Prima dell'abbandono dà il latte al suo bambino

Prima dell'abbandono dà il latte al suo bambino IL PICCIHO MORTO SOTTO LA FURIA DELLA TEMPESTA Prima dell'abbandono dà il latte al suo bambino Il figlio adulterino^trascina una famiglia ad una tragedia tristissima - La lavandaia colpevole condannata a 4 anni (Dal nostro inviato speciale) Oneglia, 29 maggio. « Dapprima mi disse che soffriva di fegato, perciò non mi meravigliavo che il ventre le si ingrossava. Poi, quando cominciai a capire, mia moglie non rispondeva più alle mie domande: piangeva. Io me ne andavo spazientito. Non avevo il tempo di pensarci troppo: al mattino di buon'ora a lavorare; la sera, Btanco mòrto, tornavo tardi. Spesso andavo via per settimane e settimane, in montagna, a lavorare ». Così, senza affetto e senza rancore, il bracciante Giacomo Alberti, bianco di capelli, curvo nelle spalle, invecchiato anzitempo, ha raccontato davanti ai giudici la strana diffidenza di sua moglie Bianca Borea. La donna lo ascoltava senza ribellioni, gli occhi lucidi, malinconicamente seduta nello scranno di legno degli imputati. Il Presidente dottor Nasuti la fece alzare per un confronto con il marito. C'era da stabilire quale fu il motivo che la spinse, appena le nacque 11 bimbo non desiderato, a liberarsene. Lo avvolse in un lenzuolo, andò lontano da Sanremo, oltre Oneglia; s'inerpicò per un sentiero deserto che poi scende al mare. Qui Bianca. Borea abbandonò al freddo, alla notte, al vento, alla pioggia di marzo, 'a creaturina frutto della sua ora di oblìo — forse l'unica avventura nella sua vita faticata di lavandaia — trascorsa con un soldato meridionale, Michele Puppio, che le portava la biancheria per il bucato. Quando qualcuno raccattò il piccolo, la pioggia tempestosa era cessata, ma non c'era più vita in quel fagottino bianco, abbandonato tra 1 sassi e gli sterpi di Capo Berta. Le labbra del neonato serravano, avvizzite per il freddo, il succhiotto inzuccherato, ultimo dono della madre prima dell'addio. Ecco dunque il confronto tra l'uomo, pavido di apparire complice nel delitto, e là moglie, rassegnata, a prendersi sulle spalle tutte le responsabilità. — Io non ti dissi: «Porta via quel bambino se no ti caccio di casa>. Ti dissi: «Mettiamolo all'ospizio >. Quando tornasti a casa senza 11 picco lo, mi dicesti che avevi fatto proprio così. — Dopo che ebbi partorito — spiega Bianca Borea — mio marito, rincasando, mi vide col bimbo e mi rimproverò. Risposi che mi sarei arrangiata da sola, che sarei andata via col piccolo l'indomani stesso. Allora mio figlio Roberto si mise a gridare: «No, mamma, devi restare con noi. Tu non te ne devi andare ». A chiarire meglio la scena entra ora nell'emiciclo Roberto Alberti, diciottenne. Abbronzato, timidissimo, risponde con un filo di voce: « Quando mia madre ebbe quel bambino, temette che papà la rimproverasse per tutta la vita e allora per non sentire zizzania in casa, lo portò via». Vengono uditi il sottufficiale dei. carabinieri che compì le indagini e il signor Paglierl che per primo — 11 16 marzo scorso — passò sul sentiero di Capo Berta e scoprì 11 cadaverino. Poi il testimoniale s finito. Si alza il Pubblico Ministero dott. Sanzo: «Il delitto di Bianca Borea rasenta, ma non è, l'Infanticidio. Si tratta d'abbandono d'Infante, seguito da morte. Portando a Capo Berta il suo piccolo, la donna aveva la certezza quasi assoluta che egli era destinato a morire. Tuttavia non mancano le prove di un'intenzione contrarla: il succhiotto -Inzuccherato, il latte dato al bimbo prima di abbandonarlo. Bianca Borea non voleva proprio la morte del suo bambino. Porse è vero. Sperava che qualcuno lo raccogliesse. Ma scelse la via della viltà, per disfarsi di quella creatura. Temeva di essere scorta e punita, se avesse lasciato l'involto In un luogo più frequentato. Riportarlo a casa significava affrontare l'ira del marito. Non c'è motivo di onore in questa tragica maternità». Richiesta del Pubblico Ministero: 6 anni di reclusione. La parola al difensore, avv. Raimondo Ricci, del Foro genovese: «Condannate pure Bianca Borea, ma non più di quanto si condannino altre donne più ricche e più dotate, che usano concedersi ben altri lussi, ben più pagane evasioni d'amore Nello squallido grigiore della vita di Bianca Bo rea c'è un'ora soltanto d'abbandono: ma l'idillio fra il « marmittone » intraprendente e la lavandaia già alle soglie della sterilità, fu espiato amaramente — dice il difensore. — Quando il marito diede \'ultimatum, a Bianca Borea non rimaneva scelta: o abbandonare 1 tre figli, 11 marito, la casa, o rinunziare al frutto del suo errore. L'amore materno combatteva nel suo animo: da un lato la invocava il gemito del neonato, dall'altro il grido del figlio Roberto che ia voleva a casa. Per evitare Il disonore della sua famiglia la donna si liberò del più inerme, del più fragile fra i suoi figli. Ora ha perduto tutto, abbiate pietà di lei » conclude 11 difensore. Il processo è finito. «Avete nulla da aggiungere?» chiede 11 Presidente all'Imputata. Gli occhi scuri di Bianca Borea guardano I giudici: il suo pallore è scosso da una umanissima commozione. Non ha nulla da aggiungere. Il Tribunale si ritira. Venti minuti dopo il presidente dott. Nasuti, legge la sentenza: «Quattro anni di reclusione» Esclusa l'attenuante della causa d'onore, sono concesse alla imputata le attenuanti generiche. In aula non vi sono più che quattro o cinque persone: è quaBi l'una. «Appena esco, vado a trovare il mio bambino» — mormora timidissima Bianca Borea, asciugandosi gli occhi con un fazzolettino blu. Il Palazzo di Giustizia di Oneglia è deserto. Fuori, il vivo sole del Tirreno invade la piazza. Giù per le scale si odono il grave passo di due carabi nieri, quello stanco della donna in mezzo a loro e, dietro, le pesanti scarpe inzaccherate di suo marito che, a testa basba, scende anche lui, triste gh. mente. g Bianca Borea (Telefoto)

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