Santiago somiglia Torino?

Santiago somiglia Torino? AITAATTO BELLA CAPITALE DEL CILE Santiago somiglia Torino? 11 signor Miguel Diaz lo affermai e minutamente dimostra come e perchè le due città sono, a parer suo, affini - £' un confronto senza dubbio inconsistente - Tuttavia qualcosa, qui, ricorda davvero il vecchio Piemonte: c'è ancora una superstite cortesia reciproca, non c'è mai l'ombra della petulanza e in tutti si sente l'impegno della serietà (Dal nostro inviato speciale) Santiago del Cile, giugno. La descrizione d'una città come Santiago del Cile, se uno non l'ha mai vista e se magari l'ha troppo fantasticata, perchè così lontana da noi, può avere qualche interesse. Mi servirò di modi indiretti legati al filo dei contrasti e, persino, di molte parentesi. Per di più ci metterò una introduzione ed un finale, che ritengo necessari. Ecco dunque l'introduzione. I quotidiani di Santiago, come El Mercurio e La Na- ción, pubblicano sempre i miiiiiiiiiiiiiii n iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii nomi degli stranieri che arrivano in città; e, naturale, ci mettono anche il mio. Il giorno seguente, in albergo, m'avvertono che il signor Mario Stanti, italiano, desidera parlarmi. E' un uomo non piì\ giovane, d'origine ligure ed appena mi vede afferma d'essere < finalmente > contento di potersi sfogare con un giornalista compatriota. Mi illustra le sue buone ragioni, anzi me le mostra. Quel che mi fa vedere è un vecchio numero d'un settimanale di Santiago, che si chiama Ercllla e che vorrebbe essere qualche cosa come uno dei nostri numerosi rotocalco. Su quelle pagine un cileno (non vale la pena dirne il nome) ha pubblicato le sue impressioni dopo d'aver fatto un viaggio in Italia ed il signor Stanti ha segnato con la matita rossa alcuni passi e adesso vuole che li legga. Mediocre anche Leonardo E' proprio uno sfacelo. A quel cileno niente è piaciuto; % treni erano sempre troppo carichi di viaggiatori e mai in orario; tutte le città gli sono sembrate sporche; a Venezia il puzzo lo infastidiva ed a Roma i rumori lo esasperavano. Dico al signor Stanti: <Non si arrabbi e lasci correre. Sono giudizi molto personali ». Ma il signor Stanti non è del mio stesso parere. < Ma guardi qua — mi dice — e legga per favore. Scrive che anche Z'Ultima Cena di Leonardo, quando l'ha visitata in Santa Maria delle Grazie a Milano, gli è sembrata opera mediocre, una pittura da nulla». -Ribatto che questa è una topica a nostro vantaggio e che basterebbe un giudizio simile per convincere tutti che quel viaggiatore cileno non capisce niente di niente. E concludo: < Ad ogni modo è padronissimo di scrivere anche roba del genere e lei non si faccia cattivo sangue ». Fu un incontro sfortunato e sono certo di non aver dato molte1 soddisfazioni al signor Mario Stanti. Però mi ricordai di lui qualche giorno più tardi, quando feci conoscenza con Miguel Diaz, nato a Santiago cinquanta anni fa, di professione dentista. Discorrendo gli dico che il giornale sul quale scrivo a ° a 1 e l e n t itiiitiiiiiititiriiiiiiii»iiiiiiitiiiiiifiiiiiiiiitiiiiiiiiirisi stampa a Torino ed egli subito si accende d'entusiasmo. Esclama: < Ma io ho studiato per tre anni a Torino. Fu un'epoca felice della mia vita». E dopo un attimo aggiunge sorridendo: « E lei non s'è accorto che Torino e Santiago si rassomigliano t ». Immaginai che il suo sorridere fosse di malignità e che, in sostanza, volesse proprio dire il contrario. Ma incerto ancora sul modo di valutare quelle parole, gli rispondo che ci può essere un vago ricordo nella topografia, dove abbondano strade diritte e parallele le une alle altre. (Non parliamo delle case e dei negozi che si affacciano su queste strade. Scomparsa la vecchia architettura coloniale, dominano costruzioni di nessun stile, desolatamente anonime; e soltanto il nucleo centrale si fa bello con qualche palazzo molto moderno, di tono americaneggiante, di una America del Nord). Miguel Diaz, uomo simpatico ed espansivo, continua a sorridermi. Incoraggiato gli dico che mi sembra di vedere qualche cosa di torinese quando vado nel nuovo caffè aperto in calle Ahumada, con le maochine italiane per l'espresso. Il mio interlocutore scuote il capo come per farmi capire che mi smarrisco in particolari di nessun conto e dice: €No, no, c'è dell'altro. Anche noi tutt'intorno abbiamo le montagne. Non sono le Alpi, ma sono le Ande ». (E' vero. Le montagne fanno corona a Santiago e le vedo dalla mia finestra dell'albergo. Ma sono tetre, come sempre circonfuse da un velo di polvere. Sono montagne tristi, di color cioccolato chiaro, compatto e monotono. Non sono mai riuscito a guardarle più di un minuto perchè mi danno fastidio). Non avendo desiderio di spiegargli che tra le Alpi e quelle Ande che si vedono stando a Santiago ci corre grande differenza, muovo il capo per dirgli di si, lasciandogli la felicità dei suoi, ricordi torinesi. Allora, sempre più entusiasta, Miguel Diaz continua a dirmi: c Anche .noi, invece del Po, abbiamo il Mapocho. Lo ha visto T ». Con una bugia gli rispondo di no, il fiume di Santiago ancora non m'è capitato di vederlo. (E che cosa è questo Mapocho t In altre stagioni avrà anche acqua, ma io lo vidi che era quasi asciutto. E' nient'altro che un torrentaccio, un grosso rigagnolo d'acqua sporca, stretto, incassato tra rive misere, non ci vedo bagnanti e barche. Nient'altro che una roggia e farebbero bene a coprirla. C'è tutta una storia che riguarda i ponti del Mapocho: di notte i figli dì nessuno, i ragazzi senza famiglia, perchè sono scappati o perchè li hanno abbandonati, si rifugiano sotto quei ponti e danno molto da fare alla cronaca cittadina. Nessuno sa guanti siano quei ragazzi, ma ancora oggi sono numerosi, da contarsi a centinaia). Mancano i portici Sempre più convinto (ma è l'amor di pàtria che lo fa parlare), Miguel Diaz dice: tA Torino c'è Superga ed a Santiago abbiamo la collina di San Cristobaly. (E' come paragonare un cavallo di gran razza ad un asinelio. Tutti sanno quel che c'è a Superga e quale strada vi conduca e quale dolcezza di paesaggio vi si ammiri dal¬ l'alto. Qua, in cima al San Cristobal, dove s'arriva con una mediocre funicolare, c'è una chiesetta da nulla ed appena si è dentro vien voglia di scappare. Sui fianchi della collina prospera un disordinato giardino zoologico, abbastanza ricco d'animali e dei più colorati uccelli e pappagalli che ci siano al mondo, ma anche immerso in un penetrante odore di selvati. cume, di e .crementi, di sporcizia). Oli rispondo che bisognerebbe andare adagio nei paragoni, soprattutto per quel che riguarda il panorama; ma Miguel Diaz mi interrompe. Facendo un gesto con la mano, come per significare: t non bisogna prendermi alla lettera», prosegue: <Noi a Santiago abbiamo la collina di Santa Lucia con sopra il Museo d'arte popolare ed a Torino ci sono i Cappuccini con sopra il Museo Alpino. Me lo ricordo ». (Sì, la collinetta chiamata Santa Lucia, in mezzo alla cittd, a cento metri dall'ambasciata Italiana, è gradevole; ma è anche roba da poco. Ha valore storico, perchè là i conquistatori spaglinoli ci misero II loro primo campo, ma al di fuori di questo sono quattro viali ombrosi e nient'altro. Il Museo d'arte popolare r Ma io l'ho sempre trovato chiuso. Vedevo una grande casa rossa, di mattoni slabbrati — forse una vecchia dimora signorile — ohe non prometteva nulla di buono). Oramai sto a sentire l'elenco delle rassomiglianze con molta impassibilità. E Miguel Diaz continua sempre più sicuro di se stesso: < Ed al vostro Valentino ecco che noi qua mettiamo il nostro Parque Foresta! ». (E' come paragonare un qualche boschetto della campagna torinese con una foresta brasiliana oppure un qualunque viale di capoluogo di provincia con II giardino immenso d'un castello. Al Parque Forestal inutilmente ho cercato un- angolo 'poetico, senti¬ aiiHiiiiituiiiiiiiiiuiitiiiiiiiiiiiiii iiniiiriiii mentale o, comunque, adatto al riposo contemplativo. Manca di fantasia e nemmeno ha quell'ombra di mistero o quel tanto di imprevisto, anche se minimo, anche se bonario, del corrispettivo torinese). Abbassai gli occhi non sapendo che cosa rispondere e mi spiaceva dirgli che oramai i riferimenti diventavano assurdi. Quasi avesse capito d'essere andato troppo in là, Miguel Diaz generosamente dice: < Però a Santiago mancano i portici. Oh, i portici di piazza San Carlo, di via Po>. Una strana immagine Finalmente posso guardare il mio interlocutore in viso e convinto dargli ragione: a Santiago non ci sono i portici, e sto per ripetere tale felice rilievo, quando Miguel Diaz, sospinto da chi sa quali suol improvvisi ricordi di osservatore, esclama: c E poi a me pare di poter dire che tra le donne torinesi e quelle di Santiago ci sia una grande rassomiglianza». (Ed è vero. Ci sono queste ragazze cilene alte, dalla vita sottile, dritte, eleganti per istinto, d'una grazia particolare, di dolce cortesia nei modi e nella voce, che alternano senza volerlo maniere ingenue con maniere civettuole; ed hanno- carnagione splendente, una gloria di capelli neri e lucidi sulle spalle, il portamento insieme un poco altezzoso ed un poco lascivo. Non saprei dire da dove tutto ciò provenga e forse da un fortunato amalgamarsi di razze diverse: sull'antico ceppo spagnuolo, specie andaluso, dei primi conquistatori, si è sovrapposto sangue del nord europeo, quello tedesco 0 scandinavo o svizzero, con 1 risultati che si vedono). Ed eccomi al finale. I cileni non si devono offendere, come noi non ci offendiamo per quel cileno che ha trovato la leonardesca Ultima Cena una mediocre opera di pittura, se diciamo che San- "tla'go-non è una città entu¬ i iiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iniiiiiiiiu siasmante. D'altronde, appunto per questo, ha qualche fascino: è una capitale molto casalinga (soltanto nel quartiere residenziale folleggia con numerose ville e con qualche bel viale). Per II resto, nelle sue strade, percorse da tranvat troppo vecchi e brutti anche se II chiamano gondolas e da autobus enormi anche se li chiamano micro, si respira una curiosa aria d'oriente. Da una parto essa rispecchia una encomiabile situazione di ' sviluppo che però non vuole fare passi al di là delle proprie forze e, dall'altra, una certa lentezza nella classe danarosa ad avere nuove iniziative, a rinnovarsi con ritmo più celere. Chi sa con quali occhi Miguel Diaz vedeva la sua, città natale per paragonarla a Torino; eppure bisogna dire che in qualche cosa (non quelle riferite sin qua) davvero ricorda la capitale piemontese: c'è ancora una superstite cortesia reciproca che altrove si è per sempre dimenticata, non c'è mai l'ombra della petulanza e in tutti si sente l'impegno della serietà. Passeggiavo una sera lungo i'avenida O'ffiooins ed all'altezza del Museo Nazionale, dove giorni prima ero stato colpito nel vedere conservate tante divise di arenerà li e di ammiragli famosi, vidi uno spettacolo curioso. Seduto su una seggiolino, un cieco scriveva a macchina. Sul primo momento lo credetti uno scrivano- pubblico e soltanto più tardi m'accorsi che, con quella vecchia macchina portatile sulle ginocchia, non scriveva nulla. Egli batteva soltanto sui tasti, contento di richiamare l'attenzione del passante. Come dire che in questa immagine vedo riflessa quella dell'intera cittàf- E' un'immaglne patetica, d'uno strano e doloroso modernismo e spinge subito a pensieri generosi: Infatti verrebbe voglia di alutarla. Enrico Emanuel!! iiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinii*