Sotto la furia degli elementi

Sotto la furia degli elementi Sotto la furia degli elementi Un'ora di panico - L'improvviso scatenarsi del nubifragio ■ La gente fugge all'impazzata ■ Portoni sbarrati - Negozi e bar gremiti con le saracinesche abbassate - Anche alla Stazione di Porta Nuova i viaggiatori bloccati nelle sale e negli uffici - Si cerca invano un tassì Interruzione dei servizi pubblici - Tragico destino di alcuni automobilisti in balìa della bufera - Strage di vetri, di tegole e di palizzate Ieri, dalle 19 alle SO, Torino ha vissuto una delle óre più drammatiche della sua storia: un tornado si è abbattuto sulla città. E' stata un'ora di panico e di angoscia: oltre un milione di persone, dal centro alle più lontane case della periferia e nei paesi della provincia, si sono trovate sotto la minaccia di una bufera indescrivibile: pioggia, sabbia, grandine, trombe d'aria di inaudita violenza, e scariche di fulmini e raffiche di vento ad una velocità di oltre cento chilometri all'ora; case scoperchiate, muri crollati, finestre e porte divelte; vetri, carta, foglie e tegole, lastre, lamiere, grondaie e tende, stracci, tappeti e casse di legno e scatole e assi, e una quantità di cose impensate, tutto quanto la furia aveva potuto strappare dai tetti degli stabili, dalle facciate e dai balconi, tutto che sbatteva qua e là e rotolava e si sfasciava per le strade. E pali e tralicci di ferro, e alberi sradicati, insegne e cartelloni abbattuti; linee della luce schiantate, macchine rovesciate per le vie, tram abbandonati, le condutture per lo scarico dell'acqua ingolfate e in molti tratti un palmo d'acqua nera schiumosa che allagava le strade, specie agli incroci. Dappertutto un correre di gente all'impazzata, e gente chiusa nei negozi, nei bar, nei cinema, sotto i portoni; e facce impressionate alle finestre dietro le persiane, e donne terrorizzate, e bimbi che piangevano e pregavano. In un attimo la vita di un milione di individui è stata sconvolta, tutto fermo, tutto sospeso nell'ansia e nell'attesa. La città si era barricata nelle case, porte sprangate, saracinesche abbassate di colpo quasi nel medesimo momento in tutti i quartieri; dopo pochi minuti non c'era un locale aperto: e caffè, negozi, ritrovi, sale di spettacolo, luoghi pubblici, perfino le chiese, rigurgitavano di gente che vi avena cercato riparo: e tutto era chiuso. Fuori imperversava il tornado, la tempesta si rinnovava in assalti sempre più turbinosi, acqua, fango, grandine si rovesciavano su Torino. E Torino era schiacciata da un cielo nero, cupo, pesante come una coltre che gravasse sulle case per soffocarle. Lo.schianto della Mòle Un'ora di panico, un quarto d'ora di tregenda: basti dire che la Mole, il monumento caratteristico e il simbolo di Torino, non ha resistito alla violenza ed è crollata. Alle 19,15 la sua guglia svelta e diritta che da 80 anni dominava la città, è stata investita da una gigantesca tromba d'aria, per qualche attimo è stata il centro di un formidabile risucchio intorno a cui mulinava il vento — una forza di migliaia di cavalli — poi ha subito una serie di paurose oscillazioni, come una festuca sbattuta dal le ondate di un uragano. Di improvviso ha ceduto; un blocco di 45 metri d'altezza, del peso di 400 tonnellate, si è piegato su se stesso, e chi guardava il cielo in quella direzione l'ha visto reclinarsi come si assiste in certi film, quando crollano gli edifici di cartapesta, e quasi non credeva ai suoi occhi e mormorava per convincersene: € Ma la Mole crolla! Crolla, la Mole!*, E nessuno voleva crederci. Fu questione d'un istante. La guglia si staccò dal corpo della Mole e precipitò al suolo: proprio nel cortile di via Montebello di fianco agli auditori della Radio. Uno schianto che ha fatto tremare tutta la città; ma non tutti i torinesi l'hanno udito, o hanno potuto rendersi conto di quanto succedeva: la maggior parte, in quel momento, viveva il suo dramma, un dramma personale, per tutti uguale, e tuttavia sfaccettato in mille sfumature diverse: bisogna riconoscerlo, molti in quel momento erano dominati dall'incubo del tornado che si scatenava nella sua forma più allucinante. E oltre alla caduta della Mole, altri crolli e altre sciagure si sono abbattuti sulla città. Nessuna casa è uscita senza danni: ovunque tetti sconvolti, muri screpolati, porte scardinate; e guasti agli impianti della luce, alla rete telefonica alle lutee tranviarie, alle tubatura dell'acqua, alle fogne, alle sedi stradali, alle cantine. Un'ecatombe di vetri, una strage di tegole. Ma vi sono stati anche dei morti: un albero, un imponente ippocastano, sradicato come un arbusto dalla mano di un ciclope, si è rovesciato in corso Matteotti, davanti al palazzo dei Comandi militari ed ha schiacciato una €1400 * che passava in quel momento: il guidatore è morto, la donna che gli era al fianco, sua moglie, è stata raccolta in gravi condizioni. E una' «lgrrcCmssgsctcritectfissfvcdgiglivn ' « 1100 », in un incidente analogo, è stata schiacciata da un grosso pioppo e una donna è rimasta cadavere tra le macerie, l'uomo si è salvato. E ancora: un muro è crollato ai Cottolengo seppellendo un uomo; una tettoia si è fracassata al suolo a Settimo e uno spazzino che vi si era rifugiato è stato ucciso. Nor. basta: un camion, in corso Moncalieri, è andato ad urtare contro i fili della linea tranviaria che si erano strappati, ed è rimasto bloccato, trasformato in una gabbia elettrica, gli autisti imprigionati nella cabina e. gravemente feriti. In tutta-la città i feriti sono oltre duecen to, alcuni gravi. L'elenco dei sinistri non ha fine: bisognerebbe poter levarsi in volo sulla città per osservare le piaghe lasciate dal flagello. Allora si avrebbe una veduta impressionante: il troncone della Mole, come una spada spezzata durante la battaglia, i rioni qua e là sconvolti in una fuga di tetti e di comi gnoli buttati all'aria, e t viali, le alberate, i giardini distrutti: in corso Galileo Ferraris una ventina di maestosi alberi sono abbattuti, e altri in corso Matteotti, in corso Vinzaglio, in corso Vittorio,in corso Stupinigi; solo intorno al castello di Stupinigi oltre 60 pioppi so no rovesciati qua e là come i fantocci colpiti in un mostrilo so gioco di birilli. Cerchiamo di raccogliere le idee. Sono le 19: è stato un pomeriggio tranquillo, quantun que il sole sia sparito presto velato dalle nubi e tutto faccia presagire prima o poi ad una spruzzata di pioggia. Le condizioni atmosferiche per il tornado si sono preparate in una mezz'ora; quasi nessuno se n'è accorto. Alle 19 si leva il vento, il cielo da grigio diventa cupo, terreo, le nubi gonfiano e si abbassano, sembrano sulle nostre teste, come a portata di mano. Cominciano zaffate d'aria più forte, i lampioni delle strade oscillano, persiane sbattono, si rompono vetri, il temporale è imminente. Ma pare ancora un temporale; cos'è un temporale d'estate f... E' un fenomeno perfettamente normale. Eppure Cè qualcosa che non si capisce, come un'atmosfera carica di elettricità, ci si sente eccitati. Qualcuno già chiude le mezze porte degli androni, la gente affretta il passo, le auto corrono veloci. Un senso di aspettativa, quasi un presagio di cose cattive. Sabbia dappertutto Non c'è tempo. Il vento suscita piccoli vortici, è un turbinare di carta, i manifesti — t molti manifesti elettorali che tappezzano i muri della città — sono strappati da mani invisibili; e poi, foglie, anche nelle vie dove non ci sono alberi: da dove vengono? Scendono dai tetti, hanno sorvolato case, strade, piazze; e poi sabbia: in principio era polvere, ma subito si fa sabbia finissima, e sembra quella delle spiagge o del deserto. Di colpo è buio, come fosse notte, la gente scappa, gruppi si raccolgono sotto i portici, altri nei portoni, nei negozi, nelle case. Epccipp E la sabbia entra dappertutto, penetra in ogni angolo, chi corre in cerca di riparo la riceve negli occhi e se la sente in bocca, nel naso, tra i capelli, nel collo. L'impressione, l'angoscia, il pànico si diffondono rapidamente. Pochi giorni fa i giornali hanno parlato di un tornado nel Texas: sono stati distrutti villaggi e paesi, molti morti. E ora chi alza gli occhi per interrogare il cielo, pensa: un tornado? Una tromba d'aria? Sono appena le 19,10. Sul centro della città si scatena la più spaventosa bufèra che. i torinesi ricordino. Una prima ondata di acqua, di sabbia e di grandine si rovescia con l'impeto di una fragorosa cascata: nelle strade ci sono ancora auto, vanno ancora i tram, c'è ancora gente. L'acqua dilava per un istante le case, i marciapiedi, l'asfalto e già le condutture delle fogne sono ostruite. Contemporaneamente piovono per le vie tegole, vetri, insegne, cartelloni, scatole, tende, un mucchio di cianfrusaglie che diventano altrettanti proiettili in balia del vento. Le trombe d'aria Ora la città è deserta: la sabbia è mista all'acqua, sembra che il cielo scaraventi fango; manca la luce, i tram sono abbandonati in mezzo alla strada, le ultime auto tentano di vincere la violenza della tempesta, ma vengono sbalzate qua e là da irresistibili trombe d'aria che le fanno girare come trottole e le sbilanciano e le spingono contro i mcpbctOsdscssn muri: in via Roma due si incastrano tra le colonne dei portici, una si rovescia all'imbocco della galleria S. Federico che è allagata per una metà da quattro dita d'acqua. Ora è arrivata la nebbia; nebbia o fumo? Una caligine fo sca, impenetrabile, che prende alla gola e non lascia vedere a tre metri di distanza e si sposta secondo le raffiche del nubifragio. Continua la grandine: è una gragnuola fitta, secca, martellante; sono chicchi grossi come noci che picchiettano contro le case, spezzano i vetri, rimbalzano sulle macchine, si ammucchiano e spumeggiano nell'acqua che li spinge negli angoli morti, verso i marciapiedi. A Porta Nuova tutto è bloccato, la folla chiusa nelle sale e negli uffici, i servizi sospesi. I toatf' non possono funzionare. Sono caduti fulmini? Moltissimi, ma pochi vi hanno fatto caso, tutti erano presi dal loro dramma, dalle sferzate della pioggia fangosa, dalle sventagliate della grandine, dalle zaffate della nebbia che a tratti si squarciava in rossi bagliori di incendio. Nei cuore della tempesta abbiamo attraversato la città con un'auto per renderci conto della situazione. In piazza Castello la « 1400 » è stata investita da un vortice che l'ha trascinata di fianco per una decina di metri: la « 1400 » pesa 11 quintali. Sembrava di viaggiare immersi in una vasca d'acqua. In via Po la sabbia ci copriva il parabrezza e toglieva la già scarsa visibilità. Abbiamo visto un carro rovesciato nei pressi di via Accademia Albertina, quattro tram erano fermi e qualche persona era rimasta asserragliata nell'interno. Si udì uno schianto, come un boato allucinante, pensammo al crollo dt una grossa casa. Era la Mole! All'incrocio di via San Massimo due tralicci di ferro erano sui biliari de! tram: il nubifragio li aveva sradicati dai cantieri e li aveva scaravantati in un volo di SO metri: le sbarre d'acciaio erano contorte come se si fosse trattato di un giocattolo di gomma. Scansato a stento l'ostacolo, ci si apri davanti la vista di piazza Vittorio: i grandi cartelloni infissi su robuste palizzate erano a terra sfasciati come un castello di carta. Il tempo pareva placato. Si giunse al ponte: un tram era bloccato, i fili dell'elettricità penzolavano, inerti, sulle rotaie era rotolato un cassone dì legno, forse caduto da un camion in fuga L'acqua del Po era nera, il fiume appariva gonfio, bitumoso, con larghe chiazze di schiuma grigia-giallastra; gli alberi delle sponde erano sconquassati, i rami sparsi fino in corso Casale. La « 1400 * puntò verso la collina; volevamo osservare la città dall'alto, da Villa Generò, ma un nuovo assalto del « tornado* ci fermò prima: in via Asti trovammo le nubi, il ci& lo ci sbarrava la strada: d'un tratto si formò una tromba d'aria, altre case furono scoperchiate, alberi divelti, fili della luce e del telefono strappaHijflruKD:}è ;38>j30, -già buio coWe a', mezzanòtte, quando non c'è la luna, il nubifragio che stava ultimando i suoi disastri in città, ora si abbatteva con tutta la sua furia nei quartieri dell'Oltrepò e sulla collina. Il capannone per il deposito delle biciclette nel cortile della R.A.I. su cui è rovinata la Mole distruggendo ogni cosa

Luoghi citati: Texas, Torino