluidità della situazione; in cambio ha acconsentito ad anteporre il tentativo di si stemazione a quattro del problema tedesco alla ra tifica della C.E.D. (comunità europea difensiva), che ne è la soluzione unilate rale atlantica. E' facile comprendere come gli Stati Uniti siano stati indotti ciò dalla realistica conside razione che mai il Parla mento francese avrebbe ac ceduto alla ratifica, finché non fosse stata battuta fdi•atntlgcedspfmarplaSsufaabdtailedvtsEmtsqafEWsrmmPcpSgdtcqsptllsslgsisf fino in fondo l'altra strada. Strano può sembrare, invece, che Bidault abbia •avuto un inaspettato alleato nel messaggero di Adenauer, giunto in tutta fretta a Washington durante i lavori della conferenza. Ma anche questo si spiega. Il Cancelliere tedesco sa che non potrà affrontare le elezioni, fissate per i primi di settembre, sotto l'accusa di essere colui che si oppone pervicacemente all'uni, ficazione,» l'ideale "> primo e massimo dei tedeschi, così abilmente fatta balenare loro dai russi. Perciò ha improvvisamente abbandonato la sua ostinata avversione ad un incontro a quattro. Spera forse, e con lui Foster Dulles, che si tratti di un tentativo fatto solo prò forma, destinato senz'altro a fallire, dopo essere servito a dimostrare ai tedeschi una buona volontà mal ripagata da Mosca? Il testo degli inviti inoltrati dai Governi occidentali a quello sovietico potrebbe indurre a convalidare la maligna supposizione, poiché esso non offre nulla di più di quanto contenuto nel vano scambio di note protrattosi dal 10 marzo al 23 settembre dello scorso anno. E cioè: libere elezioni, formazione di un Governo unitario tedesco, apertura di discussioni tra i « quattro grandi » per la stipulazione del trattato di pace. L'U.R.S.S., al contrario, intendeva dare la precedenza al trattato rispetto alle elezioni; sicché, constatata la inconciliabilità degli opposti punti di vista e l'inutilità di continuare il discorso, lasciò senza risposta l'ultima nota occidentale. Oggi, nella mutata situazione interna ed internazionale, Mosca torna a rivolgere la massima attenzione al problema tedesco, come dimostrano le misure fatte prendere al Governo Grotewohl, preludio à un accostamento tra le due Germanie. Ma la sua mira ultima è sempre quella : impedire l'ingresso d'una Germania riarmata nella C.E.D. e quindi nella comunità atlantica. E ovvio che il prezzo dell'unificazione tedesca sarebbe la rinunzia alla politica attuale di Bonn e di Washington, la sommersione della Germania di Adenauer in una Germania unita, molto probabilmente di Ollenhauer, Molte voci si sono levate in Europa perchè almeno si tentasse tale via. Questa era la spiacevole lettera alla quale i tre di Washington hanno risposto indirettamente, via Mosca. Ferdinando Vegas