Ultimo allarme nel Mezzogiorno

Ultimo allarme nel Mezzogiorno Ultimo allarme nel Mezzogiorno Nelle regioni del Mezzogiorno, per tutto il periodo della campagna elettorale, fra città e villaggi aggressivamente paludati di azzurro dalla costosa propaganda murale del P.N.M., l'estrema sinistra ha lavorato silenziosamente in profondità ed in estensione. Limitandosi a comparire qua e là con qualche comizio periferico, ed impegnandosi in poche manifestazioni di massa, l'estrema sinistra ha accantonato la tattica delle grandi adunate, tipo Costituente della Terra ed Assise del Popolo. Ma la penetrazione comunista, condotta continuativamente e sistematicamente da quadri sempre più allenati ed esperti, ha guadagnato nuove zone dei ceti contadini. Al tempo stesso, sono stati adescati dall'estrema sinistra numerosi elettori del ceto medio, professori, maestri, medici, notai, impiegati, magistrati ecc.: e cioè, coloro che per un verso sono rimasti delusi dall'azione di governo, perchè giacciano ancora insoluti i gravissimi problemi che investono la loro condizione civile, e per un altro verso reagiscono tradizionalmente a sinistra quando si fa aggressiva la presenza dell'estrema destra. L'esame dei risultati elettorali ci dice ora che l'aumento complessivo di voti dell'estrema sinistra si è verificato per il 50 % nelle regioni del Mezzogiorno, che accolgono solo il 37 % della popolazione. Dove, cioè, è stata più rumorosa la presenza e l'azione dell'estrema destra; dove maggiormente sono stati espletati tentativi di corruzione elettorali e grandi somme sono state investite per interrompere od alterare la formazione spontanea della pubblica opinione; dove la classe dirigente della Democrazia Cristiana presenta la sua zona grigia e le posizioni di equilibrio democratico, rappresentate dai cosiddetti «partiti minori», sono tradizionalmente più deboli e più esposte: ivi la marcia in avanti dell'estrema sinistra si rivela più sicura e più minacciosa. Come abbiamo sempre previsto, il 27 maggio 1952 (vittoria dell'estrema destra in alcuni grandi centri del Mezzogiorno) è stato un colpo di acceleratore nei confronti della marcia in avanti dell'estrema sinistra; la quale, da Roma in. giù, ha allargato la propria presa dai 2.400.000 elettori circa del 1948 ai 3.300.000 elettori circa del 1953. Quindi, perdurando nel Mezzogiorno le condizioni attuali della vita politica, l'estrema sinistra, dopo gli eloquenti successi elettorali di oggi, potrà proporsi corno' damente nuovi obiettivi po litici per domani. L'estrema destra nel Mez zogiorno è un coacervo di sentimenti e risentimenti: ambizioni sbagliate di uomini d'affari, nostalgie di gerarchi locali spodestati, residui di mentalità borbonica, reazione agraria, sovversivismo di piccola borghesia spostata e irrazionalismo di plebi che sono tenute ancora al bando della società civile. Al centro di questa realtà c'è un ceto nuovo, formatosi nel corso degli ultimi venti anni, tra eventi bellici e parabellici un ceto costituito da uomini che, nell'ambito di una società che dimora ancora in una fase precapitalista della vita economica, hanno accumulato grandi ricchezze con estrema facilità e con altrettanta facilità ne fanno ora dispendio nelle lotte elettorali e politiche E' naturale che, di fronte a questa esplosione di in fantilismo politico, e di fronte alle deformazioni che ne derivano in sede di lotta elettorale, il partito comunista, con la sua esperienza la sua tattica, la sua orga-j nizzazione, viene a trovarsi nella invidiabile posizione di poter apparire come alter' nativa alla corruzione, alla reazione, alla retorica. Non per nulla i comunisti, nel Mezzogiorno, hanno messo più che mai l'accento sui problemi concreti, sia pure deformandone la fisionomia per uso e consumo tattico. Essi si sono ben guardati dal ricorrere al vecchio lessico massimalista, ai termini rivoluzionari, alle frasi minacciose. Mentre l'estre' ma destra urlava « Viva il re! » e «Viva l'Italia! », la estrema sinistra parlava ac> coratamente di fitti e di aS' segni familiari, di case e di scuole, di prezzi industriali e di prezzi agricoli. Da questa rapida valuta^ rione sulla posizione delle ali estreme nello schiera' mento politico meridionale deriva una domanda. E partiti di centro? Essi han no perso la battaglia as scLpvrpdepnicrtdvmnmactpmpmizmtdnlmmscppciztcvgsgpudscmsnteuk«iaVtstudvdtltpsPt sai prima che la battaglia cominciasse ufficialmente. L'hanno persa in partenza perchè non hanno mai provveduto a dotare la vita meridionale di un personale politico amministrativo fedele allo Stato democratico, ed invece hanno subito un personale politico ed amministrativo che era soltanto incerta e magari infedele clientela del partito al potere; perchè non hanno saputo proporre un tono della democrazia come alternativa al tono degli estremismi, ma, nella misura in cui hanno subito il tono dell'estrema destra, hanno consentito all'estrema sinistra di giocare liberamente le sue carte; perchè non hanno compiuto uno sforzo evidente di moralizzazione della vita pubblica; perchè il partito maggiore, specialmente fra il 1948 ed il 1951, ha strozzato lo sviluppo dei partiti minori, nel gioco dei favoritismi e degli opportunismi, degli accaparramenti amministrativi e delle pressioni locali, vecchi mali della vita meridionale, cui gli stati maggiori romani non hanno saputo mettere il freno necessario: e così sono venute progressivamente meno le posizioni di. equilibrio democratico che dovevano essere invece consolidate e potenziate per arginare, le inevitabili ondate degli scontenti che non potevano non derivare dalla difficile azione di governo nella difficile realtà storico-politica del Paese. Valga questa cruda diagnosi per meditare la terapia. Certo si è che, senza uno sviluppo in senso moderno dei partiti minori, restano distrutte le posizioni classiche dell'equilibrio democratico, e, fra le contorsioni di sanfedisti e nazionalfascisti, l'iniziativa politica resta monopolio della estrema sinistra. Francesco Compagna «-♦-»

Persone citate: Francesco Compagna

Luoghi citati: Italia, Roma