La "caccia al tesoro,, nella vicenda Ruspoli di Gigi Ghirotti

La "caccia al tesoro,, nella vicenda Ruspoli La "caccia al tesoro,, nella vicenda Ruspoli Complesso e aspro l'urto tra le due famiglie principesche per la questione patrimoniale - Tintinnare di quattrini anche per quanto riguarda la sorte dei figli - Donna Francesca non licenzierà l'autista (Dal nostro inviato speciale) Verona, 23 maggio. I principi dell'eterna vacanza hanno abbandonato Verona: la bella estate li attende. Ruspoli e Torrepadula sono ritornati, questi a Negrar, quelli a Roma, gli unì e gli altri lasciando l'incarico ai molti legali di studiare i mezzi per difendere davanti alla legge 11 proprio diritto. Non occorre esaere moralisti per ambientare lo scandalo nel suo vero clima: oggi Francesca si dice povera («Due o trecentomila lire al mese ») e Don Giulio fa sapere che non è vero che egli pretenda i figli per amor di danaro, poiché Negrar e Tassinara non sono alla fine delle miniere d'oro (in ogni modo, benché i debiti di Tassinara stiano « mangiando » gli opimi fratti di Negrar, c'è sempre un capitale di 250 milioni steso al suolo). La vertenza che divide le due famiglie è dunque piantata sordidamente su un terreno economico: vigne, terre, gioielli, sterline, la dote di lei. la povertà di luì prima del matrimonio. Nello sfondo, le figure dei nonninl. Da parte Ruspoli un compito signore, maestro dì galanterie internazionali, un presidente d'oro per molti circoli dell'aristocrazia romana. Da parte Torrepadula, un vecchio giurista che ha saputo mettere a frutto le nozze di suo figlio, ottenendo deleghe e procure e perfino la cura dei tre nipotini. Ha poi avuto una intuizione poderosa per respingere l'assalto dei Ruspoli. Le lotte tra le famiglie patrizie si svolgono solitamente nell'ambito del codice civile; ebbene, per far paura ai Ruspoli è bastato trasferire la partita sul terreno del codice penale. Francesca si riteneva al sicuro: che cosa è mal vietato a una donna ricca? Anche Don Giulio, prima che Francesca minacciasse 11 buo benessere, non mostrò di dar peso alla « simpatia > di sua moglie per l'autista. Fu quando si scatenò l'offensiva dì Francesca, per riottenere le terre veronesi, che l'adulterio acquistò — soprattutto agli occhi di nonno Torrepadula — il suo prezioso significato. E giustamente il vecchio s'è adirato con suo figlio quando questi, davanti al severo monito del pretore, s'è labiato cadere di mano l'arma più appuntita: la minaccia di una sentenza penale. Ora, dunque, la vertenza è rientrata nei suoi veri argini: il giudice dovrà dire per colpa di chi questo infelice matrimonio è andato a naufragio. Occorreranno dei mesi e forse più. Il Bronzato potrà stare tranquillo. «Guida da dio, perchè dovrei licenziarlo? », ha detto Francesca a Verona. Non fu davvero l'autista il pomo della discordia: e nessuno ne chiederà la testa. Il nuove corso della causa riguarda l'assegnazione dei figli. La formula della sentenza che fisserà la separazione coniugale sarà decisiva al riguardo. Ma il giudice si trova nell'imbarazzo di una scelta penosa, chi è più degno, tra i due, di conservare la patria potestà? E poi, nel fondo, si ode sempre quel maledetto tintinnare di quattrini. I tre figliuoli sono minorenni: chi amministrerà i loro beni fino alla maggiore età? Don Giulio, a Negrar e a TaBsinara, 'monta la guardia alla dote di sua moglie, che gli spetta e che rappresenta il 30 per cento del valore totale. Un sessanta per cento è di proprietà dei figli, il rimanente di chi amministra. Dalla sorte dei Agli si passa, così, alla sorte di questo patrimonio: ed è qui che entra in scena direttamente il vecchio Torrepadula, oggi In lite con i Ruspoli per 1 danni morali e materiali provocati a lui dalla revoca di deleghe e procure. A suo tempo, Francesca firmò bene questi atti: oggi 11 ripudia e dice che sottoscrisse 1 do¬ cumenti senza leggerli e « a suon di botte». Perchè non abbia reagito prima, non si capisce. Forse nonno Ruspoli, che a quel tempo filava d'amore e d'accordo con i Torrepadula, potrebbe spiegarlo. Quanto ai figli, sembra che le due parti finiranno per trovare un accordo: al giudice è stato fatto il nome di una zia, di Maria Vittoria Ruspoli, che godrebbe la fiducia sia del padre come della madre. Polche abita a Roma, ma non nella villa di Francesca, sarebbe anche agevole per 1 due coniugi l'andare a trovarli. Rimane da sciogliere lo spinoso nodo della questione patrimoniale. Francesca, a Verona, ha parlato di « indennizzare » il marito, perchè si disinteressi dei figli e delle terre di Verona. Don Giulio ha respinto la proposta, considerandola offensiva. Tra l'altro, poi, la questione non lo riguarda che in parte: è suo padre che ha il gioco migliore in questa « caccia al tesoro » che si svolge nel dedalo intricatissimo del codice civile. I testimoni della causa non celebrata a Verona per revoca delle querele saranno uditi nei prossimi mesi in sede non più penale. I Torrepadula si sono opposti/alla audizione del signor Frattlnl e del signor Fornai, che avrebbero dovuto smentire gli amori di Romano e Francesca nella famosa notte di Poggibonsi. Ma il giudice si è riservato di decidere, Altri testi dovranno essere uditi a Roma, per inquadrare la vicenda fra i coniugi nella sua giusta luce. Per esemplo, attende di essere chiamato in Tribunale civile il maggiordomo di casa Ruspoli: dovrebbe testimoniare della correttezza di Francesca come moglie. A sua volta Torrepadula porterà innanzi al giudici i suol testi tra cui 11 maresciallo Legnanl, suo dipendente, che avrebbe ammonito Francesca sulle terribili conseguenze fisiche e morali della sua condotta. Come si vede, tali testi non appaiono davvero i più imparziali nella lotta. Ma in cause di natura intima e familiare come questa, nulla di meglio si può trovare. Tanto maggiore sarà, perciò, la fatica del consigliere Calvelli, nel soppesare col bilancino la misura dei torti e delle ragioni. Gigi Ghirotti